446. L'Industria

Sottotitolo Rivista tecnica ed economica illustrata poi Rivista tecnica ed economica illustrata. Organo ufficiale del Comitato nazionale scientifico-tecnico per lo sviluppo e l'incremento dell'industria italiana poi Rivista tecnico-scientifica ed economica. Organo ufficiale del Comitato nazionale scientifico-tecnico per lo sviluppo e l'incremento dell'industria italiana poi Rivista tecnica ed economica illustrata poi Rivista di economia politica.
Luogo Milano.
Durata 2 gennaio 1887 (vol. I, n. 1) - ottobre/novembre 1945 (vol. LIX, n. 10-12). La pubblicazione prosegue tuttora.
Periodicità Settimanale poi quindicinale poi mensile poi trimestrale.
Direttore Nessuno, poi Arnoldo Usigli poi nessuno, poi Giacomo Colica poi Raffaele Ariano poi Ferdinando di Fenizio.
Gerente Luigi Soncini poi Cesare Parravicini poi nessuno
Editore Carlo Erba, Ernesto De Angeli, Pio Borghi, Eugenio Cantoni, Carlo Ginori, Giovanni Battista Onetto, Giovanni Battista Pirelli, Giulio Prinetti, Corradino Sella, Francesco Tensi, Franco Tosi poi Ernesto De Angeli poi nessuno, poi Società editrice "Unitas" poi nessuno.
Stampatore Milano, Tip. Bernardoni di C. Rebeschini e C. poi Tipografia degli Operai poi Varese, Arti grafiche varesine poi Milano, Società tipografica Ital. Grandi Edizioni poi Tip. Ernesto Rubini poi Stabilim. Tipogr. Stefano Pinelli.
Pagine Da 16 a 46.
Formato [microfilm]
Note Contiene molte illustrazioni (disegni, progetti, tavole con descrizioni e in seguito anche fotografie) di macchine, infrastrutture, stabilimenti; ha un supplemento di inserzioni pubblicitarie ("annunci") da 16 a ben 40 pagine e una sovraccoperta di 2 pagine con sommario, gerenza, elenco dei collaboratori e raccomandazioni a questi ultimi.

Ultracentenaria rivista di economia, caso quasi unico nel panorama della stampa italiana per l’ambizione, fin dai primi numeri, di porsi come prima voce nazionale dei bisogni e degli interessi del mondo industriale e produttivo. I numeri sono raccolti in volumi annuali, con indice alfabetico degli autori e delle materie.

Fin dal suo esordio la rivista presenta aspetti rimarchevoli di originalità: “Pubblicata da una società d’industriali italiani” (dalla testata) con L. 120.000 di capitale, annovera nel consiglio di amministrazione Carlo Erba (presidente), Ernesto De Angeli (vicepresidente), Pio Borghi, Eugenio Cantoni, Carlo Ginori, Giovanni Battista Onetto, G.B. Pirelli, Giulio Prinetti, Corradino Sella, Francesco Tensi e Franco Tosi. A differenza di molte altre riviste economiche, «L’Industria» parte dunque per opera di un gruppo.

Il Comitato direttivo è formato inizialmente da Borghi, De Angeli e Pirelli; la redazione, che si sforza di utilizzare uomini dalla provata competenza tecnica settoriale, è composta da Carlo Barzanò (per la parte meccanica), Giuseppe Gianoli (chimica industriale e problemi relativi all’insegnamento superiore e universitario) e Arnoldo Usigli. Fra i collaboratori vanno segnalati Mario Ascoli (elettrotecnica), Carlo Ferraris, Luigi Luzzatti e Giuseppe Maldifassi (diritto commerciale e internazionale).

Una delle intenzioni originarie della rivista è quella di divenire una rassegna pratica delle principali innovazioni scientifiche applicate all’industria in tutti i paesi, offrendo ai lettori un metodico panorama dei progressi tecnologici nei settori chimico, meccanico e tessile; il compito dell’aggiornamento tecnico è indicato come prioritario nell’editoriale del primo numero (Il Comitato direttivo, Programma, 2 gennaio 1887). Per perseguire questi scopi, riceve ed usa come fonti una moltitudine di pubblicazioni periodiche straniere, che elenca nei volumi-raccoglitori.

Crescente importanza viene dedicata all’industria tessile dal 1889, suddividendo la materia in due parti, una destinata all’esame dei macchinari e l’altra dedicata ai processi chimici di sbianca, tintoria e appretto. Nello stesso anno viene aperta una rubrica relativa al movimento commerciale interno e internazionale e alla situazione dei mercati delle materie prime; compare anche un elenco aggiornato degli attestati di privative industriali e dei brevetti interni ed esteri, oltre ad annunci di offerta e ricerca di personale qualificato, sia tecnico che direttivo. Lo sguardo della rivista è costantemente allargato oltre i confini nazionali, con articoli sull’economia degli Stati europei, americani e asiatici.

Fra le tematiche recepite con particolare urgenza dalla borghesia industriale milanese, emergono tre filoni principali: i problemi dell’istruzione tecnica e scientifica; la definizione di una politica economica, doganale, fiscale e finanziaria adeguata alle esigenze dello sviluppo industriale; la legislazione sociale e le questioni poste dalla crescita del movimento operaio.

Per quanto riguarda il primo punto, il problema consisteva fondamentalmente nel dare la maggiore efficacia possibile agli insegnamenti: senza un efficiente ‘stato maggiore’ delle industrie, dei commerci, delle banche, delle assicurazioni, non sarebbe stato possibile fare avanzare quel processo di trasformazione del paese costituito dall’industrializzazione e dalla conseguente modernizzazione di tutta l’economia. L’orizzonte resta quello delle istituzioni accademiche, il cui panorama va però svecchiato e arricchito soprattutto in pratica, cioè favorendo iniziative in grado di dar presto una risposta ai bisogni che le hanno fatte sorgere: cfr. Guido Grassi, Due parole sull’istruzione tecnica (8 maggio 1887); Sull’insegnamento speciale per l’incremento delle industrie e dei traffici (22 maggio 1887); R. Ferrini, Sull’istruzione tecnica (29 maggio 1887); G. Gianoli (?), Scuole industriali con o senza officine? (15 luglio 1888); Scuole superiori commerciali (5 agosto 1888); G. Grassi, L’Istruzione tecnica (2 settembre 1888); L’insegnamento commerciale (28 gennaio 1894); Il nuovo istituto superiore di commercio (19 e 26 giugno 1898); L’indirizzo dell’educazione commerciale (21 agosto 1898); Insegnamento professionale. La riforma della scuola secondaria (15 settembre 1907); C. Barzanò, Alcune considerazioni sul riordinamento dell’insegnamento tecnico superiore (1° novembre 1908).

Uno degli scopi fondamentali della nuova pubblicazione è provocare un drastico mutamento nell’atteggiamento delle autorità politiche nei confronti dello sviluppo industriale italiano, alludendo alla “protezione” delle manifatture nazionali con appropriate barriere daziarie. Se nei primi quattro numeri la “parte tecnica” è preposta all’altra, a partire dal quinto l’ordine è invertito e, per quanto assai ridotta, la “parte economica” seguita ad aprire il giornale fino al 1918.

Il programma della rivista promette di dedicare ampio spazio allo studio dei trattati di commercio e della tariffa doganale allora in discussione; l’obbiettivo è “una razionale ed equilibrata tutela dei maggiori e reali interessi nostri che spinti fra interessi giganti d’altri paesi, non possono prosperare senza la scorta di efficaci ed equi aiuti legislativi” (Programma, cit.). Il Comitato direttivo sviluppa così un intervento di analisi e proposta in merito alla politica industriale italiana, assumendo espressamente una posizione di tutela delle ragioni dell’industria nazionale.

Il primo numero della rivista esce subito dopo la denuncia da parte del governo italiano dei trattati di commercio con Francia, Svizzera e Austria-Ungheria e alla vigilia delle discussioni parlamentari sull’introduzione della nuova tariffa. Il primo articolo dedicato all’argomento si compiace del consenso plebiscitario ottenuto dalla denuncia e indica come compito indilazionabile la revisione del sistema daziario (La denuncia dei trattati di commercio, 2 gennaio 1887). «L’Industria» preannuncia quindi una serie di articoli di analisi del lavoro della Commissione parlamentare e di proposte sulle modalità auspicabili per la stipulazione dei nuovi trattati (I nuovi ordinamenti doganali, 9 gennaio e Tariffa generale e trattati, 3 aprile 1887).

È intenzione del periodico sostenere una battaglia nel fronte protezionista, pur esprimendo la preoccupazione che un regime orientato in tal senso possa favorire pigrizie e lentezze nel rinnovamento dei macchinari, nel miglioramento della produttività e nell’intensificazione della competitività dell’industria italiana. Com’è stato osservato, «L’Industria» svolge così la funzione di organo ‘di lotta’, che riassume in articoli sintetici, spesso opera anonima di “esperti nostri collaboratori”, assai addentro alle cose politiche e in stretto contatto con gli ambienti governativi, sia gli orientamenti di fondo, sia le proposte concrete per i vari settori e rami di industria, polemizzando ove occorre con i contraddittori, ma senza alcuna pretesa di formulare raffinate argomentazioni teoriche, a differenza di buona parte della stampa economica coeva.

Agli occhi degli editori dell’«Industria», la «Perseveranza» e il «Sole» si mostrano troppo sensibili alle ragioni dei francesi: v. Necessità d’un indirizzo nella politica economica dello Stato (1° aprile 1888), Le relazioni colla Francia e il nostro movimento commerciale (12 agosto 1888), ove si polemizza contro gli attacchi al governo mossi dalla «Perseveranza», e Ancora sulla denuncia del trattato di commercio con la Francia (16 settembre 1888). Di contro, «L’Industria» espone la necessità di esportare soprattutto i manufatti più remuneratori, cioè quelli industriali, e l’opportunità di favorire tale flusso con quella “equa protezione... la quale si andrà gradatamente temperando man mano che per l’ammortizzazione delle spese di primo impianto e delle macchine l’industria nazionale impari a fare da sé” (Ancora una parola alla «Perseveranza», 30 settembre 1888).

L’utilità dei trattati di commercio è apertamente ammessa, purché il loro effetto sia quello di favorire le esportazioni (Protezione agraria e protezione industriale, 20 e 27 gennaio, 3, 10 e 17 febbraio 1889). Quanto ai rapporti con la Francia, viene negato che il regime di “guerra doganale” sia poi così disastroso per il commercio e il fisco italiani, polemizzando sia con «L’Economista» di Firenze (v. Il conflitto economico italo-francese, 2 giugno 1889), sia con gli stessi contraddittori d’oltralpe. Tuttavia, nessun ostacolo pregiudiziale viene mai opposto alla fissazione di rapporti commerciali più regolari. La fine della guerra doganale è dunque valutata senza eccessive apprensioni (v. Il “modus vivendi” con la Francia. Alcune osservazioni al «Giornale degli economisti», 27 luglio 1890, che inaugura la polemica, peraltro non lunghissima, con la nuova serie della rivista liberista, il cui primo numero era uscito in quel mese, e La nuova tariffa doganale francese, 2 novembre 1890); e in seguito la realizzazione dell’accordo commerciale con la Francia del 1898 è accolta con non celata soddisfazione: v. L’accordo commerciale con la Francia (27 novembre) e Note sull’accordo con la Francia (11 dicembre 1898), che riporta l’ordine del giorno del Circolo industriale, lieto dell’accordo; l’anno seguente sono riportati i discorsi parlamentari in merito di Bruno Chimirri (Intorno all’accordo commerciale con la Francia, 5 febbraio 1899), Luigi Luzzatti (L’accordo commerciale con la Francia, 12 febbraio 1899) e De Angeli (L’accordo commerciale con la Francia, 19 febbraio 1899).

Resta il fatto che mentre la scuola dei ‘nuovi economisti’ liberisti sceglie «Il Sole» come proprio organo di stampa, «L’Industria» rimane la voce del gruppo industrialista e protezionista ‘moderato’, stretto attorno a De Angeli che di lì a qualche anno avrebbe acquistato con Pirelli parte del «Corriere della sera».

In questo filone si inserisce anche il dibattito sulla riforma dell’istituto delle camere di commercio. Assistiamo qui al tentativo di formulare un progetto di rappresentatività globale del mondo economico, svincolando il più possibile le rappresentanze dell’industria dal viluppo di problemi tipici del commercio; a ciò si tenta di opporre un primo nucleo di organizzazioni di imprenditori industriali (v. Riordinamento delle camere di commercio, 17 e 24 febbraio 1889 e La riforma delle camere di commercio, 20 ottobre 1895).

Nel frattempo la struttura direttiva e proprietaria del settimanale si evolve significativamente: dopo una serie di defezioni fra cui l’uscita dal direttivo di Onetto e Tensi, la malattia di Erba e la morte di Cantoni, dall’inizio del 1889 non è più indicata la composizione del Consiglio di amministrazione ma solo quella del Comitato direttivo, allargato, oltre al presidente De Angeli, a Borghi e Pirelli, al consigliere delegato Edoardo Amman. È verosimilmente in questa occasione che De Angeli acquista interamente la testata, coprendone le perdite d’esercizio e affidando a Usigli la gestione effettiva.

Non si notano in questi anni i toni decisi delle battaglie precedenti, a conferma della sostanziale soddisfazione per il regime vigente e per gli orientamenti che animavano i negoziatori. In Per i nuovi trattati di commercio (19 gennaio 1902), si riporta il sunto del discorso tenuto a Bergamo l’11 gennaio da Luzzatti, nel quale si ribadisce la posizione moderata tenuta l’anno prima con la Svizzera, mentre verso il Reich e l’impero austro-ungarico si sottolinea la necessità di far valere, a vantaggio dell’Italia, la politica di alleanza anche sul terreno doganale. Dal numero del 10 aprile 1904 e per undici puntate, fino al 19 giugno seguente, nella rubrica “Le proposte della commissione per il regime doganale” vengono riportate le conclusioni di quel consesso che a sua volta riassume le sue proposte di riordino per i rami di industria. Un bilancio del trattato con la Repubblica elvetica viene svolto nella relazione parlamentare di De Angeli, pubblicata subito dopo la ratifica del 20 dicembre 1904, nella quale si riconosce che si sono dovute accettare numerose concessioni, specie in materia di esportazioni agrarie italiane (Relazione del senatore De Angeli sul trattato di commercio italo-svizzero, 25 dicembre 1904).

Dopo l’uscita di scena del direttore Usigli, morto nel 1906, e dello stesso De Angeli l’anno seguente, il ruolo di ‘penna guida’ della rivista è assunto dall’ingegnere Carlo Tarlarini, spalleggiato da Remigio Broglio d’Ajano, i quali finiscono per imprimere al settimanale un significativo mutamento d’indirizzo in diversi campi. Nuovi motivi d’interesse della rivista divengono i sindacati dell’industria (v. L’organizzazione dei sindacati industriali, 10 e 24 marzo 1901 e I sindacati industriali e la nostra legge, 11 ottobre 1903) e la politica fiscale (Note ed appunti, 13 novembre 1898; La riforma tributaria, 4 giugno 1899; C[arlo] T[arlarini], Fiscalismo ed industria, 30 luglio 1911; Nuove prodezze del fisco, 29 ottobre 1911; Imposte e leggi sociali, 5 luglio 1914; Le nuove tasse ed il fiscalismo, 3 ottobre 1915). Alla litania contro l’eccessiva fiscalità si accompagna l’opposizione contro l’avocazione allo Stato del monopolio delle assicurazioni sulla vita: v., sempre di Tarlarini, Il Ministero e le pensioni operaie (9 aprile 1911), Ancora il monopolio delle assicurazioni (14 maggio 1911), Geremiade. Il bilancio delle finanze ed il monopolio delle assicurazioni (11 giugno 1911), Parlamento e paese (18 giugno 1911) e Le pensioni operaie e le malattie (16 luglio 1911).

Ancora più indicativa è la campagna condotta dalla rivista dalla metà degli anni movanta fino al 1916 per impedire l’approvazione di una legge che regoli la derivazione di acque pubbliche per produrre energia elettrica, allo scopo di impedire un più diretto controllo dello Stato sull’importante settore industriale. Relativamente minore è invece l’attenzione dedicata alla scarsa disponibilità di risorse finanziarie (v. Il progetto di riordinamento delle banche, 29 luglio, 5, 12, 19 e 26 agosto 1888). Negli anni cruciali della crisi bancaria non compaiono prese di posizione ufficiali della rivista e solo nel 1893, quando viene alla luce lo scandalo della Banca Romana, il settimanale torna a ospitare interventi in materia, ma sceglie di farlo attraverso una serie di articoli di un anonimo collaboratore, sul cui contenuto dichiara di non volersi impegnare, lasciandone la responsabilità all’autore (Intorno al riordinamento bancario, 12 febbraio, 12 marzo, 16 aprile e 7 maggio 1893). Si conferma così la reticenza della rivista a intervenire su questioni dense di implicazioni politiche.

Su un altro piano si collocano invece gli interventi di Luzzatti a commento di quelli che Maffeo Pantaleoni va scrivendo sul «Giornale degli economisti», specialmente in merito alla questione della “divisione del lavoro bancario” (L. Luzzatti, Si possono creare banche per le industrie?, 28 aprile 1895 e Ancora sui crediti alle industrie, 26 maggio 1895). Dopo questi interventi la voce dell’«Industria» torna, su tali problemi, a tacere del tutto.

Di ben altro rilievo è l’attenzione rivolta alla legislazione sociale e alle rivendicazioni operaie, ultimo dei tre precipui filoni d’interesse della rivista citati all’inizio. Dopo il primo mutamento proprietario, nell’ultimo decennio dell’Ottocento, in conformità ai crescenti interessi di ordine sociale e morale di Ernesto De Angeli, «L’Industria» segue infatti con partecipazione crescente le questioni relative alla domanda sempre più forte per una regolamentazione e tutela del lavoro operaio.

Fra i molti articoli in merito, segnaliamo quelli relativi alla legge per gli infortuni sul lavoro: Intorno al disegno di legge sugli infortuni sul lavoro (6 aprile 1890); Petizione degli industriali al Parlamento intorno al disegno di legge sugli infortuni del lavoro (14 aprile 1890); Per la legge contro gli infortuni sul lavoro (2 giugno 1890); Per gli infortuni sul lavoro. Il nuovo disegno di legge della Commissione parlamentare (23 giugno 1890); Il nuovo disegno di legge per gli infortuni sul lavoro (6 luglio 1890); Ancora la legge sugli infortuni del lavoro (13 luglio 1890); Petizione degli industriali al Parlamento sul progetto di legge sugli infortuni (17 maggio 1891); Ancora sul progetto di legge sugli infortuni del lavoro (31 maggio 1891); Gli infortuni sul lavoro e il progetto Chimirri (4 luglio 1891); Il nuovo disegno di legge presentato alla Camera dei deputati dal ministro Lacava (11 dicembre 1892); Petizione degli industriali al Parlamento (12 giugno 1893); Il nuovo disegno di legge sugli infortuni del lavoro (30 giugno 1895); L. Luzzatti, Una nota sul progetto di legge sugli infortuni del lavoro (7 luglio 1895); Il nuovo disegno di legge sugli infortuni del lavoro (15 dicembre 1895); La legge per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni del lavoro (31 maggio 1896), I provvedimenti sugli infortuni (14 luglio 1896); La legge sugli infortuni al Senato (20 dicembre 1896); Il nuovo disegno di legge sugli infortuni (16 maggio 1897); Il progetto di legge sugli infortuni (23 maggio 1897); Le associazioni industriali e il nuovo disegno di legge sugli infortuni (30 giugno 1897); Il testo della legge sugli infortuni (21 luglio 1897); L’approvazione del progetto di legge sugli infortuni (20 marzo 1898); A proposito della legge sugli infortuni (27 marzo 1898); Questioni pratiche sugli infortuni del lavoro (5 ottobre 1902).

Sull’istituzione della Cassa nazionale di previdenza per la vecchiaia e l’invalidità degli operai si vedano: Cassa nazionale di previdenza per la vecchiaia e l’invalidità degli operai (29 ottobre 1899 e 10 giugno 1900); Ancora sulla Cassa nazionale di previdenza (24 giugno 1900); Per la cassa nazionale di previdenza per la vecchiaia e l’invalidità degli operai (17 settembre 1905); C.T., Il Ministero e le pensioni operaie (9 aprile 1911); Le pensioni operaie e le malattie (16 luglio 1911).

Sulla regolamentazione del lavoro notturno per le donne e i minori: E. De Angeli, La tutela del lavoro delle donne e dei fanciulli (12 giugno 1887); Il lavoro notturno delle donne e dei fanciulli nelle fabbriche (4 aprile 1897); Convenzione internazionale sul lavoro notturno delle donne (21 ottobre 1906); Sul lavoro notturno delle donne e dei fanciulli (4 luglio 1909). In merito alle vicende parlamentari della legge, la rivista mostra poi un atteggiamento complessivamente favorevole ai progetti negli articoli pubblicati nei numeri del 29 maggio 1898, 9 luglio 1899, 9 dicembre 1900, dicembre 1901, 19 gennaio e 30 marzo 1902.

Sulla partecipazione dei dipendenti agli utili d’impresa: La partecipazione degli operai ai profitti (16 gennaio 1902) e La partecipazione ai profitti (27 settembre 1903).

Sulla possibilità di istituire forme di assicurazione contro il rischio della disoccupazione: Assicurazioni contro la disoccupazione degli operai (20 aprile 1900), L’assicurazione contro la disoccupazione (16 dicembre 1900); Nuovi esperimenti contro la disoccupazione (18 maggio 1902); Il problema della disoccupazione nei vari gradi del suo svolgimento (15 giugno 1902); Contro la disoccupazione (10 luglio 1904): questi ultimi tre articoli esaminano le iniziative contro lo chomage assunte nella città di Gand; L’assicurazione contro la disoccupazione (15 marzo 1903, sul caso tedesco) e Primo Congresso internazionale per la lotta contro la disoccupazione (25 marzo 1906, sull’iniziativa della Società Umanitaria di Milano per un Congresso internazionale di lotta contro il fenomeno nel settembre 1906).

Sull’attività dell’Associazione internazionale per la protezione legale dei lavoratori (il cui delegato italiano è il Luzzatti): Una grande Associazione internazionale per la protezione legale dei lavoratori (10 novembre 1901) e Congresso dell’Associazione internazionale per la protezione legale dei lavoratori (15 febbraio 1903).

Al contrario, la formazione del movimento operaio in Italia non riceve l’attenzione che ci si aspetterebbe. Anziché soffermarsi sugli aspetti ideologici, a differenza di quanto accade per altri organi di stampa il settimanale preferisce esaminare le proposte di riduzioni generalizzate dell’orario di lavoro fino alle otto ore: v. Il congresso dell’Internazionale a Londra e la legislazione operaia (2 dicembre 1888); Una legislazione internazionale sul lavoro delle fabbriche (14 marzo 1889) e Una legislazione internazionale operaia (16 febbraio 1890).

Una presa di posizione più netta accompagna i drammatici disordini del maggio 1898, con un chiaro invito alla moderazione e un auspicio altrettanto netto di un governo in grado di rispondere ai nuovi bisogni del paese. Ancora, viene rivolto un appello agli industriali affinché si presentino in maniera organizzata e autonoma, per garantire una legislazione che non deprima l’attività economica; occorre quindi superare ogni particolarismo e partecipare al governo del paese sulla base della solidarietà di classe (v. I disordini di Milano e le classi industriali, 22 maggio 1898).

Dall’inizio del nuovo secolo, l’approccio della rivista ai problemi di ordine sociale e sindacale oscilla tra il rammarico per la “deteriore” influenza della propaganda socialista sulla classe operaia, il dispetto per il diffondersi di movimenti rivendicativi ritenuti troppo esigenti nei confronti di un paese industrialmente in ritardo e il risentimento contro un potere politico la cui proclamata equidistanza nei conflitti tra padroni e operai è interpretata come incomprensione delle ragioni dell’economia e, in fondo, cedimento alla montante campagna socialista. La preoccupazione cresce con l’intensificarsi del fenomeno degli scioperi, particolarmente nel biennio 1901-1902, quando il settimanale manifesta un certo interesse per l’arbitrato obbligatorio (v. L’arbitrato obbligatorio nell’industria, 2 dicembre 1900; A proposito di scioperi: l’arbitrato obbligatorio, 19 maggio 1901; Il costo degli scioperi, 13 settembre 1903 e Scioperi in Lombardia nel 1904, 19 giugno 1904).

Nel complesso, non si sfugge alla sensazione che l’esplosione del movimento rivendicativo, a differenza di quanto avvenuto per gli esordi della legislazione sociale, colga impreparato il mondo imprenditoriale rappresentato dalla rivista. Ciò risulta confermato non solo dai mesti richiami al “costo dello sciopero”, ma dalla totale assenza di riferimenti all’unico strumento in grado di costituire una difesa efficace, cioè l’organizzazione sindacale degli imprenditori. Se nel 1901-1902 «L’Industria» mostra una sorta di agnostica attesa verso l’Ufficio del lavoro e il Consiglio superiore del lavoro, in seguito le critiche verso questo secondo consesso crescono fino a raggiungere, negli anni anteguerra, la natura di vere e proprie istanze di riforma (v. Il disegno di legge dell’Ufficio del lavoro, 23 e 30 giugno 1901). Inutile dire che il settimanale si associa alla proposta di riforma avanzata da Luzzatti nel 1914 (v. La giusta rappresentanza nel Consiglio del lavoro, 1° febbraio 1914).

Verso la fine della guerra, alcuni interventi sulla rivista evidenziano la disponibilità a grandi aperture in tema di orari, salari, tenore di vita, igiene, organizzazione del lavoro (v. C.M. Lerici, Un lato del problema operaio del dopoguerra, 11 luglio 1917; Attilio Mottura, Un lato del problema operaio del dopoguerra, 1° agosto 1917; C.T., Ancora un lato del problema operaio, 11 agosto 1917). L’interesse per tali questioni rimane vivo anche dopo la trasformazione dell’«Industria» in quindicinale, nel 1918, per quanto si esprima in un minor numero di articoli. In essi, peraltro, all’atteggiamento di apertura si va gradualmente sostituendo un senso di grande preoccupazione per la svolta in senso radicale di buona parte del movimento operaio. Almeno fino al 1920, vari articoli riguardanti le rivendicazioni sindacali operaie, l’evoluzione della legislazione sociale e lo stesso assetto economico e sociale complessivo, firmati da Francesco Magni, A. Mottura, Giuseppe Prato e altri, si sforzano di mantenersi su un piano ‘tecnico’ e propositivo, con frequenti riferimenti alla situazione internazionale. Il leit-motiv della tecnica come punto centrale di ogni discorso riguardante l’industria viene dunque ribadito anche di fronte ad avvenimenti che paiono spingere la riflessione in tutt’altro senso.

Dall’inizio del secondo decennio del Novecento, la linea impressa alla rivista da Tarlarini è volta in primo luogo a recuperare il primitivo schieramento protezionista dell’87, alimentando una polemica con Luigi Einaudi e con il gruppo torinese raccolto intorno alla «Stampa» (v. I prossimi trattati di commercio, 15 ottobre 1911; C.T., Il problema doganale, 17 gennaio, 31 marzo e 7 aprile 1912; Id., Il dazio sul grano, 21 settembre 1913; Intorno alla questione doganale. Il dazio sul grano, 11 e 28 settembre, 5 ottobre 1913; Id., Il libero scambio in Parlamento, 28 dicembre 1913, 4, 11 e 18 gennaio 1914). Altro obbiettivo dichiarato è sovrapporsi al lavoro della Commissione costituita per raccogliere dati al fine di formulare una proposta di modificazione della tariffa generale dell’87 (v. C.T., La questione doganale, 24 e 31 agosto 1913).

In questo quadro, nel luglio 1914, polemizzando con il «Corriere della sera», Tarlarini trova il modo di attribuire a Luzzatti una propensione antindustriale e filoagricola: v. C.T., Il grido dell’on. Luzzatti (19 luglio 1914); in un precedente articolo (Ancora della protezione doganale, 29 marzo 1914) egli si dice inoltre favorevole a un protezionismo permanente, criticando la presa di posizione di Einaudi del 15 marzo sul «Corriere della sera». Tale condotta continua anche durante il conflitto: v. C.T., La denuncia del trattato di commercio con la Germania (13 agosto 1916) e R. Broglio D’Ajano, Sulla politica commerciale del dopoguerra (22 aprile 1917), che paventa gli effetti del protezionismo francese e della “svolta” nella politica commerciale verso i paesi dell’impero che l’Inghilterra si appresta a intraprendere.

Con l’avvio del decollo industriale, gli schieramenti delle forze produttive si vanno complicando e non è agevole per la rivista, che pure rappresenta un circolo industriale milanese, riassumere le posizioni di gruppi che ormai agiscono autonomamente, dotati di proprie riviste di settore, compresi i cotonieri che pure tanto peso hanno nella conduzione dell’“Industria”. Tali forze vanno progressivamente determinando una nuova posizione nei confronti dello Stato, rafforzando le richieste di protezione doganale e di sostegno tramite commesse e favori, e accentuando d’altro canto la polemica contro le sue “inframmettenze” nella vita economica, il burocratismo, la voracità fiscale, la benevolenza verso il movimento operaio: v. C.T., Nichilismo governativo (16 aprile 1911), Delusione (21 maggio 1911), Assenza (15 ottobre 1911) e R. Broglio D’Ajano, Un pericolo (29 ottobre 1916).

Dopo lo scoppio del conflitto e durante la neutralità italiana “L’Industria” mantiene un atteggiamento assai prudente, dominato dalla preoccupazione per le sorti delle esportazioni (v. C.T., Guerra, 9 agosto 1914 e G.P., La Guerra e le nostre industrie, 30 agosto 1914). Di contro è pronta, dopo l’entrata in guerra, ad adeguarsi alla nuova situazione e ad adempiere ai nuovi “doveri di guerra”, peraltro assai remunerativi: v. C.T., Nell’ora solenne (23 maggio 1915), Doveri di guerra (20 giugno 1915) e I doveri civili della guerra (4 luglio 1915).

Dal primo dopoguerra il periodico cambia le sue connotazioni editoriali, orientandole verso una più delimitata funzione di carattere tecnico-scientifico; del Comitato di redazione entrano a far parte un gran numero di esponenti dell’industria e della finanza, della scienza e della cultura, del mondo parlamentare e della pubblica amministrazione. In questa fase la rivista si prepara insomma a svolgere un ruolo diverso, sviluppando l’intensa opera di analisi e diffusione di conoscenze che la sua “parte tecnica” ha già svolto per trent’anni. Nell’ottobre 1916 un “Comitato nazionale scientifico tecnico per lo sviluppo e l’incremento dell’industria italiana” designa proprio «L’Industria» a suo organo di stampa: dal numero del 29 ottobre tale qualifica va ad aggiungersi alla testata. Ne consegue una minore attenzione ai fenomeni economico-sociali a vantaggio degli argomenti tecnici.

Dopo la seconda guerra mondiale il periodico, tutt’ora pubblicato, è di ispirazione keynesiana.

A. Ac.

Raccolte: MI120: 1887-1930; 1932 (lac.); 1935-1945. MI007