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Carta donationis et offersionis

11<3>9 febbraio, Bianzone

Le sorelle Naluzia e Pagana de Turre figlie di Lafranco, di vico Arenato, insieme con i rispettivi mariti Arderico e Aledrano, donano all'arciprete e ai canonici del capitolo della chiesa dei Santi Gervasio e Protasio di Bormio la chiesa di San Siro di Bianzone, in Valtellina, nonché tutti i beni e i diritti legati alla medesima chiesa che sono a dette donatrici pertinenti. Alla presenza dei medesimi testimoni Pietro, detto Gambacurta, fa refuta nelle mani del sopradetto Giovanni, arciprete di Bormio, di quanto di sua spettanza in relazione a detta chiesa di San Siro.

Copia autentica del 1694 [C] di altra copia autentica deperdita del 1514 [B], APBNZ, fasc. non numerato con intitolazione 'Transumptum iuris patronatus ecclesiæ Santi Syri Comensis de loci de Blanzono, anno domini 1626'. Ampio regesto, APBRM, Registri su pergamena, 3 (1402), cc. XLIVv-XLVr [R]. Trascrizione di R e suo regesto, Ignazio Bardea, ACBRM, Memorie storiche (1766), I, pp. 140-141; citazione di R, APBRM, Registri su pergamena, 5 (1584), c. 5v [R] e ACBRM, Trascrizioni Giacomo Silvestri (sec. XIX in.), n. 675 (677), c. 1v.

Trascrizione (da R): QUADRIO, Dissertazioni, II, pp. 470-471 = FOSSATI, Codice diplomatico della Rezia, n. 57, pp. 211-212 = Gli atti privati milanesi e comaschi, IV, n. 884, pp. 615-616.
Regesto (da R): La visita pastorale di Feliciano Ninguarda, I, p. 341n (da Bardea, Memorie Storiche); SOSIO, Bianzone, p. 54 (con riproduzione fotografica di R); SALICE, La chiesa di San Siro di Bianzone, p. 263.
Cf. (riguardo a R): URANGIA TAZZOLI, La contea di Bormio, IV, p. 10; BESTA, Bormio antica e medievale, pp. 30-31; CERVERI, Bianzone, pp. 49-51; GARBELLINI, Rinascita di una chiesa, p. 1 (alla data 1108 febbraio 8).

La datazione cronica del documento (comunemente accolta al 1100 febbraio 8) pone dei problemi. Un primo dato da considerare è l'icongruenza del numero di indizione, che nel documento figura come seconda, mentre all'anno 1100 corrispondeva l'indizione ottava. Ugualmente appare incongruente una ipotesi di datazione al 1108, quando cadeva l'indizione prima. Ma il quadro, che potrebbe farci ipotizzare ad un errore materiale di computo da parte di Giovanni giudice e messo regio, ulteriormente si complica quando si prenda in considerazione il testo aggiunto dopo la completio. Infatti, vi si legge come alla presenza dei medesimi testimoni presenti alla donazione di Naluzia e Pagana, venga compiuta una refuta da parte di Pietro detto Gambacurta (uno dei testimoni presenti alla predetta donazione); destinatario ne è il medesimo arciprete di Bormio, Giovanni; ma la refuta è datata 1140 agosto 1, indizione terza (con perfetta congruenza dei dati cronici). Procedendo in questa riflessione, non pare del tutto infondata l'ipotesi di un guasto ovvero di una lacuna, all'interno del primo documento, nell'indicazione delle decine relative all'anno, guasto o lacuna poi passati alle successive copie; mentre octavo, che non pare potersi riferire al giorno del mese in un calcolo progressivo, risulterebbe indicatore dell'unità dell'anno. Dunque, l'ipotesi che appare più ragionevole è una datazione all'anno 1139, con uso dello stile del'incarnazione, computo fiorentino (e conferma pare venire dal fatto che in quell'anno, coerente con la data della refuta, effettivamente correva l'indizione seconda).
Riguardo alla redazione di B, del 1514 maggio 23, forse essa può essere ricollegata ad una prima fase di contenzioso -condotta dinnanzi al giudizio della camera apostolica- che vide contrapposti il capitolo di Bormio alla comunità di Bianzone in relazione al diritto di patronato sopra la suddetta chiesa. Una fase di rilievo della medesima controversia trovò certamente una 'tappa documentaria' significativa il 18 settembre 1534, allorché il capitolo di Bormio avviò una protesta contro la comunità di Bianzone, che proprio in quegli anni aveva iniziato a realizzare dei lavori di ampliamento e abbellimento nella chiesa di San Siro. In quella data il capitolo incaricò il canonico bormiese Francesco Sermondi di raccogliere i documenti comprovanti tale diritto (SALICE, La chiesa di San Siro, pp. 261-262). Nella circostanza venne predisposto un dossier -oggi conservato (sia pure in modo lacunoso) presso l'archivio parrocchiale di Bianzone- costituito da 15 copie autentiche. Il Salice informa che tra di esse vi era anche il documento qui edito, evidente punto di forza nella rivendicazioni dei diritti bormiesi: ma questo testimone risulta oggi deperdito (in quell'archivio il fascicolo, privo di numerazione e di intitolazione originale, è conservato dentro ad una busta gialla). Soltanto al chiudersi del secolo si ebbe la risoluzione definitiva del contenzioso, che terminò con la cessione del diritto di patronato da parte del capitolo di Bormio a favore della comunità di Bianzone (cf. il decreto del 1599 di Giovanni Turriano, nunzio apostolico presso i Grigioni, conservato presso quella parrocchia).
La cessione di tale diritto certo contribuì al sorgere delle nuove liti che per tutto il XVII secolo videro contrapposte la comunità di Bianzone alla vicina chiesa collegiata e alla comunità di Villa che ne rivendicavano il patronato. In quel contesto la chiesa di Bianzone si trovò avvantaggiata nel ricordare gli antichi diritti del capitolo di Bormio (ad essa ceduti). E nell'ambito di questo ulteriore contenzioso furono prodotte nuove copie degli antichi documenti, tra i quali anche la donazione qui edita: questo è il contesto di redazione di C, nel 1694.
L'ampio regesto del 1402 [R] fu invece redatto per volontà dell'arciprete di Bormio Giovanni de Capitaneis de Figino, nell'ambito delle attività di tutela e di rivendicazione dei diritti del capitolo della chiesa dei Santi Gervasio e Protasio (per maggiori dettagli si rimanda alla Introduzione generale). La conoscenza della donazione di Nalutiia e di Pagana a favore del capitolo bormiese entrò nella tradizione storiografica per il tramite di questo regesto quattrocentesco (mentre sino ad oggi era sconosciuta la copia autentica conservata presso l'archivio parrocchiale di Bianzone). Eccone il dettato: .MC., die octavo febr(uarii). Nalutiia et Pagana sorores et filiae condam ser Lafranci, de vico (R ripete de vico) Arenato, q(ui) dicebatur de Turre, dicta Nalutiia cum voluntate et consensu Arderci viri sui et Pagana similiter cum voluntate et consensu Alderani viri sui, omnes praedicti invicem consentientes absque violentia aliquali, ymo plene et libere potientes (così) pleno dominio et potestate ex divina inspiratione procedente, statuerunt et ordinaveunt et liberam donationem et resignationem fecerunt in manibus archipresbiteri et canonicorum ecclesie Sanctorum Gervasii et Prothasii de Burmio de ecclesia Sancti Siri de Blanzono Valisteline, cuius ecclesie praedicti fuerunt constructores et fundatores et dotatores, ita et taliter quod dictum capitulum teneat, possideat et de ea fatiat quicquid facere vult et intendit dicta ecclesia et de terris, vineis, pratis, campis, silvis, nemoribus ipsius ecclesiae per ipsos et per alios iudicatis et iudicandis, ita quod dictum capitulum teneatur facere celebrare ad dictam ecclesiam Sancti Syri et alia divina officia ibidem facere sicut decet, et similiter annuatim facere annalia pro animabus predictorum in die predicto, videlicet die VIII febr(uarii). Traditum per Iohannem iudicem ac regis missum notarium publicum et cetera.
Evidentemente il riferirsi della storiografia al solo regesto del de Capitaneis ha portato ad enfatizzare aspetti i quali, ad un riscontro con la copia autentica, non trovano corrispondenza. In primo luogo si fa riferimento alla diffusa convinzione che le due donne fossero state le fondatrici, costruttrici e dotatrici della chiesa di San Siro: cosa che non risulta nella donazione. Inoltre, la figura di Pietro detto Gambacurta, che pure deteneva dei diritti sulla chiesa di San Siro -da lui a sua volta ceduti al capitolo bormiese- risulta ignorata nella memoria quattrocentesca, e così pure dalla storiografia successiva. Infine, né l'obbligo del capitolo di Bormio di far celebrare i divini uffici presso detta chiesa di Bianzone né quello di celebrare annualmente l'anniversario a suffragio delle anime degli offerenti compaiono nella donazione.
Si segnala inoltre che la voce toponimica vico Arenato ha avuto differenti interpretazioni. Mentre negli 'Atti privati milanesi e comaschi' tale località è stata identificata in Renate (oggi in provincia di Milano), il Besta (Bormio antica e medievale, pp. 30-31) poi ripreso dal Salice (La chiesa di San Siro di Bianzone, p. 261), propone di correggere la lezione in vico Areciaco. I due studiosi identificano infatti Nalutiia e Pagana quali membri della famiglia dei de Areciaco i quali secondo il Besta «erano assai potenti in Valtellina, nel Chiavennate e in quello che poi fu detto il terziere di mezzo» (ma né in questo né in altri documenti noti sono presenti elementi di avvallo). Dunque non sono attualmente accertabili dati documentari che consentano di dirimere la questione in modo definitivo e di uscire dal campo delle ipotesi.
A conclusione di questa nota introduttiva, si segnala che D è piuttosto scorretto, anche nella logica del dettato. Ciò è testimonianza di difficoltà di lettura dell'antigrafo, probabilmente già accusata da C (a questo proposito, tra le carte della chiesa di San Siro di Bianzone, cf. il doc. al n. 1).

Anno ab incarnatione domini nostri Iesu Christi millesimo centesimo octavo, mense februarii, inditione secunda. Cum certum et manifestum sit secundum sanctorum Patrum decreta nullam ecclesiam Dei sub potestate alicuius laicę personę debere permanere, quapropter in Dei omnipotentis nomine ego Nalutiia (a) et Pagana, germanę et filię quondam Lamfranci de Vico Arenato, qui dicebatur de Turre, una cum Arderico iugale meo, quibus scilicet Nalutiię et cum Aledrano iugale meo quę supra Paganę, nobis quę supra Nalutiię et Paganę consentientibus ipsis iugalibus et mandualdis nostris, et una cum notitia ex propinquioribus nostris, quorum (b) nomina sunt Ardericus et Enricus suprascriptus, pater et filius, in cuius pręsentia vel testiu(m) certam facimus professionem et manifestationem quod nullam patimur violentiam ab ipsis iugalibus et mandualdis nostris, nisi nostra bona et spontanea voluntate hanc cartam (c) offersionis et finis et refutationis facere visę sumus in manum archipręsbiteri Ioannis invicem omnium prefatę ecclesię Sancti Gervasii et Protasii, quę est edificata infra locum de Burmio sito in Valletellina (d), nominative de ecclesia illa, quę est edificata in loco et fundo Blanzoni in honore Sancti Syri (e), et de omnibus immunitatibus, vineis et rebus teritoriis omnique usu et conditione nobisque (f) iugalibus pertinent(ibus) in ipsa ecclesia Sancti Syri de loco Blanzoni vel per ipsam ecclesiam omnia et in omnibus nobis q(ui) (g) supra iugalibus pertinent(ibus) ad ecclesiam vel in ipsa ecclesia inventa sunt, inintegrum; ea videlicet ratione hanc offersionem et finem et refutationem de prenominata (h) ecclesia sancti Syri (i) in manum archipręsbiteri Ioannis suprascripti ecclesię (j) rectoris facimus, quatenus ab hora in antea ipse archipresbiter et sui successores et prenominata ecclesia Gervasii et Protasii (k) in sua dispositione et ordinatione et potestate habeant et teneant pręnominatam ecclesiam Sancti Syri de Blanzono cum omni beneficio ad ipsam ecclesiam Sancti Syri de Blanzono pertinent(e) sine omni nostra contraditione (l) et nostrorum eredum (m), et quod ab hac hora in antea non sit licentia nec potestas nobisque iugalibus agendi nec causandi nec aliquam intentionem commovendi de pręnominata ecclesia Sancti Syri nec de aliquo beneficio ipsi ecclesię pertinent(e) contra ipsum archipresbiterum Ioannem vel suos successores vel contra ipsam ecclesiam Sancti Gervasii et Protasii de suprascripto loco Burmii; quod si unquam in tempore in antea nosque iugales vel nostri hęredes vel nostra summissa persona de predicta ecclesia Sancti Syri vel de aliquo beneficio vel aliquo usu vel conditione ipsi ecclesię pertinent(ibus) contra ipsum archipręsbiterum Ioannem vel suos successores vel contra ipsam ecclesiam et ipsi ecclesię provenientes agere vel causare vel aliquam intentionem commovere pręsumpserint (n), et iam dictam ecclesiam Sancti Gervasii et Protasii et ipsum archipresbiterum et suos successores et rectores ordinarios ipsius ecclesię pacifice et quiete tenere et possidere non permiserint (o), vel si ullum datum aut factum in aliam partem cui nos dedissemus aut faciemus (p), tunc compositionem promittimus nosque iugales vobis prenominatis ordinariis ecclesię Sanctorum Gervasii et Protasii denariorum bonorum libras centum, et post pene compositiones omni tempore tacituras, et hęc cartula offersionis et finis aut pro donationis omni tempore firma et stabilis permaneat. Accepimus nos prenominati iugales a vobis archipresbitero Ioanne et fratribus vestris saucios (q) in unum et tantum insuper quantum illis nobis (r) pro remuneratione vobis dare placuit, et ut diximus hęc cartula omni tempore firma et inconcussa permaneat; per pergamenum quod in (s) nostris tenebamus manibus, nos prenominati iugales, ut dictum est superius, in manum ipsius archipresbiteri ad pertinen(tiam) iamdictę ecclesię Sancti Gervasii et Protasii offerimus, nihil in nobis reservando vel retinendo de prędicta ecclesia vel de prędictis rebus ipsi ecclesię Sancti Syri pertinen(tibus). Actum loco Blanzoni. Signum manus suprascriptę Nalutiię et Arderci iugalium, et Paganę seu Alderani iugalis, qui hanc cartulam ut supra fieri rogaverunt. Signum + (t) Umberti seu Belonis atque Petri qui dicitur Gambacurta, testium. Signum + Arderici seu Enrici qui eas interrogaverunt et ad confirmandum manum posuerunt. Ego Ioannes iudex ac regis missus ut supra consensum (u) rogavi hanc cartulam, scripsi traditamque complevi et dedi.
Et in pręsentia prędictorum testium, per lignum (v) quod in sua tenebat manu, ipse Petrus qui dicitur Gambacurta refutavit et finem et per donationem fecit in manum archipręsbiteri Ioannis de Burmio quidquid sibi pertinebat de prędictis rebus sive de iamdicta ecclesia Sancti Syri, per pignus vel quoquo modo, ad partem suprascriptę ecclesię Sancti Gervasii et Protasii de loco Burmii, anno ab incarnatione domini nostri Iesu Christi millesimo centesimo quadragesimo, primo mense augusto, inditione tertia, vobis Obizoni missus presbiteri Rodulfi et presbiteri Damiani qui sunt officiales ecclesię Sancti Syri quę est (w) costituta in loco Blanzoni.

(a) -a corr. da -b o -l
(b) -orum corr. da altro gruppo di lettere.
(c) C certam
(d) -et- corr. da -is-
(e) -i corr. da -o
(f) -qu- corr. da altre due lettere illeggibili.
(g) q- corr. da altra lettera, come pare.
(h) p(re)- corr. da lettera principiata.
(i) Segue de Blanzono depennato.
(j) -ę corr. da altra lettera.
(k) Così C.
(l) C conditione
(m) C regum
(n) -serint corr. da altro gruppo di lettere.
(o) C promiserint
(p) Così C.
(q) Così C.
(r) C vobis
(s) Segue nostris depennato.
(t) In C si trova una V rovesciata, con un piccolo cerchio al vertice.
(u) Così C, con la seconda -s- corr. da altra lettera.
(v) C signum
(w) e- corr. da altra lettera principiata.

Edizione a cura di Rita Pezzola
Codifica a cura di Rita Pezzola

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