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454. Francesco Sforza a Giovanni da Tolentino 1452 aprile 2 Milano.

Francesco Sforza dice a Giovanni da Tolentino di aver ben fatto a sistemare sulla Mesa la gente da lui fatta radunare, anzichè là dove aveva indicato il duca e aggiunge di aver scritto alla popolazione del posto di lasciare l'erba per evitare danni alle biade. Gli piace la proposta di sistemare i militari nelle fortezze e di aver fatta loro la provvigione della tassa per quindici giorni. Le mogli e le donne vuole che restino per il momento negli alloggiamenti. Ritiene doveroso che coloro che hanno impegnate le loro armi per avere vino, paghino i creditori: fare diversamente, sarebbe una perdita di credibilità presso la popolazione e la gente d'arme "più non trovariano uno minimo subsidio": volontà del duca è che, in altre occasioni, ogni prestazione fatta, anche senza vincolo di pegni, fatta a richiesta dai singoli militari, venga da questi pagata.

Domino Iohanni de Tholentino.
Respondendo alle vostre lettere et continente più parte, primo, remanimo contenti che faciati readunare quelle gente là su la Mesa, non potendo loro stare habilmente là dove havevamo recordato nuy, et perché habiano più copia d'erbe, scrivimo per la alligata a quella nostra comunità che lassino l'erbe, per evitare el damno delle biave, como vuy haviti recordato. Alla parte de fare redurre alle forteze et della provisione facta alle gente della tassa de xv dì, ne piace. Alla parte delle moglie et femine de l'homini d'arme, ad nuy pure volimo che restino alli loro soliti logiamenti per alcuni dì, fin a tanto se vederà ciò che se haverà ad fare, et cussì ordinarete. Quantum autem alla parte de quilli che hanno impignate le loro arme, se se debbe fare restituire, dicimo che, non siando impegnate per cose spectante a loro, sigondo l'ordine delle tasse per nuy ordinate, como è il frumento et strame et stantia et cetera, et fossero impignate o per vino, che gli havissimo facto dare per nostre lettere o per altre sue facende, ad nuy non pare honesto, nè volimo, che senza li dinari sia strecti li nostri subditi a restituirli nè le arme, nè l'altre cose impignate, perchè questo saria uno fare perdere el credito ad nuy et alle gente, in modo che più non trovariano uno minimo subsidio, anzi volimo aciò che un'altra fiata etiam senza pingno subvengano ali bisongni, siano pagati, perchè bene havimo nuy dati dinari alle dicte nostre gente perchè se ne possano adiutare et per questo et per altro, como etiam havimo scripto ad ser Simone. Data Mediolani, die ii maii 1452.
Ser Iacobus.
Cichus.