Loveno di Menaggio, Villa Mylius Vigoni

Ritornando nuovamente sulla sponda occidentale e salendo sulle colline sopra Menaggio, si giunge al piccolo borgo di Loveno dove è situata "villa Mylius Vigoni":/architetture/schede/CO250-00262/ casa museo del collezionista e mecenate Enrico Mylius. Qui all'interno del parco venne edificato un cenotafio in memoria di Giulio Mylius, figlio del proprietario, ornato da due bassorilievi che ben si prestano a un raffronto stilistico. p. La _morte di Giulio Mylius_, di Pompeo Marchesi (1832) illustra in una ricca cornice monumentale, gli ultimi momenti di vita di Giulio; il giovane steso su un triclinio viene sostenuto da Luigia, sua sposa, che gli cinge le spalle e lo tiene per mano; l'altra mano del moribondo è stretta dalla madre, seduta accanto, mentre il padre appoggiato alla spalliera della sedia, si protende per un'ultima carezza. Tutti i personaggi sono avvolti in ampi panneggi, racchiusi in gesti misurati; una profonda dignità pervade l'opera, e traspare dai visi, autentici ritratti dei protagonisti. Di quattro anni successiva al bassorilievo dell'Oratorio Sommariva, quest'opera ne riprende l'inflessione stilistica che fonde l'apparato scenico neoclassico ad una sensibilità romantica ben percepibile nel movimento che anima la composizione. Di fronte, in una cornice più sobria, è collocata Nemesi, bassorilievo di Bertel Thorvaldsen che sebbene realizzato in piena epoca romantica (1834 ca.), parla ancora un linguaggio rigidamente classicheggiante, mentre è assolutamente innovativo quanto a simbologia e significato: la dea Nemesi, nel suo ruolo di suprema garante della giustizia assicura l'esistenza di un superiore equilibrio, in cui tutto, anche ciò che all'uomo appare di difficile comprensione, trova senso, quindi anche l'intenso dolore per l'improvvisa morte di Giulio. Nemesi è raffigurata come una giovane donna, vestita con una tunica e posta su una biga trainata da due cavalli, uno docile, l'altro recalcitrante, a simboleggiare l'uomo retto e quello malevolo. Ad uno trattiene dolcemente le redini, all'altro mostra, ma senza percuotere, la frusta. Sulla ruota della biga Thorvaldsen incise ad intervalli regolari, le parole ventura - ubertà - sventura - penuria, nell'alternanza delle fasi della vita. Precede il cavallo docile un cane, simbolo di fede e fedeltà. Seguono il gruppo, due putti, uno recante una spada, l'altro la cornucopia, castigo e premio a significare come solo dal vivere rettamente nascano benefici. Sullo sfondo l'arco dello zodiaco ricorda lo scandire del tempo; il segno della bilancia, posto al centro, in alto è ancora simbolo di giustizia, nella sua particolare rappresentazione di putto alato che con una mano indica Nemesi e con l'altra regge la bilancia. p. All'interno della casa museo, tra i molti dipinti spicca il capolavoro di Francesco Hayez, Il _ritratto di Luigia Vitali_, vedova Mylius, presentato all'Esposizione di Belle arti di Milano nel 1832. La giovane donna, vedova dell'unico figlio di Enrico Mylius, è qui rappresentata in abiti moderni inserita in un impianto compositivo che riprende esempi precedenti ma qui animato da una nuova e profonda sensibilità, in un clima più austero e emozionalmente più intenso, costruito intorno allo sguardo della giovane. Nessun formalismo o elemento decorativo sono ormai necessari: sono sufficienti l'amore e il dolore di Luigia e il busto del marito sullo sfondo.