comune di Soncino sec. XII - 1757

Nel 1118 il comune di Cremona investì i “milites” di Soncino del feudo della stessa Soncino (Falconi 1979-1988, II, p. 106, n. 273); la prima attestazione sicura dell’esistenza del comune di Soncino risale al 1170, quando i consoli del castello di Soncino pronunciarono una sentenza tra un abitante di Soncino e i canonici del monastero di San Vincenzo di Bergamo (Galantino 1869-1870, III, p. 14, n. 9). Nel 1200 il podestà di Soncino ricevette l’investitura feudale del luogo da parte del comune di Cremona (Galantino 1869-1870, I, p. 43), mentre nel 1218 compare per la prima volta la credenza del comune di Soncino che giura fedeltà al comune di Cremona (Galantino 1869-1870, III, p. 21, n. 17).
Durante i secoli XIII – XIV il comune era governato dal consiglio generale, probabilmente formato da tutti i capifamiglia, che veniva convocato per risolvere le questioni più importanti (Galantino 1869-1870, III, p. 53, n. 38, documento datato 1341) e dal podestà citato anche in un documento del 1284 (Galantino 1869-1870, III, p. 35, n. 26). Nel 1329 Soncino divenne parte della dominazione viscontea (Galantino 1869-1870, I, p. 115)
Nel 1408 Giovanni Maria Visconti diede la contea di Soncino in feudo a Cabrino Fondulo (Galantino 1869-1870, III, p. 176, n. 60), mentre nel 1432 Soncino cadde sotto il dominio della Repubblica di Venezia (Galantino 1869-1870, I, p. 188).
Nel 1451 era parte del dominio sforzesco ed è elencato tra i “communia, fortilicia, terre et ville” separate dalla città di Cremona (Elenco comuni contado di Cremona, 1451); dopo la pace di Lodi (1454) Francesco Sforza confermò gli antichi privilegi sui quali si fondava l’autonomia del luogo da Cremona. Tra il 1499 e il 1509 Soncino tornò alla Repubblica di Venezia che riconobbe al comune il mero e misto imperio, l’indipendenza da qualsiasi città e confermò gli antichi statuti e privilegi. L’amministrazione politica e giudiziaria fu in questo periodo affidata a un provveditore veneto, accompagnato da un vicario; la difesa della rocca fu affidata a un castellano (Galantino 1869-1870, I, pp. 345-348). Nel 1509, in seguito alla battaglia di Agnadello, Soncino passò ai Francesi, che ne mantennero il possesso fino al 1512, quando ritornò agli Sforza, che confermarono i privilegi di autonomia di cui la comunità godeva; da questo momento in poi Soncino seguì quindi le sorti del ducato di Milano (Galantino 1869-1870, I, pp. 352-401). Nel 1536 i Soncinati giurarono fedeltà all’imperatore Carlo V e nello stesso anno la contea di Soncino fu eretta in marchesato e concessa in feudo a Massimiliano Stampa (Galantino 1869-1870, II, pp. 6-7). Dall’inizio del Seicento Soncino ebbe un proprio procuratore fisso a Milano, dato confermato anche dalla lettura dei 45 quesiti datati 1751(Galantino 1869-1870, II, p. 104; Risposte ai 45 quesiti, 1751; cart. 3053).
Il territorio del comune era suddiviso in quattro porte alle quali nel 1532 furono assegnati i seguenti nomi: la porta denominata “porta a mane” si chiamò porta S. Pietro; la porta detta “porta subtus” porta di S. Giuseppe a Capella; la porta detta “porta a sero” porta di S. Rocco a Capella, mentre la porta di S. Martino mantenne la precedente denominazione (Statuti 1532, p. 43, cap. LXI).
Dalle Risposte ai 45 quesiti emerge che il comune, “sempre stato totalmente indipendente, distinto e separato dalla sua provincia”, era infeudato al marchese Stampa al quale venivano corrisposte annualmente 3600 lire di imperiali secondo il privilegio concessogli dall’imperatore Carlo V insieme al marchesato di Soncino.
Il comune era amministrato da un consiglio generale e da un consiglio particolare o dei deputati. La redazione delle pubbliche scritture era affidata a un cancelliere, mentre il tesoriere espletava le operazioni relative alla riscossione delle imposte.
Alla metà del XVIII secolo il comune era sede di una pretura feudale il cui giusdicente era eletto dal marchese feudatario e approvato dal senato ed era obbligato a risiedere in loco; la comunità non gli corrispondeva alcun salario, ad eccezione di un pane mandorlato in occasione della sua assistenza alla congregazione del consiglio generale, nel quale si rinnovavano i deputati al governo e gli altri ufficiali della comunità e si stabilivano le imposte. Il console, tutore dell’ordine pubblico, prestava giuramento sia alla banca del feudo sia alla banca criminale dell’ufficio pretorio di Cremona.
Nel 1751 il comune aveva circa 3100 anime (Risposte ai 45 quesiti, 1751; cart. 3053).

ultima modifica: 13/10/2003

[ Valeria Leoni ]