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543. Francesco Sforza ad Antonio da Trezzo 1452 giugno 17 "apud Longenam".

Francesco Sforza manifesta ad Antonio da Trezzo la sua soddisfazione per l'atteggiamento ostile dell'Estense verso i da Correggio. Passando alla guerra con i Veneziani, gli dice ch'egli si trova nei presssi di Longhena, mentre l'avversario, che è a due miglia, a Pombiano, un posto paludoso, ha tentato la sera precedente una sortita per cui vi ha rimesso, tra morti e feriti trecento soldati oltre ad alcuni prigionieri tra cui i figli di Cesare Martinengo, Ettore, fratello di Tiberio. Dice, avventurosamente, di essere "cum la vistoria in mano et niuna cosa ne pò obstare se non el manchamento del dinaro", motivo per cui vuole che Antonio tenti di farsi dare dal duca Borso detto denaro, di cui ne è "ad estremo bisongno". Si dice, poi, nell'impossibilità di assecondare Sigismondo, non potendo impegnar soldi per Giacomo e Marco Pegli. Ha pure avuta notizia da Colella da Napoli della poca benevolenza dell'imperatore.

Antonio de Tritio.
Antonio, respondendo ad una tua data a viiii del presente, ne piace che quello illustre signore duca perseveri in quella bona dispositione che tu scrivi contra quilli de Correzo, et circha de ciò non dicimo altro se non che tu lo tengni ben disposto e constante in essa sua bona vuluntà et te perforzi de indurlo a fare contra de loro, perché la signoria sua debba essere certa che oramay gli la calaranno, se poteranno et in questo non fazia dubio alcuno per la signoria sua. Delli progressi nostri, te advisamo como nuy siamo qui cum lo exercito nostro et li inimici sonno a Pompiano, qui vicino a dua miglia in loco fortissimo de palude, aque et fosse et continuamente actendeno ad fortificarse, più hiery sera ussirono fuori delli logiamenti loro verso li nostri, ma forono rebuttati in dretro vituperosamente fine in le forteze sue et se fece uno bello facto d'arme et remaseno presi uno figliolo de Cesaro da Martinengo, Hector, fratello de messer Thiberto, et alchuni altri. Vederemo quello faranno, et non dubittiamo fare in modo che fra pochi dì a quello illustre signore duca et a ti farimo sentire bone et relevate novelle contra de loro. Alla parte de Iacomo et Marco di Pegli, l'è vero che lo illustre signore Sigismondo ne ha rechesto vogliamo far la spesa per essi, ma nuy non possimo fare tanta spesa et debbe bastare al signore Sigismondo faciamo il dovere suo senza faciamo altra spesa per luy, quantunca la fariamo volontieri se podessimo, perché cognoscemo seria mò utile. Per li capelli havimo scripto ad Antonio da Trecho et non dubitiamo te li mandarà subito. [ 142r] Come è dicto, nuy siamo qui cum la victoria in mano et niuna cosa ne pò obstare se non el manchamento del dinaro, però ne pare, et volimo et te debbii trovare cum quello illustre messere duca et advisandolo de questo, confortarlo et pregarlo per nostra parte che se may ebbe voglia subvenirne de qualche denari lo voglia fare adesso, perché ne siamo ad extremo bisongno et se ben non gli havissi el modo, almancho ne voglia subvenire deli xii milia ducati altra volta rasonati, et advisane come haveray facto. Della pocha benivolentia aquistata per lo imperatore, ne piace essere advisati dele lettere de Collella da Napole havemo recevuto, et volimo ne re(n)gratii quello signore per nostra presente et similmente lo regratii delle lettere et ambassiate nostre mandate alo imperatore. Advisamote apresso che nello dicto facto d'arme sonno morti et ferriti degli inimici, delle persone, circa trecento. Data in castris nostris felicibus apud Longenam, die xvii iunii 1452. Irius. Cichus.