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2106. Francesco Sforza al luogotenente di Lodi 1453 giugno 16 "apud Senigham".

Francesco Sforza dice al luogotenente di Lodi di aver gradita la sua reazione durante la scorreria dei nemici, tuttavia non gli tace che le informazioni avute per altra via sono discordi dalle sue: il danno causato dai nemici è maggiore di quello da lui denunciato e, per darne un caso, i balestrieri presi gli risulta che non siano stati tre, ma dieci. Lo rassicura, poi, di aver fatto registrare, per la loro sicurezza nel caso fossero fatti prigionieri, gli uomini deputati alla guardia della riva dell'Adda nel libro dei provisionati ducali e dei soldati. A proposito della scorreria nemica, non può trattenersi dal deplorare quelli del vescovato di sopra: non hanno dato alcun allarme quando venne dato loro il salvacondotto, che il duca è intenzionato a revocare.

[ 446r] Locumtenenti Laude.
Havemo recevuto le vostre littere, date xii presentis, per le quale restiamo avisati dela coreria hanno facto I'inimici, et respondendo, comendiamo dela diligentia usasti per reprimere el loro impeto e farli vergogna, ma siamo informati per altri ch'el danno et iactura è stato maiore che non scriveti, et maxime dove diceti che sonno presi tanto tri balestreri de quelli del revelino: siamo informati che sonno dece. E per dirve el vero a noi non pare che ve movessevo bene a trari fora del dicto revelino tucti li balestreri ad uno tracto in questi tempi periculosi, como sentemo facessevo, e questo sia dicto perché un'altra fiata habiati advertentia. Ala parte de quelli deputati ala guardia dela rippa d'Adda, quali ne haveti mandati in scripto perché li faciamo descrivere nel libro deli nostri provixionati e soldati per loro secureza, quando gli accadesse per desgratia remanere pregioni, ve avisamo che l'havemo facto scrivere in modo che sta bene.
Ceterum, per tornare al facto dela correria hanno factal'inimici, non possemo fare che non se gravamo e doliamo de quelli del vescoato de sopra. Quelli non hanno avisato, como dovevano e como dicevano volere fare quando gli concedessimo el salvaconducto, e volimo che gli dicati che piutosto lo volimo revocarlo che vivere in questo modo, perché donde credevamo fare bene ali nostri per quello salvaconducto, gli fariamo male, e serisemo cagione dela loro comsomptione, perché non scoprendose l'inimici, como fo nostra intentione, quando concedessemo el salvaconducto, spesissemo coriamo simile mancamento. Data apud Senigam, die xvi iunii 1453.
Ser Iacobus.
Cichus.