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1417. Francesco Sforza al luogotenente di Lodi 1451 gennaio 12 Milano

Francesco Sforza dice di concordare con il luogotenente di Lodi per quanto ha scritto a Giacomo Antonio Marcello circa le vicende delle merci dei suoi mercanti ad Abbadia Cerreto. Per quanto riguarda i provisionati che hanno scaricato una barca di frumento, gli ordina di recarsi sul posto e fare restituire ogni cosa. Se non sarà possibile, il duca interverrà scrivendo a Nicolò de Calcaneis, referendario di Piacenza, di trattenere la razione dovuta a detti provisionati, in modo da risarcire i danneggiati.

Ser Ventura, locumtenenti Laude (1).
Havimo recevuta toa littera et inteso quanto scrivi de quelli vostri merchadanti che sonno stati sostenuti con le merchantie ad Cereto et della littera haveti scripta ad messer Iacomoantonio Marcello, et cetera. Dicemo che hay facto bene, de tutto restamo advisati: aspectamo intendere la risposta et quanto sarà seguito. Alla parte delli provisionati che hanno scaricato una barcha de formento, et cetera, dicemo che vadi là et vogli fare restetuire dicto formento tolto alli patroni. Et in caso lo havesero consumato, noy scrivemo al referendario de Piasenza (2) che retegna quelli provisionati lo formento haveranno tolto, zoé altrotante, et sia dato alli patroni. Siché mandariti dicta littera al referendario et la lista de quelli haverà havuto lo formento, perché scrivemo renda quello formento che haveranno tolto et retegnase poy a loro de quello havimo scripto al dicto referendario gli sia dato.
Alla parte delli rubamenti se fanno, et cetera, dicemo che ve intendiati cum ser Andrea et vidiati haverene qualcheuno nelle mane. Data Mediolani, die xii ianuarii MCCCCLI.
Iohannes de Ulesis.


(1) Identificato come Ventura da Montesicardo, che secondo SANTORO (cfr. Gli uffici, p. 390) esercitava la carica di commissario di Lodi: la sua lettera di nomina (1452 gennaio 1) è tuttavia successiva alla data della missiva registrata e all'inizio della carica (1451 gennaio 1).
(2) Identificato come Nicolò de Calcaneis (cfr. SANTORO, Gli uffici, p. 491).