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536. Francesco Sforza al podestà di Cremona e a Giovanni da Camerino (1452) giugno 10 "ex Varola Alghisii".

Francesco Sforza scrive al podestà di Cremona e a Giovanni da Camerino che, accertato essere vero quanto denunciato dal famiglio ducale Alessandro da Foligno che, cioè, nella casa, dove egli abita con la famiglia, è stata ammalata (e sospettata di essere stata contagiata dalla peste) la donna di tal Pietromarino, tessitore di panni di lana, si dia esecuzione agli ordini comunali per cui "tucti quilli stantiano in quella stantia debano essere inchiodati in casa".

Potestati Cremone et ser Iacobo de Camerino.
Dilecti nostri, Alexandro da Foligno, nostro famiglio, ne dice che più dì fa in la casa dove stantia luy in Cremona con la sua famiglia è stata admalata una donna de un Pietromarino, tessadro de panni de lana, de febre et che per el sospecto è al presente in Cremona per respecto della contagione, actento che è stata tanti dì admalata, volsi recata per sospecta, et quella et tucta quella gente che stantia in quella casa, et pare, per quello lui sente che per quilli sonno deputati alla conservatione della sanità de quella città, che tucti quilli stantiano in quella stantia debano essere inchiodati in casa iazò non possano praticare per la città, et che non inbractassero delle altre persone. El perché volimo che ve vogliate informare molto bene de questa faccenda et, se per caso fosse che la cosa non se trovasse chiara, non volemo che con quilli se faza novitate alcuna nè gli se daga inpaccio nè molestia, perché saria torta cosa che con rasone gli se desse tale sturbo che saria contra la volontà nostra, ma, essendo vero, porrite sequire li ordini vostri. Ex Verola Alghisii, 14 iunii.
Cichus.