Registro n. 7 precedente | 513 di 2129 | successivo

513. Francesco Sforza a Stefanino Zaccaria, Stefano da Cambiate e Galeazzo de Monte Gaciis 1452 giugno 3 Robecco.

Francesco Sforza fa presente ai cremonesi Stefanino Zaccaria e a Stefano da Cambiate, nonchè a Galeazzo de Monte Gaciis di Milano che per il continuo incremento dell'esercito ha calcolato che gli occorrono giornalmente venticinque carri di pane (valore di cento moggia milanesi). Siccome egli si porterà in luoghi che richiedono due giorni di viaggio, vuole che si abbiano a disposizione centocinquanta carri in modo che l'esercito non scarseggi mai di pane: si deve, perciò, andare di luogo in luogo e dove vi sono quattro o cinque carri (essendo legittimamente autorizzati) requisiscano, pagandoli, quelli che sono "boni et suffitienti".

[ 134v] Nobilibus viris Sthefanino Zacharie, Sthefano de Cambiate, (a) civibus Cremone, et Galeaz de Monte Gaciis de Mediolano, dilectis nostris.
Sapiti quanto ve havimo solicitati et importunati fin qui del continuo lavorerio del pane et cussì de l'havere imposta delli carri per condurlo in campo, como accadesse lo bisongno. Mò, perché meglio intendati la cosa, ve advisamo che ingrossando ogni hora lo exercito nostro, como facimo, havimo facto rasone che vorremo ogni dì carri xxv de pane, che saranno cento mozza alla misura milanese, et oltra ciò andarimo in loco che bisognarà da Cremona li se gli mettano duy dì, siché bisognarà pur bona quantità de carri per potere supplire alli bisongni, unde, ad ciò che non se habia ad portare manchamento alchuno, volimo che cum ogni cellerità et prestezza actendi che continuamente se facia tucta quella magiore quantità de pane che sia possibele, et che almancho habiati sempre ad vostra posta (b) carra centocinquanta, li quali porreti havere fra la città et lo vescovato, dove sonno carri assay et in gran numero. Et perché intendati in quale modo volimo che se gli togliano quisti carri, la intentione nostra è che se mandi de luoco in loco, dove ne sonno, et che de lì de quatro o cinque gli ne siano, se ne capino quilli che siano boni et suffitienti et se paghino per condurre lo dicto pane, perché non volimo che ne sia dato graveza alle communitade. Et questo possiti molto bene exequire, havendo le commissione tante larghe, como haviti, et lettere soctoscripte de nostra propria mano, siché fati in modo che non stamo impazati per vuy, né che habiamo casone dolerse et lamentarse de vuy, advisandone continuo del tucto como fareti. Data in campo nostro apud Robechum, iii iunii 1452.
Persanctus.
Cichus.

(a) In A Cambiago con go finale depennato e te in interlinea.
(b) Segue habiati ripetuto.