Composizione

*Vetrificante* Il vetro è composto da una miscela omogenea di minerali (miscela vetrificabile) e di rottame di vetro mescolati in opportune proporzioni di peso. I principali formatori del reticolo vetroso sono la silice e l’anidride carbonica. La silice è il più comune formatore del reticolo vetroso ed è quindi la più importante materia prima per la produzione del vetro. Circa metà della crosta terrestre è formata da minerali di silice (silicati e quarzo), il maggior costituente di rocce e sabbie. Tuttavia la silice naturale non ha, in generale le caratteristiche necessarie per la produzione del vetro anche perché contiene degli elementi come il ferro che danno al vetro una colorazione indesiderata. Solo silice che contiene una bassissima quantità di ossido di ferro può essere usata per la produzione di lastre; ma per produrre vetro da tavola e artistico, tale percentuale scende ulteriormente e per il vetro usato nell’ottica la quantità accettabile è ancora più bassa. Ancora minore deve essere il contenuto di altri minerali, come gli ossidi di cromo, cobalto, rame, ecc.. che hanno un potere colorante maggiore di quello del ferro. Nessuna sabbia naturale è in grado di rispondere ai requisiti del vetro per l'ottica; per questo, anche le sabbie dei migliori giacimenti devono essere ulteriormente purificate con speciali trattamenti. *Fondenti* Per abbassare la temperatura di fusione del quarzo (circa 1700 °C) si aggiunge un fondente, generalmente l'ossido di sodio sottoforma di carbonato (soda) o nitrato. Qualunque sia la sua origine, naturale o artificiale, la soda, a circa 800°, si decompone in anidride carbonica (gas) ed ossido di sodio. Quest'ultimo ha la capacità di reagire, allo stato solido, con la silice trasformando il quarzo in silicati di sodio che fondono a più bassa temperatura. Allo stesso modo si comporta la potassa o carbonato di potassio, anch'essa prodotta oggi industrialmente. Oltre a rendere più fusibile la silice, la soda (o potassa) ha la proprietà di allungare l'intervallo di temperature entro il quale il vetro solidifica (intervallo di lavorazione), e rende, come si dice in gergo, il vetro più lungo. *Stabilizzanti* Il vetro silico-sodico o silico-potassico non è stabile; basta l'umidità atmosferica per rovinarne la superficie, formando strati biancastri e corrosi. In acqua, questi vetri sono perfettamente solubili e sono usati oggi come detersivi per lavastoviglie. Per avere un vetro stabile si sostituisce parte della soda con altri composti che rinforzano il reticolo vetroso, migliorandone le proprietà chimiche. Questo effetto lo esercitano gli ossidi bivalenti di calcio, magnesio, bario, piombo e zinco, che per questo sono detti stabilizzanti. Un ulteriore miglioramento si ha introducendo nel vetro altri ossidi come l'allumina e l'anidride borica. Il carbonato di calcio si trova in natura sotto forma di marmo o calcare. Si decompone, a circa 1000°C in anidride carbonica e ossido che entra a far parte del vetro. La dolomite, carbonato misto di calcio e magnesio, è usata per sostituire,in parte o completamente, il carbonato di calcio. L'allumina viene aggiunta, generalmente per migliorare la resistenza chimica del vetro e per controllare la viscosità del fuso. Il piombo viene aggiunto sotto forma di ossido prodotto industrialmente (minio, oppure litargirio). Alte percentuali di piombo abbassano la temperatura di fusione, diminuiscono la durezza del vetro e ne aumentano la brillantezza. *Affinanti* La miscela vetrificabile non è ancora completa. Il fuso è un fluido viscoso nel quale si trovano disperse numerose bolle gassose formatesi per decomposizione dei carbonati o per altra origine. Per eliminarle, vengono aggiunti dei composti detti affinanti, come gli ossidi di arsenico e di antimonio associati a nitrati. Fino all'era industriale era usato quasi esclusivamente il biossido di manganese. Nei moderni forni continui l'affinante principale sono solfati. Questi composti si decompongono ad alta temperatura (oltre 1200° C) liberando bolle di ossigeno che, risalendo nel fuso, assorbono le bollicine che incontrano fino a raggiungere la superficie. Attraversando le stratificazioni di vetro a diversa densità, le bolle svolgono anche una azione di omogeneizzazione del fuso. *Decoloranti* Il vetro, così ottenuto, non è ancora il vetro puro trasparente ed incolore o colorato delle vetrerie artistiche. Alcuni elementi, come il ferro ed il cromo, sono sempre presenti anche se in piccolissima quantità, comunque sufficiente a colorare leggermente. Si deve aggiungere un altro componente alla miscela: un decolorante. Si tratta di alcuni elementi che in piccola quantità correggono la tonalità di colore secondo un principio fisico (sovrapposizione di un colore complementare che annulla quello ad esempio del ferro) o chimico (ossidazione o riduzione dell'elemento colorante; il ferro, per esempio, a parità di concentrazione nel vetro, colora molto più intensamente se si trova allo stato ridotto che non allo stato ossidato). Il decolorante più noto, che agisce in tutti e due i modi, è il biossido di manganese che, per questa sua proprietà, era chiamato il sapone dei vetrai. Tuttavia il manganese, fissato nel vetro, ha ancora la capacità di catturare l'energia della luce solare e quindi di ossidarsi, dando al vetro una colorazione giallo-viola. Ne sono un esempio i lampioni che illuminano piazza San Marco a Venezia. Inizialmente incolori, a causa del manganese sono diventati viola, liberando così una luce soffusa che è divenuta una caratteristica della piazza di sera. Per questa sua instabilità oggi il manganese è sostituito da una miscela di elementi come il selenio, il cobalto e terre rare che, dosate singolarmente, danno un risultato più completo e stabile. *Coloranti* Per la produzione di vetri colorati si ricorre all'impiego nella miscela vetrificabile di opportune sostanze. L'intensità della colorazione dipende dalla quantità di colorante introdotto nella composizione del vetro, dalla presenza o meno di sostanze ossidanti o riducenti nell'atmosfera del forno, dalla conduzione termica della fusione e dal tipo di colorazione. *Un po' di storia* Il fondente in epoca romana ed altomedioevale era il natron, carbonato di sodio naturale che si trova nei laghi salati del Medio Oriente. Il vetro, fuso in Siria, Egitto o in Libano con sabbie siliceo-calcaree locali, veniva esportato sottoforma di blocchi di vetro grezzo per essere rifuso e lavorato in centri vetrari diffusi in tutto il bacino del Mediterraneo e nel nord Europa. Nel medioevo il natron fu sostituito da ceneri vegetali. In dipendenza della dislocazione geografica delle vetrerie, le piante che venivano bruciate potevano essere di origine marina o terrestre. Dalle prime, che furono usate prevalentemente nell'area mediterranea, si ricavava soda, dalle ceneri di piante continentali (quercia, faggio, felce, ...), usate principalmente nel nord Europa, si otteneva la potassa. Non essendo ancora possibile eseguire analisi chimiche sulle ceneri, i vetrai ne giudicavano la qualità dal colore, dall'odore e con l'aiuto del gusto. Quando si voleva produrre vetro puro ed incolore era necessario estrarre dalle ceneri il carbonato di sodio (o potassio) mediante lisciviazione,sciogliendo in acqua bollente le ceneri e filtrando il residuo insolubili. Fu questo il principale segreto dei vetrai veneziani che portò all'invenzione del cristallo, un vetro così limpido ed incolore da essere paragonabile al cristallo di rocca (quarzo). Solo alla fine del '700, in Francia, si cominciò a produrre soda in modo artificiale, usando, come materia prima, il cloruro di sodio (sale marino o salgemma). Nel 1791 Nicolas Leblanc mette a punto un processo per la produzione di soda arificiale, molto più ricca in carbonato di sodio dei fondenti naturali, ma contenente ancora molte impurità. Uno degli inconvenienti del processo Leblanc era però l'alto costo di produzione. Nel 1865, in Belgio, è stato messo a punto un nuovo processo per estrarre il sodio dalle acque marine, mediante trattamento con ammoniaca, per trasformalo poi in carbonato di sodio. È il processo Solvay che fornisce soda di gran lunga migliore e più economica e che, opportunamente perfezionato, è tuttora utilizzato.