Lombardia Beni Culturali
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Carta donationis et offertionis inter vivos pro anima

1177 marzo 11, Milano.

Gregorio giudice detto Cacainarca, di Milano, dona inter vivos per la propria anima e per quella della moglie Sperla a Giacomo, abate del monastero di Morimondo, due appezzamenti di terra, aventi tre sedi di mulino, siti nel territorio di Ozzero, che aveva acquistato da Ribaldo del fu Obizzone de Grasso: il primo, ad tria Molendina, di quindici iugeri; il secondo, ad riale de Ona, di tre iugeri.

Originale, ASMi, AD, pergg., cart. 688 [A]. Copia semplice, BONOMI, Morimundensis, pp. 499-500, n. 200. Regesto, Catalogo, IV, fasc. 74. Nel verso annotazione di mano coeva: Car(ta) donationis quam fecit Gregorius Cagenarca in Ozino, così completata da mano del sec. XIII: de | petiis duabus terre cum sedibus tribus molen(dinorum), in Ozino; di mano X: [[...]] (non è possibile determinare l'estensione della lacuna, dovuta alla caduta della membrana) iudicatum de p(etiis) .II.; |[ad tre Molinis et ad riale] (il restauro è condotto sulla base del riscontro con l'annotazione della stessa mano presente nel verso del doc. n. 243) de Ona; sigla .f., di significato non perspicuo, identica a quella presente nel verso del doc. cit.; segnatura Bonomi: 200. MCLXXVII. Donazione.

Cf. CAVAGNA SANGIULIANI, L'abbazia di Morimondo, p. 598 (alla data 1177 maggio 11).

La pergamena presenta ampie rosicature e alcune lacerazioni, in corrispondenza di antiche piegature, che interessano la scrittura. Rigatura a secco.
La sottoscrizione del giudice Gregorio Cacainarca, autore della donazione, è autografa.
L'indisponibilità di un 'Repertorio' perfezionato rende alquanto difficile la distinzione - beninteso, in uno spoglio condotto sui materiali a stampa - tra Ambrosius de Valnexio e il figlio Ambrosinus/Ambrosius (che operano simultaneamente nel doc. qui edito al n. 263; cf. anche ASMi, AD, pergg., cart. 696, doc. 1182 ottobre 29). L'attività professionale del primo dovrebbe esaurirsi non molto oltre il 1180, ed è documentata soprattutto (ma si tratta evidentemente del periodo in cui si consolida l'uso di aggiungere il cognome nelle sottoscrizioni) nel decennio precedente: cf. a es. AMBROSIONI, Le pergamene della canonica di S. Ambrogio, doc. n. 110 (a. 1173); ZAGNI, Le pergamene di S. Giorgio al Palazzo, docc. nn. LVIII (a. 1170) e LXIX (a. 1179); BARONI, Le pergamene di S. Lorenzo, docc. nn. XXXVI (a. 1176) e XXXVII (a. 1178); ASMi, AD, pergg. 555, docc. 1170 ottobre 6 e 1178 ottobre 7. Già nel 1192 (ivi, doc. 1192 luglio 2) il figlio abbandona nelle proprie sottoscrizioni il diminutivo, rendendo possibile la confusione col padre e unicamente demandata alle caratteristiche grafiche e al signum la distinzione fra i due: la sua carriera professionale potrebbe dispiegarsi grosso modo tra il 1180 e il 1220 (attingendo anche il titolo di giudice e la carica di console nel 1211: cf. MANARESI, Gli atti del Comune di Milano, p. 559). Cenni sulle caratteristiche grafiche dei due notai in NATALE, Ricerche paleografiche, pp. 27 e 83.

(SN) In nomine Domini. Anno dominice incar(nationis) milleximo centesimo septuag(esimo) septimo, undecimo die mensis martii, indic(tione) decima. Tibi domino Iacobo, gr(ati)a Dei abbati | monasterii Sancte Marie de Morimondo, ad partem ipsius monasterii, ego in Dei nomine Gregorius iudex qui dicor Cacainarca, de civitate [M]ediol(ani), ad presens inter vivos |[dono et offero] petias duas terre cum sediis tribus molendinorum reiacentes in territorio loci de Ozano. Prima petia iacet ibi ubi d[icitur][ad tri]a Molendina; coheret ei: |[a mane et a meridie suprascripti] (a) monast[er]ii, a ser(o) de Picinis et eiusdem monasterii, a monte rivus, et est iugera quindecim. Secunda iacet ad riale de On[a][: a m]ane Ga(m)bararia, a meridie Ga|[st]aldi de Ozano, a ser(o) riale de Ona, a monte longoria Sancti Syri, et est iugera tria, vel si amplius inveniantur, inintegrum, sicut emi a Ribaldo filio quondam Obizonis de Gra|sso, ut in instrumento (1) uno e(m)ptionis (b) quod m(ih)i fecit de ipsis rebus continetur, ita ut am(od)o in antea prefatum monasterium seu cui pars ipsius monasterii dederit ha(bea)t et titulo dona|tionis teneat suprascriptas res, faciendum (c) exinde cum omnibus suis finibus et accessionibus quicquid voluerit, sine omni mea et heredum meorum contradictione. Quia sic (d) decrevit | mea bona voluntas pro remedio et mercede anime mee et Sperle uxoris mee. Act[u]m eadem civitate, in ecclesia Sancte Marie Yemalis, in choro Sancti Ambrosii.
(S) Ego Gregorius iudex a me factum s(ub)s(crips)i.
Sign(um) + man(uum)Guilielmi Cacainarca, Pinamontis Cotte atque Marcoaldi Rubei testium.
(SN) Ego Ambrosius de Valnexio sacri palatii notarius hanc car(tam) tradidi et scripsi.


(a) Il restauro tiene conto del doc. n. 24.
(b) -p- corr. da t, come pare.
(c) Non si esclude la lettura fatiendu(m).
(d) -c corr. su altra lettera.

(1) Doc. n. 243.

Edizione a cura di Michele Ansani
Codifica a cura di Gianmarco Cossandi

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