Camera del Sole e della Luna

Giulio Romano; Primaticcio, Francesco (attribuito)

Camera del Sole e della Luna

Descrizione

Identificazione: Figura femminile

Autore: Giulio Romano (1499 ca.-1546), ideatore / esecutore; Primaticcio, Francesco (attribuito) (1504-1570), esecutore

Cronologia: ca. 1527 - ca. 1528

Tipologia: pertinenze decorative

Materia e tecnica: intonaco/ pittura a fresco; stucco/ modellatura a stampo

Misure: 6,12 m x 9,7 m x 2,48 m (soffitto); 6,12 m x 4,12 m (pareti)

Descrizione: Decorazione plastico-pittorica della Camera del Sole e della Luna. Il centro della volta è dominato da un riquadro affrescato. Le vele sono compartite in 192 riquadri (128 losanghe e 64 triangoli) con rilievi a stucco su fondo celeste. Alle pareti sono stati collocati altri stucchi e rilievi, calchi da originali di marmo classico.

Notizie storico-critiche: La Camera del Sole e della Luna prende il suo nome dall'affresco presente nello scomparto centrale del soffitto, nel quale si riconoscono i carri del Sole e della Luna guidati da Apollo e Diana. Non siamo a oggi in possesso di alcun dato documentario inerente la paternità dell'affresco. Una tradizione critica consolidata nel tempo considera il dipinto ideato da Giulio Romano e portato a compimento da Francesco Primaticcio, uno dei suoi più valenti collaboratori. Pur in assenza di dati documentari, a Primaticcio è attribuita anche parte della decorazione plastica della volta della Camera. Caratteristica di detta decorazione è la presenza di centonovantadue scomparti delineati dall'incrocio di costoloni decorati da un kymation ionico a ovuli. La ripartizione degli scomparti del soffitto sembra derivare da quella delle absidi del Tempio dedicato a Venere e Roma, visibili nell'Urbe oggi come nel primo Cinquecento. Una differenza rispetto a questo modello è rappresentata dal fatto che, mentre le losanghe presenti nel tempio romano hanno fondo piatto, ciascun comparto della volta del Te ospita al suo interno una raffigurazione realizzata a stucco. Riscontrando l'evidente presenza di più mani nella realizzazione di questi rilievi, oltre al nome del Primaticcio si avanzano anche quelli di Nicolò da Milano e Giovan Battista Mantovano, i maggior stuccatori presenti nel cantiere di Palazzo Te.
I centonovantadue scomparti si dividono in due gruppi: centoventotto hanno una forma quadrangolare, mentre le restanti sessantaquattro si presentano in forma di triangolo.
Molteplici e svariati sono i modelli iconografici sui quali sono state plasmate le raffigurazioni del soffitto: alcuni provengono dal repertorio della numismatica e della glittica antica, altri sono invece riconducibili a opere d'arte del primo Cinquecento (come la Battaglia di Cascina di Michelangelo o il Parnaso di Raffaello), altri ancora riprendono schemi compositivi giulieschi presenti anche in altre zone del Palazzo (in particolare gli affreschi della Camera di Amore e Psiche). Infine, in alcuni degli scomparti triangolari, fanno la loro comparsa le imprese gonzaghesche della Salamandra e del Monte Olimpo.
Il fondo azzurro dei lacunari del soffitto è di restauro. Non si hanno documenti o descrizioni riguardanti la coloritura originale, ma la quantità di residui di azzurrite rinvenuti durante l'ultimo restauro (2000) induce a credere che fosse questo il colore utilizzato per i fondali. Il dato più antico circa la colorazione dei fondi delle losanghe è riportato da Hans Heinrich Meyer, che afferma di averli visti dipinti di verde chiaro nel 1795 (Mantua im Jahre 1795, "Die Propylaen" 2, 1800).
Nel corso dell'ultimo restauro, su alcune losanghe della parete ovest sono stati ritrovati strati di policromia sopra lo scialbo bianco. In particolare due losanghe della fascia bassa presentavano un fondale decisamente dipinto di rosso. Le cornici ad ovuli di questi lacunari, inoltre, avevano una colorazione giallo ocra. Tale policromia, sovrapposta all'originale scialbo bianco e a tracce di azzurrite, è da intendersi come frutto di un intervento settecentesco: forse una prova di ridecorazione dell'ambiente.
La camera del Sole e della Luna rientra tra gli ambienti del palazzo interessati, dalla metà dell'ottavo decennio del Settecento, da un complessivo progetto di recupero e valorizzazione promosso dal governo austriaco e affidato alla Reale Accademia di Scienze, Lettere e Arti di Mantova. In tale contesto si inserisce l'opportunità - fortemente voluta dall'intendente politico di Mantova e prefetto accademico Giambattista Gherardo d'Arco, sotto il cui indirizzo si svolgono i restauri del palazzo tra 1786 e 1790 - di abbellire alcune stanze della villa giudicate particolarmente spoglie. La soluzione proposta è quella di arricchire le pareti di questi ambienti con calchi di stucchi giulieschi presenti nel palazzo o di rilievi antichi conservati nel Museo cittadino: scelte che sono ritenute filologicamente corrette rispetto all'apparato decorativo di Giulio Romano, in confronto al quale soluzioni moderne sarebbero potute apparire come presuntuose aggiunte.
Tra le iniziative in tal senso programmate, l'unica realizzata risulta quella riguardante le pareti della Camera del Sole e della Luna, ornate da bassorilievi tra 1790 e 1791. Sotto la guida di Giovanni Bellavite, professore di Ornato e di Plastica presso l'Accademia di Belle Arti dal 1772, infatti, i due allievi formatori Luigi Dalmaschio e Giovanni Pellegrini realizzano per le pareti di questo ambiente trenta calchi in gesso e dodici mensole sostenenti altrettanti busti (calchi di originali antichi), come enunciato dal preventivo di spese firmato da Pozzo e Bellavite il 9 ottobre 1790 e dal contratto sottoscritto dai due allievi in data 7 dicembre 1790 (ASMn, Intendenza Politica, b.222, fasc.17).

Collocazione

Mantova (MN), Museo Civico di Palazzo Te

Credits

Compilazione: Bonoldi, Lorenzo (2007)

Aggiornamento: Pisani, Chiara (2010); Massari, Francesca (2014)

  Scheda completa SIRBeC (formato PDF)

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