Lombardia Beni Culturali
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<Paschalis II papae privilegium>

1110 novembre 26, Laterano.

Pasquale <II> concede l'esenzione al monastero di San Lorenzo di Sondrio, il quale viene direttamente posto alle dipendenze della Santa Sede; inoltre, mentre concede a qualsivoglia vescovo il diritto di consacrare le monache, riserva al presule di Como il diritto di consacrare la chiesa.

Transumptum del 1638, ASDC, VP, b. XLII, p. 283 [C]; altro transumptum in lingua italiana (da copia quattrocentesca deperdita, autenticata da Melchiorre Pellizzari notaio di Como [B]) inserta nella 'Cronaca historiale' (sec. XVII ex.-sec. XVIII prima metà) [C], ora conservato in copia ottocentesca [D], ASSo, Fondo Romegialli, b. 22, fasc. 6, c. 2r, e in altra copia del 1918, autografa dell'«ingegnere Antonio Giussani, Como» [D'], ASDC, Curia, Religiosi, b. 34, p. 4.



Trascrizioni: QUADRIO, Dissertazioni, II, pp. 534-535; BESTA, I Capitanei, p. 274 (ambedue dal transonto in lingua italiana).
Regesto: JAFFÈ-L., -.

Cf.: MONTI, Atti della visita pastorale, 304n; BESTA, I Capitanei, pp. 273-275; BUSTAFFA, Il monastero di San Lorenzo di Sondrio; GUSMEROLI, Io stesso le zappai, pp. 110-111.


La redazione di C si colloca nel contesto della visita pastorale compiuta nel 1638 dal vescovo di Como Lazzaro Carafino (1626-1665). Non è possibile chiarire chi ne fu il redattore e neppure stabilire con certezza quale sia stato l'antigrafo. Con buona probabilità esso può essere individuato nella precedente copia quattrocentesca, attualmente deperdita, autenticata da Melchiorre Pelizzari notaio di Como [B]. E' invece certo che tale copia, da lì a cinquant'anni anni circa, avrebbe costituito il riferimento del transonto in lingua italiana conservato all'interno della 'Cronaca historiale' [C]. Infatti l'anonimo autore del memoriale, sempre attento a caratterizzare il singolo pezzo presentato, offre in merito una indicazione precisa: «privilegio, il cui originale non si trova, consumato dal tempo, ma una copia estratta da Melchior Pelizzari nodaro di Como con la sottoscrizione in forma».
Di Melchiorre de Pellizariis è noto che era figlio di Andrea di Sorico, sul lago di Como; è documentata la sua immatricolazione al collegio di Como pro secundo notario il 17 dicembre 1468 (ASCo, AN, vol. 109, c. 33v). Dalla medesima matricola citata risulta attivo ancora nel 1497 (MANGINI, Matricola notariorum, n. II, 176, p. 249). Le imbreviature di questo notaio sono attualmente irreperibili.

Già Enrico Besta si era posto il problema della genuinità del privilegio. A seguito di una succinta analisi del documento, affermava di propendere per una soluzione sostanzialmente positiva, pur constatando la natura di «un regesto un po' trascurato (...). A traverso la dizione volgare -scriveva il Besta, che si era potuto avvalere di D- s'intravedono le formule originarie latine che non paiono troppo disformi da quelle in uso nella cancelleria pontificia ai tempi di Pasquale II» (BESTA, I Capitanei, p. 273-275 (p. 274) ).
Tale riflessione pare essere condivisibile in via generale, anche a seguito del rinvenimento del testo latino all'interno della visita pastorale del 1638. Tuttavia, non appena si intraprenda un'analisi più puntuale, sono numerose le problematiche a rimanere irrisolte, tali da suggerire un atteggiamento di cautela.
Tale prudenza è suggerita in primo luogo dal rilievo di una traditio assai complessa e molto tarda, dalla constatazione di avere di fronte un transonto di qualità effettivamente mediocre. E con questa consapevolezza, ci si domanda se l'erroneo computo indizionale sia da attribuire alla negligenza di uno dei copisti.
In secondo luogo, anche il tentativo di inquadrare meglio questo privilegio da un punto di vista dei contenuti non conduce ad esiti definitivi. Da un punto di vista generale, esso pare collocarsi entro la cornice giuridica dettata dal canone 7 del concilio di Clermont, celebrato nel 1095, nel quale si legge: «Ut altaria congregationibus canonicorum vel monachorum per personas data, mortuis personis libera redeant in manus episcoporum, nisi fuerint illis eorum scripta vel privilegia confirmata» (MANSI, Sacrorum conciliorum, vol. XX, col. 817). Questa cornice canonico-giuridica sembrerebbe fornire una prova al dato della fondazione laicale del monastero, e pertanto a sostegno di quanto il documento tramanda. Tuttavia, se ci si domanda come tale 'fatto documentario' si collochi entro la maglia dei rapporti istituzionali della Chiesa di Como, non è formulabile una risposta soddisfacente. Appare infatti impraticabile, al presente, una analisi dei rapporti politici tra il pontefice ed il vescovo di Como, entro la più ampia inquadratura dei rapporti con l'Impero. La mancanza di studi sul vescovo Guido Grimoldi e l'assenza di edizioni delle sue carte rende complessa - allo stato attuale delle conoscenze - una analisi globale. Tale auspicata edizione, congiuntamente ad una ricerca relativa ai privilegi concessi da Pasquale II alle istituzioni della Chiesa di Como, potranno forse apportare qualche elemento nuovo per la risoluzione dei numerosi motivi di riflessione che l'analisi del documento pone. Per ora restiamo lontani dal poterli dichiarare risolti in modo definitivo.

Pascalis servus servorum Dei. Concedimus libertatem monasterio Sancti (a) Christi martiiris Laurentii de Sondrio quod Redulfus et Girardus et Guido et Ubertus (b) ei constituerunt. Statuimus quoque ut nullus episcopus aut ecclesia sive ulla secularis potestas hoc monasterium de suis bonis vel personis inquietare presumat, quod tantum eccelsię Sanctorum Apostolorum Petri et Pauli supponimus; huius atque monasterii conservandis personis permittimus cuilibet episcopo catholico consecrationem suscipere; altaris tamen consecrationem Comensi episcopo catholico concedimus. Ita quod quicumque inobedientes hoc nostrum decretum violaverint, nos eos percutientes auctoritate Sanctorum apostolorum Petri et Pauli anathematis vinculo nectimus, servantes vero apostolica benedictione protegimus. Anno ab incarnatione domini nostri Iesu Christi millesimo centesimo decimo, inditione quinta, sexto kalendas decembris. Scripta sunt hęe ad Latteranos.

(a) Segue in depennato.
(b) Così in D e D', con l'avvallo dei docc. qui editi ai nn. 1 e 2. In C Vitus

Edizione a cura di Rita Pezzola
Codifica a cura di Rita Pezzola

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