Lombardia Beni Culturali
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Cartula vinditionis

1105 novembre, Bergamo.

Gariverto del fu Bononus, di Sariola Lendinaria, dichiara di aver ricevuto da Pietro del fu Giselberto, dello stesso luogo, venticinque soldi milanesi di denari d’argento quale prezzo della vendita di un appezzamento di terra a campo sito in località Sariola Lendinaria, dell'estensione di tre pertiche e di tre tavole e mezzo.

Originale, BCBg, Collezione di pergamene, perg. 566 B (A). Nel verso, di mano del notaio rogatario: '§ Cartula Petri de Lendinaria §'. Segnatura settecentesca: '1105' e annotazione archivistica 'N(on) p(ertinet)'.

La pergamena, scurita da macchie diffuse su gran parte della specchio di scrittura, presenta alcune abrasioni di modesta entità in corrispondenza delle antiche piegature e un foro piuttosto esteso alla fine di r. 16 che interessa parte del dettato.
Del toponimo Sariola Lindenaria (ovvero Lendenaria) si ha notizia, per la prima volta, in una cartula vinditionis del 1074 (cf. Le pergamene, II/2, doc. n. 229). Nel documento qui edito (e almeno fino al 1158) esso risulta ancora accompagnato dalla qualifica di locus o di vicus, mentre nella seconda metà del XII secolo passerà a indicare uno dei canali d'irrigazione ottenuti dal corso del fiume Serio entro il territorio degli attuali Comuni di Seriate e di Orio al Serio (cf. MENANT, Campagnes lombardes, p. 120 nota 326, p. 186).
Il rogatario del doc. è Ardericus de Turre (Torre Boldone, Bg), la cui vicenda professionale, attestata con una certa continuità dalle pergamene bergamasche, è cronologicamente collocabile tra il 1072 e il 1115 (risulta defunto - non sappiamo da quando - nell'ottobre 1119, quando suo figlio Giovannibuono compie donazione in favore della chiesa di S. Vincenzo in Bergamo - cf. ACBg, n. B XVIII). L'attribuzione del cognomen, che Arderico, al pari degli altri scrittori bergamaschi di carte del periodo, omette costantemente nelle sue sottoscrizioni, è fondata su un elemento di critica esterno al presente doc. e suffragata dal confronto paleografico. Nel maggio 1086 Arderico giudice del fu Ariberto, da Torre, intesta all'altare di S. Silvestro, «quod est situm infra ecclesiam Sancti Vincentii Pergomensis», la proprietà di quattro appezzamenti di terreno arativo in Torre Boldone, località Cava Turta, Clausura que fuit quondam Ponzoni e Campo Malo, dell'estensione complessiva di venti pertiche e sei tavole, mantenendone l'usufrutto per sé e per i propri eredi, con l'impegno di corrispondere al servizio dell'altare medesimo un censo annuo di un sestario d'oro e quattro denari (Le pergamene, II/2, n. 154): ci rende sicuri dell'identificazione la sottoscrizione autografa vergata in testa all'apparato corroboratorio dall'autore della donazione, che esibisce peraltro, accanto al titolo giudiziale con cui figurava nel dispositivo, quello notarile tipico della sua attività professionale (Ego qui supra Ardericus notarius et iudex ad confirmandum subscripsi). Con la sola qualifica di iudex Arderico compare nelle numerose sedute placitarie degli anni '80-'90 dell'XI secolo accanto ad altri esponenti di quel notariato cittadino eminente (tra cui il già ricordato Lanfranco legis doctus/causidicus) che vive nell'éntourage del vescovo e ne interpreta fedelmente il corso politico e istituzionale. Tuttavia, diversamente dai professionisti della nuova generazione (che proprio durante gli ultimi anni di episcopato di Arnolfo si formano), Arderico resta orgogliosamente ancorato a più risalenti tradizioni culturali: la sua è la tipica semicorsiva evoluta dei notai e giudici bergamaschi del sacro palazzo, fortemente inclinata a sinistra e senza particolari scrupoli di natura estetica, che ha sì eliminato le tradizionali legature e adottato lettere tutte (o quasi) di modello carolino (l'eccezione più vistosa è senz'altro rappresentata dalle aste allungate e curve verso destra, spesso munite di creste assai pronunciate, come nei casi della b e della l), ma che, allo stesso tempo, aspira consapevolmente a porsi ai margini del circuito di moderni giuristi che frequentano la schola cattedrale, e le cui belle (e uniformi) minuscole posate sembrano dire di una sicura esperienza in fatto di codici. Una scrittura, la sua, che nell'ultimo scorcio dell'XI secolo è già definitivamente sclerotizzata, incapace di sopravvivere alla scomparsa dell'ultimo uomo di legge e di penna che se ne sia servito; l'ultimo, anche, a usare il signum tabellionale di vecchia tipologia, solo leggermente più elaborato rispetto a quello dei precedenti notai e giudici palatini, ma comunque ben diverso dall'emblema della comunanza professionale e culturale che caratterizza i nuovi notai detentori delle più importanti scribanie di Bergamo (il riferimento è soprattutto a Lanfranco e Arnaldo, su cui, rispettivamente, cf. note introduttive a docc. nn. 3, 13). Infine, rispetto alle carte da questi ultimi rogate, quelle del notaio e giudice Arderico presentano minimi (ma non irrilevanti) elementi di formulario che non trovano riscontri nella successiva produzione (un tipico protocollo che si esaurisce nell'indicazione cronica, senza l'invocazione verbale In Christi nomine; costante presenza dell'apprecazione Feliciter dopo la data topica), nonché peculiarità fonetico-grammaticali come Hanno in luogo di Anno, gianuari per ianuarii, agiere per agere; scempiamento delle consonanti doppie ovvero raddoppiamenti improprî - come in alliam, allienata, etc. Per approfondimenti su carriera, profilo culturale e fisionomia sociale di Arderico notaio e giudice si rinvia a DE ANGELIS, Poteri cittadini, in particolare pp. 225-232.
È usata l'indizione settembrina.

(SN) Hanno ab incarnatione domini nostri Iesu Christi mill(esimo) centesimo quinto, mense novembris, | ind(ition)e quartadecima. Constat me Gariverto, filio quondam Bononi, de loco Sariola qui dicitur | Lendenaria, accepissem sicuti et in presentia testium manifesto sum quod accepi a te Petro, | filio quondam Gixelberti, de s(upra)s(crip)to vico, argenti denariorum bonorum Mediolanensium sol(idos) viginti | et quinque, finito pretio, sicut inter nos convenimus, pro petia una de terra campiva (a) iuris mei | que abere viso sum in s(upra)s(crip)to loco Sariola Lendenaria. Coeret ei: a mane curit aqua, a mer|idie Dodoni, a sera mi(ih)i reservo, a montes Ioh(ann)i, et est per iusta mensura perticas trex | et tabules item trex et dimidia. Que autem s(upra)s(crip)ta petia de terra campiva, qualiter supra l(egitur), cum | superiore et inferiore seu cum ingresu et accessione sua in integrum ab ac die ti|bi qui supra Petri pro s(upra)s(crip)to pretio vendo, trado et mancipo, nulli allii sit vendita, donata, | allienata, obnoxiata, tradita nixi tibi qui supra Petri et cui tu dederis tuisque heredi|bus persistat potestatem, iure proprietario nomine, abendum et fatiendum exinde quicquit volue|ritis, sine omni mea qui supra Gariverti et heredum meorum contrad(ition)e. Quidem spondo atque promi|tto ego qui supra Gariverto, una cum meos heredes, tibi qui supra Petri et cui tu dederis tuisque heredibus | s(upra)s(crip)tam vind(ition)em, sicut supra l(egitur), omni tempore ab omni homine defensare; quod, si [defendere non] potuerimus, aut | si contra anc cartulam agere quesierimus, tunc in duplum s(upra)s(crip)tam vind(ition)em vobis restituamus sub estimatione | in consimile loco. Quia sic inter nos convenimus. Actum in civitate Bergamo. Feliciter. Signum # manus s(upra)s(crip)ti Gariverti qui hanc cartulam vind(iti)onis fieri rogavit. Signum ### manuum Frogeri, Petri, Grasemondi testium. (SN) Ardericus notarius et iudex scripsi, post traditam complevi et dedi.


(a) A ca(m)pia, qui e appresso.

Edizione a cura di Gianmarco De Angelis
Codifica a cura di Gianmarco De Angelis

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