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749. Francesco Sforza al podestà di Cremona 1452 luglio 31 "apud Quinzanum"

Francesco Sforza ricorda al podestà di Cremona che la revisione della condanna del beccaro Robesino,cognato del famiglio ducale Bartolomeo da Cremona, e stata di diritto affidata ai presidenti della città, per cui lui (podestà) non doveva impicciarsene. Avendo il podestà disattesa questa disposizione con grande scorno del duca, che si vede disobbedito, il duca rinnova la disposizione e gli ingiunge di liberare Robesino, che deve essere rinviato ai presidenti della città.

Potestati Cremone.
Essendo condemnato Robesino, beccharo, cognato de Bartolomeo da Cremona, nostro famiglio, in certi dinari pertinenti alla Camera de quella nostra comunità, et pretendendo luy essere condemnato indebitamente, fo contento che questa cossa se commettesse de rasone alli presidenti de quella nostra comunità. Et cossì per più nostre lettere, sottoscripte de mane de meser Angello, nostro auditore, ve havemo scripto non dovesti dare molestia al dicto Robesino, ma lassare questo carico ali dicti presidenti, a chi specta de rasone. Pare che avendovi el dicto Robesino presentato questa nostra ultima lettera del medesimo effecto, vuy l'habiati posto in fundo de una torre. Nuy non possemo se non maravegliarce grandemente de questo, perché cede a nostra grande vergogna, quando le nostre lettere non sonno ubbidite, et maxime quando non sono se non iuste et honeste. Pertanto dicendo el dicto Robesino de volere stare a rasone de quello iudicarano li dicti presidenti et essendo honestissima questa sua oblacione, pertinendo ad essi la condemnatione, come è dicto, ve commettiamo de novo, et volemo che non procedati più ultra contro el dicto Robesino, immo debiati revocare ogni novità facta contra de lui [ 192r] per questa casone et relasarlo de presone, lassando el carico de questa condemnatione ali dicti presidenti, a chi pertene de vedere se l'è facta iustamente o non. Et vogliatine rescrivere che casone ve ha mosto a farli questa novità. Ex nostris felicibus castris apud Quinzanum, die xxxi iulii 1452.
Irius.
Cichus.