Camera di Psiche

Giulio Romano; Rinaldo Mantovano; Pagni, Benedetto

Camera di Psiche

Descrizione

Identificazione: Cupido e Psiche

Autore: Giulio Romano (1499 ca.-1546), ideatore / pittore / stuccatore; Rinaldo Mantovano (m. 1546 ante), pittore; Pagni, Benedetto (1504-1578), pittore

Cronologia: post 1526 - ca. 1528

Tipologia: pertinenze decorative

Materia e tecnica: intonaco/ pittura a fresco; intonaco/ pittura a olio; stucco/ modellatura; stucco/ modellatura a stampo; stucco/ doratura; stucco/ pittura; marmo/ mosaico

Misure: 9,70 m x 9,62 m (volta); 9,7 m x 8,35 m (pareti)

Descrizione: La volta è introdotta da otto peducci semplici e quattro angolari, costituiti da mensoloni e foglie d'acanto in stucco dorato; presenta lacunari di varia forma, delimitati da una cornice in stucco dipinta con motivi vegetali su fondo giallo-oro e da numerose cornici in stucco dorato. Al centro della copertura, delimitato da una cornice con mensole e rosette in stucco dorato, arricchita da un fregio di girali dipinto su fondo rosso, si apre il pannello quadrato raffigurante le "Nozze di Amore e Psiche", epilogo della storia cui l'intera volta e parte delle pareti sono dedicate. Più esternamente, otto lacunari ottagonali (due per lato) ospitano altrettanti episodi del mito di Amore e Psiche: il racconto inizia con l'ottagono "Psiche adorata come una divinità". Le lunette sono riservate alla continuazione della storia di Amore e Psiche, mentre le pareti vere e proprie ospitano anche altre favole mitologiche: la preparazione di un banchetto ad op era di ninfe e satiri e in presenza di alcune divinità (ovest); il "Bagno di Venere e Marte", "Bacco e Arianna", "Marte insegue Adone" (nord); "Giove e Olimpiade", "Polifemo, Aci e Galatea", "Pasifae" (est); il banchetto di Amore e Psiche (sud).

Notizie storico-critiche: La camera è detta "di Psiche" in quanto il soggetto principale della decorazione dipinta consiste nella vicenda di Amore e Psiche narrata nel romanzo "Le Metamorfosi" (o "L'asino d'oro") di Apuleio (libri IV-VI). La decorazione pittorica e plastica si data, secondo la critica più recente, tra giugno 1526 e la fine del 1528 circa, durante la prima fase dei lavori della villa, concentrati negli ambienti dell'ala settentrionale. L'ideazione, la progettazione disegnativa e la regia complessiva, oltre all'assai probabile esecuzione di determinati brani, spetta a Giulio Romano il quale a Roma, all'interno della bottega di Raffaello, collaborò alla decorazione della Loggia di Psiche della villa di Agostino Chigi, maturando un'approfondita conoscenza dell'iconografia del mito. I collaboratori coinvolti sono i pittori Benedetto Pagni da Pescia, Rinaldo Mantovano, Gianfrancesco Penni e - forse - Gerolamo da Treviso il Giovane, ai quali possono verosimilmente aggiungersi plasticatori del cantiere giuliesco al momento privi di un'identificazione certa. L'iscrizione in caratteri lapidari romani "FEDERICUS GONZAGA II MAR(CHIO) V S(ANCTAE) R(OMANAE) E(CCLESIAE) ET REIP(UBLICAE) FLOR(ENTINAE) CAPITANEUS GENERALIS HONESTO OCIO POST LABORES AD REPARANDAM VIRT(UTEM) QUIETI CONSTRUI MANDAVIT" corre su tutte e quattro le pareti della stanza, separando le dodici lunette soprastanti dalle scene dipinte nella metà superiore delle pareti. La volta della Camera di Psiche presenta eccezionali caratteristiche costruttive e tecniche: diversamente dagli altri soffitti a volta del palazzo, in mattone, essa non è copertura portante in quanto costituita da un'intralicciatura lignea composita sita al di sotto delle catene delle capriate del tetto, alla quale si collegano orditure secondarie che danno forma ai lacunari del soffitto; inoltre i dipinti, a differenza degli affreschi alle pareti, sono realizzati con tecnica a olio, su una base composta da un sottile strato di intonaco applicato a una trama di stuoie di canne. Potrebbe riferirsi all'esecuzione di tali dipinti l'ordine di duecento pennelli "per lavorare a oglio" effettuato da Federico Gonzaga nel giugno del 1526. L'arditezza degli scorci compositivi e le inedite scelte luministiche fanno della volta di Psiche uno dei risultati di maggior impatto dell'arte giuliesca; numerose le letture del ciclo susseguitesi nel tempo, talora inclini alla spiegazione allegorica dei dipinti (D'Arco,1838; Hartt, 1958), talaltra dedicate all'analisi dell'iconografia (Gombrich, 1951; Verheyen, 1972 e 1977; Signorini, 1983). Si segnalano inoltre la proposta di lettura in chiave biografica del ciclo avanzata da Intra (1887) e l'accento posto da Arasse (1985) sulla figura del labirinto, immagine adombrata dall'andamento tortuoso del racconto e dalla polisemia di senso dell'intero ciclo.
Alla fine del XVIII secolo l' Accademia delle Belle Arti promosse una vasta campagna di restauro dell'apparato decorativo di Palazzo Te. In questo ambito si colloca la decisione, datata al 1784 di sostituire i "salicati" con sontuosi pavimenti di mosaico colorato. Il progetto è affidato a Paolo Pozzo, che, nel disegnare le forme dei nuovi pavimenti, prende ispirazione dalla scansione delle volte e dei soffitti. Entro gli scomparti così ottenuti sono inseriti fregi appartenenti al repertorio classico, motivi geometrici e vegetali. Nel caso del pavimento della Camera di Amore e Psiche, agli ottagoni e semiottagoni del soffitto corrispondono labirinti dal percorso obbligato. In corrispondenza della porta che immette nella Camera dei Venti sono raffigurate due salamandre.

Collocazione

Mantova (MN), Museo Civico di Palazzo Te

Credits

Compilazione: Marocchi, Giulia (2011)

Aggiornamento: Pisani, Chiara (2011); Massari, Francesca (2014)

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