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858. Francesco Sforza ad Alessandro Sforza (1452 settembre 3 "apud Quinzanum").

Francesco Sforza informa il fratello Alessandro di aver affidata ai Maestri delle entrate la vertenza, con minacce di rinunciare al dazio, dei dazieri alle entrate delle porte di Lodi perché i soldati introducevano in città uve, vino e altre vettovaglie ricusando ogni pagamento e a nulla era valso l'intervento di Alessandro. Consiglia il fratello di render noto ai Maestri delle entrate quanto egli gli ha scritto in proposito in modo possano giudicare al meglio.

Domino Alexandro Sfortie.
Ali dì passati, como tu say, li datieri del'intrate dele porte de quella nostra cità forano da nuy ad agravarse et domandarce restoro, mostrando etiamdio volere renuntiare al datio, dicendo che le nostre gente alogiano lì, portavano dentro uve, vino et altre vectualie et non volevano pagare datio veruno. Il perché te scripsemo che tu remediasse et deinde ne rescrivessi (a) haverli remediato in modo che più non se portava vino, né altre cose. Subsequenter sonno ritornati a noy essi datieri, significandone non essergli remediato, anci che pegio fano che prima; et ne hano sporta una supplicatione per tenore dela quale havimo commissa la causa ali Magistri del'entrate nostre como a iudici competenti, acioché essi datierii non habiano iusta cagione lamentarse. Siché scrivendoli noy che debano havere bona informatione de ciò hano supplicato essi datierii et de quanto tu ne hay scripto superinde, serà bene che tu avisi essi magistri de quanto hay scripto ad noy, acioché melio sapiano iudicare.
Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.

(a) ne rescrivessi ripetuto.