Lombardia Beni Culturali
21

Sigualti patriarchae Aquileiensis privilegium

772 ottobre 13, Pavia.

Sigualdo patriarca di Aquileia, su istanza della badessa Anselperga presentata da Prandulo, cubicularius sacri palatii nonché preposito del monastero, prendendo il monastero sotto la sua protezione, stabilisce che nel monastero di <San> Salvatore di Brescia nessun sacerdote possa esercitare alcuna autorità, né celebrare le funzioni liturgiche se non invitato dalla badessa, la quale, dal canto suo, può rivolgersi a qualsiasi vescovo per gli ordini sacerdotali; stabilisce altresì che la badessa venga liberamente eletta tra le monache della comunità e non possa donare o alienare codici, vasi sacri o qualsiasi altro tesoro di proprietà del monastero.

Falsificazione in forma di copia semplice della metà del sec. X, ASBs, ASC, Codice Diplomatico Bresciano, busta 1, perg. XXI [F]. Copia semplice del sec. XVI, BQBs, Privilegia et collationes monialium S. Iuliae Brixiae, ff. 29v-30v [D]. Copia semplice del sec. XVII, BAMi, <PURICELLI>, Brixiensis monasterii olim Sancti Salvatoris nunc Sanctae Iuliae varia privilegia, ff. 169r-169v [G]. Copia semplice del sec. XVII, BAMi, <PURICELLI>, Brixiensis monasterii olim Sancti Salvatoris nunc Sanctae Iuliae varia privilegia, f. 201r [H]. Copia Odorici, busta 19.2. Regesto Astezati, pp. 63, 533, 544, 582. Regesto Cristoni, p. 1. Nel verso, di mano del sec. XII-XIII(?): § Preceptum Singualt patriarche, completata da mano del sec. XV-XVI: pro quod ordinatur | moniales impedire non posse quin conservari possint | et quomodo [[.........]] et eorum privilegia conservari debent; altre annotazioni di epoca moderna, tra cui segnatura Astezati: K fil. 1 n. 10.

Edizioni: MARGARINI, Bullarium Casinense, II, n. XIX, pp. 15-6 (alla data 774 ottobre 13); TROYA, Codice Diplomatico Longobardo, V, n. 967, pp. 667-70; BIANCHINI, Vindiciae canonicarum scripturarum, p. CCCLXXXVII; ID., Evangeliarium quadruplex, I, p. 10; PORRO LAMBERTENGHI, Codex Diplomaticus Langobardiae, n. 48, col. 90; MARCUZZI, Sinodi Aquileiesi, p. 319; SCHIAPARELLI, Codice Diplomatico Longobardo, II, n. 274, pp. 386-89 (S).
Trascrizioni: BAITELLI, Annali historici, p. 22; p. 42 (trad. it., alla data 772 ottobre 5).
Regesti: ODORICI, Storie Bresciane, III, n. XXXIX, p. 63; BETHMANN und HOLDER-EGGER, Langobardische Regesten, n. 491, p. 313; CIPOLLA, Fonti edite, n. 14, p. 44.
Cf. MABILLON, Annales ordinis S. Benedicti, II, pp. 181, 209; FONTANINI, Vindiciae antiquorum diplomatum, p. 156; ASTEZATI, Evangelistae Manelmi vicentini commentariolum, p. XX; MADRISII, S. Paulini patriarchae Aquilejensis opera, p. XIX; DE RUBEIS, Monumenta ecclesie Aquilejensis, coll. 325-27; ID., Dissertationes variae eruditionis, p. 278; MURATORI, Antiquitates Italicae, V, col. 1032; POGGIALI, Memorie storiche di Piacenza, II, p. 238; ODORICI, Antichità cristiane, pp. 9, 16; ID., Storie Bresciane, III, p. 63; BRUNATI, Vita o gesta di santi Bresciani, I, p. 247 (nota 3); PASCHINI, Note storiche, p. 11; KEHR, Italia pontificia, VI, 1, p. 322; CECCHELLI, Arte barbarica cividalese, p. 204; GUERRINI, Le proprietà fondiarie, p. 109; BOGNETTI, La Brescia dei Goti e dei Longobardi, pp. 455-56; ARNALDI, Da Berengario agli Ottoni, pp. 506-7; WEMPLE, S. Salvatore/S. Giulia, pp. 88 (nota 19), 93 (nota 47), 94.

La pergamena è interessata da una certa consunzione e da alcune rosicature lungo le antiche piegature.
Brunati e Odorici furono i primi ad avanzare dubbi sulla genuinità del privilegio; mentre Paschini e Kehr hanno espresso un reciso giudizio di falsità.
Il privilegio del patriarca Sigualdo ci è stato tramandato in una copia semplice, priva di elementi cancellereschi - sia a livello grafico sia a livello diplomatistico -, probabile prodotto di uno scriba poco abituato alle complicazioni formali tipiche del ductus cancelleresco (o notarile).
Numerose e convincenti sono le prove che inducono a considerare come spurio questo doc. esemplato prendendo a modello il privilegio (genuino) di papa Paolo I (doc. n. 9), come mostra chiaramente la stretta dipendenza del testo (evidenziata attraverso il corsivo).
In primo luogo, è manifesta l'ignoranza del falsario delle modalità di produzione documentaria della cancelleria aquileiese: la scorrettezza e l'accidentalità del dettato sono chiaramente frutto di un rimaneggiamento di formule inconsuete in età longobarda e testimone di una faticosa, quanto approssimativa, opera di assemblaggio. Basta osservare, ad esempio, l'intreccio di espressioni dell'arenga, della narratio e della dispositio (quantenus concordantibus ... quoniam vero ... quatenus ... quapropter piis desideriis ...), che nel privilegio paolino risultano invece disposte nel corretto ordine sintattico; mentre l'introduzione (dum nostra mediocritas ... subtilius elimata), che sembrerebbe rinviare a un sinodo tenutosi a Pavia, è il risultato di un confuso accostamento di frasi, mutuate probabilmente da un altro doc. successivo. Dal testo, parrebbe inoltre che il patriarca di Aquileia fosse fautore di un progetto di scisma dalla Chiesa Romana - in questo senso l'uso dell'appellativo servus servorum Domini suonerebbe come un'usurpazione della potestà primaziale generale -, portato avanti con l'appoggio del gruppo di potere collegato al re Desiderio, che non trova però altri riscontri storici; sebbene non si abbiano molte notizie sull'attività di Sigualdo come patriarca, sembra si possa comunque escludere l'esistenza di contrasti con la Sede Apostolica.
Quanto al contenuto, le uniche differenze con il privilegio di Paolo I riguardano la presenza della clausola che vieta alla badessa di alienare i codici, i vasi sacri o qualsiasi tesoro appartenenti alla comunità (nec hoc pretereundo ... donare aut alienare), indice probabilmente di tempi difficili, e della disposizione con cui si prescrive che l'elezione della badessa debba avvenire all'interno della comunità (si quando vero ... abbatissa obierit ... ex eadem congregatione ... eligant successorem). Quest'ultima precisazione non fa altro che esprimere sotto forma di divieto una prassi che il diploma di Desiderio, Adelchi e Ansa (quando necessitas fuerit abbatissa ibi ordinandum, ut de intra ipsa congregatione Deo digna persona eligatur, cf. doc. n. 3), e soprattutto i successivi diplomi di Lotario I (eligendi inter se habeant licentiam abbatissam, ut nostro consensu ex eadem congregatione ministram et rectricem atque gubernatricem secundum propositum atque institutionem domni Benedicti habere valeant, cf. doc. n. 26) e Ludovico II (habeant inter se licentiam eligendi abbatissam, quae secundum Deum et institutionem domni Benedicti ac iuxta constitutionem prioris regulariter eas gubernet et regat et iuxta Dei voluntatem ordinet, cf. doc. n. 32) presentano con preciso rimando all'osservanza della regola di san Benedetto, a garanzia del controllo esercitato dalla famiglia reale longobarda (fondatrice) e carolingia (ri-fondatrice).
A queste osservazioni, già di per sé sufficienti per classificare il privilegio come una falsificazione e non una copia semplice di un esemplare genuino deperdito, si aggiunga che nella datatio, nonostante si registra una concordanza tra il computo degli anni di regno e l'indizione settembrina, risultano inusuali le espressioni invictissimorum principum e in urbe regia in riferimento a Desiderio e Adelchi e alla città di Pavia; mentre tra le sottoscrizioni - le stesse del privilegio di Paolo I - suscita qualche perplessità la presenza dei vescovi emiliani Giuliano e Apollinare, poiché provenienti da una regione che non fu mai soggetta al patriarcato di Aquileia.
È possibile, come già ipotizzato da Paschini, collocare la redazione dello spurium al periodo di tempo tra l'896 e il 905, tra l'espansione del regno di Berengario fino all'Adda e il suo riconoscimento come re d'Italia.
Secondo Arnaldi, è inoltre possibile avanzare due ipotesi circa le ragioni della falsificazione, funzionale a una strategia fondamentalmente politica o alla riaffermazione e alla difesa dell'autonomia monastica:
1. Il privilegio potrebbe essere stato prodotto su ispirazione dello stesso re Berengario, il quale, inventandosi un legame antico e speciale con un patriarca aquileiese - anziché un pontefice o un imperatore -, che fu regolatore della vita e delle prerogative del monastero di S. Salvatore (poi S. Giulia) nel periodo di poco successivo alla sua fondazione, intendeva creare i presupposti per un rafforzamento del rapporto tra il cenobio e il Friuli, base naturale del suo potere.
2. Berta, figlia di Berengario, risulta menzionata, a partire dal 915, come badessa del monastero di S. Giulia; tuttavia non è chiaro se già in precedenza fosse stata presente nel cenobio anche come monaca. Infatti, se Berta fosse già una monaca, con l'inserimento nel testo della precisazione dell'obbligo di eleggere la badessa ex eadem congregatione si intendeva probabilmente eliminare altre eventuali candidature concorrenti estranee al monastero; al contrario se essa non fosse ancora stata monaca, la clausola assumerebbe allora i caratteri di una difesa elaborata all'interno dello stesso monastero contro le ambizioni di Berengario, il quale, assicurando alla figlia la direzione del prestigioso cenobio bresciano, mirava ad inserirsi nel solco di quella tradizione che aveva collegato le fortune del monastero alla munificenza e alla tutela esercitata dagli imperatori e re carolingi, unitamente alle loro figlie e consorti.
Si offre l'edizione di B, senza segnalare le varianti presenti nella copia seicentesca.

Sigualt (1) servus servorum D(omi)ni patriarcha. Dum nostra mediocritas ex felicissimo(rum) principum Desiderii et Adelgisi, una cum collegis nostris religiosissimis et sanctissimis episcopis ob totius ortodoxe ecclesię statum perventa fuisset, singula queque superflua, Deo auxiliante, subtilius elimata, poposcit a nobis veneratio tua, beatissima Anseberga abbatissa, per Prandulum cubicularium sacri palatii seu et prepositum monasterii vestri, ut venerabile eundem monasterium vestrum, quod situm est in urbe que dicitur Brixia, quod constat ad honorem D(omi)ni (a) Salvatoris constructum, privilegii insulis a nostra frueretur auctoritate; quatenus, concordantibus nobis reverentissimis episcopis nostris, ex communi adsensum eternale predicti oraculi robur stili nostri firmitas impertiret. Et quia semper sunt exibenda que utilibus fuerint in limationibus (b) impetrata, placuit ergo modis omnibus, ut pie devotionis imploratio salubri moderetur interventionis (c) adsensu; q(uonia)m vero conata est religio tua salubriter a nobis extorquere, quate[nus] prefatum monasterium Domini Salvatoris cunctaque (d) monasteria cum universis basilicis ad se pertinentibus, qui a piissime adque tranquillissime Anse regine iure constructum esse (e) noscitur, privilegiis sedis sancte nostre Aquiligensis, cui Deo (f) auctore deservimus, decoretur. Quapropter piis desideriis vestris faventes (g), hac nostra auctoritate id quod (h) recte exposcitur, effectui mancipamus; et ideo (i) omnem cuiuslibet ecclesie sacerdotem quamlibet ditionem habere prohibimus (j), ita ut, nisi ab (k) abbatissa monasterii fuerit invitatus, nec missarum ibidem sollemnitate quispiam presumat omnimodo celebrare, ut libere liceat sororibus (l) ibidem degentibus regularem normulam inviolabiliter observare. Sacerdotales vero ordines, a quocu(m)que et de quacu(m)que (m) civitate episcopo abbatissa voluerit, inreprehensibiliter ordinetur. Si quando vero, ut sunt humani generis casus, a[b]batissa obierit, non aliunde, sed ex eadem congregatione, religiosissime monache in loco defuncte abbatisse eligant successorem; illud videlicet addentes, ut quidquid ibidem iusto ordine a quocu(m)que episcopo vel a [qu]alibet persona inlata sunt seu futuris temporibus fuerint illatura, sive ex nostra ditione seu ex episcoporum (n) nostror(um) inmutilata modis omnibus valeant permanere. Nec hoc pretereundo esse conspicimus, ita ut abbatissa, que quocu(m)que in tempore fuerit, nulli licentia concedatur codices (o) aut vasa sacrata aut quolibet thesaurum ecclesie quoquomodo donare aut alienare. Si quis autem contra hanc nostram (p) serenissimam dispositionem temerarius ausibus adire te(m)ptaverit, eterno anathemate plectendos esse censemus. Conscripta huius privilegii seriem anno invictissimorum principum Desiderii et Adelgis .XVI. et .XIIII., sub indictione .XI. Dato Ticino, in urbe regia, .III. (q) idus octobris. Sigoald gr(ati)a Dei patriarcha in hoc privilegii textu a nobis salubriter elimatum manu propria subtus scripsi. Apolinaris Christi mi(sericordi)a indignus humilis episcopus in hoc privilegii textu manu mea subscripsi. Otto in Dei nomine episcopus in hoc privilegii textu manu mea s(ub)s(cripsi). Iulianus humilis episcopus in hoc privilegii textu manu mea s(ub)s(cripsi). Felix humilis episcopus in hoc privilegii textu manu mea s(ub)s(cripsi). Felix peccator episcopus in hoc privilegii textu manu (r) mea s(ub)s(cripsi).


(a) D- corr. da altra lettera, come pare.
(b) -m- su rasura di altre lettere, forse li.
(c) -venti- su rasura.
(d) -nc- corr. da altre lettere parzialmente erase.
(e) B e(st).
(f) -o corr. su e, segue m erasa.
(g) -s aggiunta in seguito dal copista, come pare.
(h) q- corr. da d parzialmente cassata.
(i) -o corr. su altra lettera, come pare.
(j) Così B.
(k) B om. ab.
(l) La prima r (maiuscola?) corr. da l.
(m) q- corr. da altra lettera, come pare.
(n) e- nell'interlineo.
(o) c- corr. da l cassata mediante dilavamento dell'inchiostro.
(p) n(ost)ram nell'interlineo.
(q) B .IIII., con l'ultima asta erasa.
(r) -u corr. su altra lettera, come pare.

(1) Sigualdo patriarca di Aquileia dal 762 al 768; cf. GAMS, p. 773.

Edizione a cura di Gianmarco Cossandi
Codifica a cura di Gianmarco Cossandi

Informazioni sul sito | Contatti