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858. Francesco Sforza a Borso d'Este 1452 agosto 23 "apud Quinzanum".

Francesco Sforza esprime a Borso d'Este la sua soddisfazione per avergli comunicato d'aver perdonato quei di Cotignola, felici, a loro volta, che il marchese aveva deciso di rimettere in Bagnacavallo "mille corbe di grano". Di due cose, però, si lamentano i Cotignolesi: della revisione dell'estimo di Lugo e di Barbiano, e dell'intervento circa il fondo della Passarella, che essi rivendicano essere ab antiquo possesso loro. Il duca dice a Borso che di tutto gli parlerà più diffusamente Antonio da Trezzo.

Domino marchioni Estensi.
Illustris et potens domine, frater noster carissime, ad quisti dì proximi per lettere della signoria vostra restassimo advisati et chiari come ad quilli da Cotignola haveva liberamente remesso ogni fallo haviano commisso in verso della signoria vostra et che li havia perdonato, et dicti da Cotignola erano restati contenti della voluntà della signoria vostra in volere remettere dentro de Bagnacavallo mille corbe de grano, de che ne havissimo grande piacere et satisfatione, come quilli voriano sempre che dicti da Cotignola facessero tali deportamenti in verso la signoria vostra che da quella fossero bene amati et tractati. Da poy havimo veduto una lettera, quale gli scrive la signoria vostra, per la quale dicti homini se gravano de due cose contene dicta lettera: l'uno, per lo facto dello extimo, quale la signoria vostra intende renovare delle pertinentie et territorio de Lugo et de Barbiano; l'altra, della posessione et fondo della Passarella, quale ab eterno è stata posseduta per dicti da Cotignola (a). Et de che preghiamo et confortiano la signoria vostra che non li voglia gravare né dare molestia, né fare altra innovatione in verso loro, chè, siando quello loco origene de casa nostra, bisongna che per honore et [ 216v] debito (b) ne interponiamo cum la signoria vostra al favore loro et de quello loco, et piacia alla signoria vostra non gravarli de dicte cose, quelle sonno cose minime et pocho facto, et che non para che fra la signoria vostra et nuy, per sì pocha cosa, sia rugene alchuna et che non siamo quilli veri et intrinsichi fratelli che sempre siamo stati et semo, perché alla signoria vostra compiaceressimo de molto mazore cosa che non saria el facto de Barbiano. Et circha zò ne scriveme più diffusamente ad Antonio da Trizo, dal quale la signoria vostra intenderà quando circha ad ciò acchade, al quale piacia darli fede quanto ad nuy proprii. Data in castris nostris apud Quinzanum, die xxiii augusti 1452. Ser Iohannes. Cichus.

(a) In A Cotignotignola.
(b) Segue nostro depennato.