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514. Cicco Simonetta a Francesco Sforza 1452 giugno 3 Cremona.

Cicco Simonetta denuncia a Francesco Sforza la impossibilità a riscuotere quanto debbono i fittavoli del monastero di San Lorenzo per la difficoltà opposta dai monaci. Il podestà non potè "ni per preghiere, nì per menaze" ottenere dal priore, frate Agostino, e dal vicario, don Andrea, il versamento dei denari riscossi (ascendenti alla somma dovuta di centotto lire), Sollecitati i predetti monaci dai tesorieri e dagli esecutori del sussidio a fare quanto dovevano e minacciati "di aprire la camera dove era li dinari", minacciarono, a loro volta, "che farebbeno sonare le campane a martello et farebbe sanguinare le camise".

Domino duci Mediolani.
Illustrissime princeps et cetera, heri habiante scripto la signoria vostra al magnifico messer lo podestà de Cremona che dovesse fare debita exactione contra li fictabili de Sancto Lorenzo per satisfare al Bevilaqua, squadrero, de libre lxxii, quale resta ad havere, et de libre xxxvi al magnifico messer Zohanne, locotenente qui, che sonno in summa libre cviii, quale tocha per parte de esso monasterio de Sancto Laurenzo, et habiando esso messer lo potestate incomenzato a fare executione con alchuni delli debitori de esso monasterio, li quali non volse però assignare al dicto messer lo potestate, li rezenti in lo dicto monasterio per messer lo abbate comparseno molti, li quali dicono, alchuni havere pagato al dicto messer lo abbate, alcuni ad uno [ 135r] frate Agustino priore, et alcuni a don Andrea, vicario del dicto monsignore et parente del dicto messer lo abbate. Et alcuni sonno comparsi per voler pagare, ma lo dicto priore et lo dicto don Andrea, vicario, non ghe voleno fare le sue debite confessione, como se rechiede; et siando riquirito per lo prefato messer lo (a) podestade al dicto priore et allo dicto don Andrea che buttano fora li denari, quali hanno rescossi a nome della signoria vostra, quali quasi ascendeno alla summa debita, et che fazano le confessione a quilli altri che voleno pagare, non hanno, nì per preghere, nì per menaze voluto fare cosa alchuna, perché, excusandose cum nuy misser lo podestade non podere fare executione contra monaci, mandò dal vicario nostro che li dovesse luy astrengere a butar fora li dinari rescossi et fare le debite confessione alli altri che voleno pagare. Unde el prefato vicario nostro, insieme cum alcuni de quilli de misser lo podestade, mandò al dicto monasterio li thexoreri et executori del subsidio facto a confortare li dicti don Andrea et priore che volesse fare el suo debito et honore del dicto misser lo abbate e la voluntade della excellentia vostra, et may non volseno fare niente, et siandogli poy menazato de aprire la camera dove era li denari, acomenzorino a menazare che farebbeno sonare la campana a martello et farebbe sanguinare le camise, siché non è possuto fare la voluntade della signoria vostra, como desideravimo de fare, perché tucti li altri dinari sonno buttati fuora per nuy, salvo ch'ella parte (b) predicta del dicto monasterio, che sonno in summa libre cviii, unde proveda la signoria vostra como pare, perché nuy non lo potimo fare. Apparechiati sempre ad ogni comandamento d'essa signoria vostra. Data Cremone, die iii iunii 1452.
Cichus.

(a) Segue abbate depennato.
(b) Segue par depennato.