697. Il Torrone

Dal 5 gennaio 1881 (a. II, n. 1) §L'agricoltore cremonese§.

Sottotitolo Periodico settimanale poi Giornale settimanale, agricolo, didattico, letterario, politico poi Giornale settimanale poi Giornale settimanale organo dell'Associazione elettorale agricola provinciale.
Luogo Cremona.
Durata 6 luglio 1880 (a. I, n. 1) - 9 marzo 1882 (a. III, n. 10*).
Periodicità Settimanale.
Direttore Nessuno, poi G.[iovanni] Pederzani.
Gerente Enrico Gandolfi poi Ercole Folci poi Enrico Gandolfi.
Stampatore Cremona, Tipografia e litografia Montaldi.
Pagine 4.
Formato 41x27 cm poi 45x30 cm.
Note Esce il martedì per i primi venti numeri. Poi passa al giovedì e, infine, al mercoledì. Un "Supplemento straordinario" è pubblicato con il numero 6 del 10 agosto 1880.

Settimanale di cronaca locale che riserva particolare attenzione all'economia agricola: "L'agricoltura, prima fonte di ricchezza pel Cremonese, e per l'Italia, sarà trattata a partita doppia, scienza e pratica […]. Non mancheranno i bollettini delle derrate, e dei mercati" (La Redazione, Programma, 6 luglio 1880). Serio è dunque il foglio di Cremona, al di là della presentazione e della veste - per non dire della testata - umoristiche: a consigli e rimedi in tema di coltivazioni dedica un apposito spazio, "L'agricoltura a spiccioli", a firma Don Rebino, mentre l'appendice è esclusivamente narrativa.

I collaboratori - tra i quali compaiono i nomi del prof. Giuseppe Pugliese, di Luigi Griffini e del dott. Grazzi Soncini - si occupano di Istruzione e agricoltura (Carlambrogio, 20 luglio 1880 e Grazzi Soncini, 30 dicembre), Degli istituti di credito fondiari (Gino, corrispondente da Roma, 31 agosto, 7 e 28 settembre 1880), dell'esposizione regionale di Cremona (Goose, 21 settembre e Griso, 5 e 19 ottobre), di statistiche sulla divisione delle colture (Don Rebino, Terreni cremonesi, 14 settembre) e di irrigazione (Terreni cremonesi, idem, 21 settembre).

Altri articoli esaminano quali difficoltà ostacolano lo sviluppo dell'agricoltura nella zona come nel resto del paese: cfr. la serie di inchieste sul Perché l'agricoltura nostrana non progredisce, di G. Pederzani (2, 9, 16 novembre, 9 dicembre). Raffrontando i dati sulle importazioni e le esportazioni dei grani in Italia e quelli sulla loro produzione, Don Rebino evidenzia come "ad onta di una produzione così meschina, abbiamo anche i terreni carichi d'un'imposta superiore a tutti gli altri paesi" (Il vessillo dell'agricoltore, 13 luglio); lo stesso autore espone altrove il suo originale punto di vista, in base al quale "se vi à [sic] in Italia l'agricoltura colle sue ottime proprietà e coi rispettivi proprietarii, mancano però i veri agricoltori a farla camminare sulla retta via" (Proprietari e proprietà, 20 e 27 luglio).

Il periodico pubblica anche documenti relativi allo studio o alla soluzione di problemi locali, come il Progetto per supplire alla deficienza dell'acqua d'irrigazione sul cremonese di Luigi Griffini (2 dicembre) e una Relazione sullo stato finanziario tra padroni e affittaiuoli nelle nostre campagne (23 dicembre).

Nell'Avviso pubblicato il 30 dicembre, la redazione informa i lettori che nel 1881 il giornale cambierà testata "senza però alterare il suo programma": pur "non legato a speciale opinione politica" esso, "nell'interesse puramente economico e amministrativo del paese, si occuperà della grande associazione politica fra gli agricoltori proposta e propugnata dal giornale «Il Villaggio».

La continuità tra la linea redazionale del «Torrone» e quella dell'«Agricoltore cremonese» è poi ribadita nell’articolo di presentazione che appare sul primo numero del 1881 (Ai cortesi lettori, 5 gennaio 1881). Forte della convinzione che “l’agricoltura è la prima industria italiana, fonte di qualsiasi altra che voglia trovare in paese gli elementi della propria sussistenza” (Ai nostri lettori, 17 febbraio 1881), la testata si fa interprete dei bisogni e delle aspettative della classe dei fittabili nei rapporti con i coloni e i proprietari terrieri. A questi ultimi in particolare, che in più occasioni vengono accusati di respingere tutte le innovazioni tecniche e le pratiche illuminate suggerite dai conduttori di fondi al fine “di migliorare le molte proprietà che fra noi purtroppo lasciano a desiderare” (Uno sguardo alla nostra agricoltura, 5 gennaio 1881), si imputa una generale ristrettezza di vedute, la mancata consapevolezza “che la più forte salvaguardia del loro diritto sta nel miglioramento delle condizioni del contadino, e che per facilitare questo occorre far patti più miti ai fittabili, onde questi a loro volta abbiano ad avere più largo margine per quelli; occorre che le abitazioni e le acque potabili sieno migliorate; occorre che facciano tutte quelle migliorie che ancora sono possibili per aumentare la produzione; occorre che cancellino dai contratti d’affitto il molino, il triste patto che obbliga i coloni a valersi esclusivamente di quelli da essi posseduti sopprimendo cosi la salutare concorrenza” (Questione seria, 20 gennaio 1881). Oltre l’incuria e l’avidità dei proprietari, un’altra delle cause che concorrono ad arrestare il progresso agricolo viene individuata nel colpevole disinteresse dimostrato dallo Stato verso i reali bisogni di quest’attività: gravata da un’eccessiva e iniqua pressione fiscale (si vedano in particolare le numerose prese di posizione contro la tassa di ricchezza mobile, 13 gennaio 1881 e seguenti), “la nostra agricoltura, messa a dura prova dalle masse di seta e riso asiatici che si versano sull’Italia, dalle enormi quantità di cereali e carni americane e russe che invadono i nostri porti, dal forte rialzo dei dazi doganali francesi e dagli effetti disastrosi dell’abolizione del corso forzoso, ha estremo bisogno di essere soccorsa” (Strano a dirsi, 5 maggio 1881). E proprio al fine di procurare una più giusta ed efficace rappresentanza degli interessi dell’agricoltura presso “i corpi deliberanti”, la rivista si fa promotrice dell’Associazione elettorale agricola, il cui intento programmatico è quello di “ottenere che in occasione di elezioni, generali o parziali, la classe degli agricoltori venga degnamente rappresentata in tutti i pubblici uffici amministrativi e politici” (Statuto dell’Associazione, 26 maggio 1881). In vista delle elezioni provinciali dichiara di scegliere i propri candidati fra gli agricoltori più colti, mettendo al bando il problema del colore politico, “sostenendo tanto il conservatore che il radicale se l’uno o l’altro saranno veri e sinceri amanti dell’incremento dell’agricoltura (Elezioni provinciali, 12 maggio 1881).

Per tutto il 1881 prosegue poi sulle sue pagine la polemica contro l’ottimismo espresso da Stefano Jacini nel Proemio agli Atti dell’inchiesta agraria sull’avvenire dell’agricoltura italiana e in particolare contro il giudizio sostanzialmente positivo nei riguardi dell’operato del governo e della classe dirigente: “Se veramente si ha a cura dell’agricoltura, perché si lasciano incolti enormi estensioni di terreno come, a mo’ d’esempio, gran parte degli Abruzzi e l’ormai celebre Agro romano?” (L’inchiesta agraria, 12 maggio 1881); e ancora: “Come mai a un progresso dell’agricoltura non corrisponde un progresso nella condizione economica degli agricoltori, che egli stesso dipinge a foschi ritratti?” (2 giugno 1881). In particolare qui si imputa al governo di sinistra di non aver voluto compiere un vero atto di giustizia tramite la perequazione dell’imposta fondiaria, tassa che “esercita una notevole influenza sul capitale, sul valore dei prodotti agrari e specialmente sui salari”. Sempre su questo argomento, in una serie di articoli che si succedono nel giugno e luglio 1881, vengono prese in esame e regolarmente confutate le ragioni che da più parti si adducono contro l’istituzione di un nuovo catasto uniforme per tutto il paese (Perequazione fondiaria, 30 giugno 1881 e seguenti).

Nei mesi che precedono la firma del trattato di commercio italo-francese del novembre 1881, di fronte alle agitazioni degli agricoltori francesi per ottenere una serie di provvedimenti protezionistici che, se adottati, sarebbero in grado di danneggiare gravemente l’esportazione italiana dei prodotti agricoli, si ritiene indispensabile l’adozione “di una condotta energica e risoluta dei nostri negoziatori”, tramite l’attuazione di una nuova tariffa generale fortemente protezionistica: “Aumentiamo i dazi d’importazione sui vini, sui panni, sui tanti altri generi che abbondano in Francia; sarebbe davvero una guerra pericolosa, che servirebbe però a tutelare l’indipendenza economica della nostra nazione” (La tassa sul bestiame e il protezionismo in Francia, 17 marzo 1881 e seguenti). A trattato stipulato si condanna la debolezza e la scarsa combattività dimostrata dal governo italiano in particolare riguardo alle tariffe sul bestiame, “compromettendo in tal guisa uno dei rami più importanti del commercio nazionale” (Il trattato di commercio franco-italiano, 1° dicembre 1881).

In più occasioni la rivista si occupa poi della questione della diminuzione del prezzo del sale: pur ammettendo che da questa riduzione proprio la classe degli agricoltori trarrebbe maggior vantaggio, non ritiene possibile per il già gravato bilancio dello Stato sopportare “una diminuzione annua di oltre 30 milioni. Abolire una tassa, gravosa per le classi più misere, senza sostituirla con un’altra che colpisca quelle più agiate, sarebbe un compromettere la patria nostra […] Si tassino allora le bevande spiritose: sarà questo il mezzo per raggiungere nello stesso tempo due scopi: punire il vizio ed arricchire il pubblico erario” (La riduzione del sale, 5 maggio 1881; e, ancora sull’argomento, Imposta sul consumo delle bevande alcoliche, escluso il vino, 12 maggio 1881 e Per la diminuzione del sale, 9 giugno 1881).

Alla fine del 1881 così si delineano le linee programmatiche per il futuro: “«L’Agricoltore cremonese», propugnatore indefesso del progresso agricolo e strenuo difensore dei diritti degli agricoltori, nel prossimo anno verrà svolgendo il seguente programma: agricoltura generale e questioni sociali alla medesima attinenti, agricoltura specialmente in ordine alla nuove scoperte di macchine e sistemi colturali; questione agricola cremonese che intitoleremo ‘proprietari e proprietà’, ‘proprietari e fittabili’, ‘fittabili e coloni’; bisogni dell’agricoltura cremonese in ordine all’istruzione, all’acqua di irrigazione, alle risaie e alla concimazione; cronaca agricola e commerciale; insegnamenti pratici; il campo, l’orto e il giardino in ordine ai lavori e alle semine; corrispondenza politico?agricola, rassegna dei mercati, cronaca cittadina e provinciale” (29 dicembre 1881).

Dal febbraio 1882 si dà inizio a una rassegna sulle principali colture della provincia cremonese, inaugurandola con una delle produzioni più remuneratrici, quella dei lino (Le nostre colture, 16 febbraio 1882 e seguenti).

A. Ac. e C. Ro.

Raccolte: MI120: 1880-1882.