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465. Francesco Sforza a Giovanni da Tolentino 1452 maggio 2 Milano.

Francesco Sforza scrive a Giovanni da Tolentino, luogotenente di Cremona, di aver inteso con dispiacere che degli uomini d'arme se ne siano fuggiti, eppure sono stati trattati come quelli che sono rimasti. Alla sua richiesta di quindici cavalli per uomini d'arme risponde negativamente, così come ha fatto con altri. Ribadisce che nessuna forzatura dev'essere fatta per la restituzione dei pegni: devono essere pagati per non "perdere el credito" presso la gente.

[ 121r] Domino Iohanni de Tholentino, locumtenenti Cremone.
Oltra quello ve havimo scripto hozzi per un'altra nostra, respondendo alla ultima vostra de quello haviti ordinato de mandare pur le gente ad alogiare dove prima era ordinato, restiamo contenti de quanto haviti facto. De quilli homini d'armi che sonno fuziti, ne rencresce assay, et non ponno però dire ch'el sia stato per nostro manchamento, havendoli facto el tractamento che havimo facto a l'altri che non sonno fuziti. Et perché vuy ne rechedeti xv cavalli da homini d'armi, ve advisamo che ad nuy è impossibele, né gli havimo el modo per adesso et volontera lo faressimo se posessimo, advisandove che molti altri che hanno etiam maior bisongno, ne hanno facto simele rechesta et non gli havimo potuto subvenere, et bisongna che li nostri che ne volino bene, a questa volta lo mostrino, et habiano patientia fin a tanto che potrimo meglio. Alla parte de fare restituire li pengni alle gente d'arme, ve havimo scripta la oppinione nostra circha ciò et similiter ad ser Simone, et non deliberamo perdere el credito, perché un'altra fiata non gli subveniriano né cum pingno né senza pingno. Che non siati potuto andare personalmente per prevedere l'erbe ad Vediceto, siamo contenti ch' el ce sia andato ser Simone et vuy habiati acteso ad altro. Data Mediolani, die ii maii 1452.
Ser Iacobus.
Cichus.