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925. Francesco Sforza al podestà di Cremona 1452 novembre 21 Gambara

Francesco Sforza vuole che il podestà di Cremona si faccia dire dai «fideicommissari» del testamento del defunto suocero ai quali si rivolse l'uomo d'arme ducale Pellaloca per quale motivo non vogliono che detto Pellaloca abbia la casa e gli altri beni, già di suo suocero, che egli è disposto a comprare. Il duca vuole, inoltre, che si scopra a chi sono andati a finire i beni di Pellaloca che erano in detta casa.

Potestati Cremone.
Pellaloca, nostro home d'arme, ne dice che per vigore dela dote de sua muliere, chi fu fiola de Petro Bugiarino, et anche per la dote dela socera sua, la quale è tocata a lui, è creditore in li beni del dicto quondam Petro, suo socero, et, como quello chi è desideroso de stare ali servitii nostri et havere qualche capitale in li loci del nostro dominio, et maxime lì in Cremona, tractò cum li fideicommissari del testamento del dicto quondam suo socero de pigliare pagamento per questi suoy denari in una casa et altri beni derelicti del predicto suo socero. Li quali fideicommissari, segondo dice luy, gli promissero de fargli questo pagamento et da certo tempo in qua gli negano de farglo, dela qual cosa esso Pellaloca multo se agrava, parendogli sia facto più per iniuria che per altri, volendo luy exbursari il suprapiù dela valuta d'essi beni et dela casa, la qual cosa a nuy pare pur assay honesta. Pertanto, volendo nuy intendere questo facto, ti committemo habi da ti dicti fideicommissari et intendi se la cosa passa come esso Pellaloca dice et que rasone li move ad non volere dare questi beni, così al dicto Pellaloca como ad altri, volendoli pagare como è dicto. E del tucto avisane per tue lettere, interim, non permittendo se facia de ciò altra novitate per modo alchuno. Ceterum perché dice predicto Pellaloca che in quella casa haveva certa quantitate de roba, como da luy intenderay, la qual gli è tolta, volemo che diligentemente inquirissi et investigi, per ogni via te parerà expediente, de sapere et intendere chi ha havuto dicte sue robe, et provide gli siano restituite per forma non habia a farce altra lamenta, procedendo et faciendo de ciò condemnatione et punitione como la iustitia vole. Data Gambare, die xxi novembris 1452.