Liuto ad arco indiano

Cultura popolare del Beluchistan

Liuto ad arco indiano

Descrizione

Ambito culturale: Cultura popolare del Beluchistan

Cronologia: - ante 1953

Tipologia: strumenti musicali

Materia e tecnica: legno, pelle, corde di nylon, corde di budello

Misure: 57.5 cm (intero); 4.5 cm x 8.5 cm x 5.7 cm (manico); 9.7 cm (caviglie); 3.9 cm x 30 cm x 8.8 cm (cavigliere); 8 cm x 16 cm x 31 cm (cassa)

Descrizione: Sarinda ricavato interamente da un unico blocco di legno. Il breve manico è ricavato nello stesso blocco di legno; cassa con prospetto frontale a cuore, parte superiore più larga, membrana d'animale sulla parte più stretta. Entrambe le parti hanno uguale profilo disposto specularmente; tra queste, il corpo ha due profonde anse che si congiungono al centro con una sorta di costolatura che unisce i vertici delle parti aperte. La cassa, posteriormente, è sagomata ricurva e determina due aperture frontali: la più grande in alto è aperta tranne l'occlusione della tastiera, l'altra chiusa dal piano armonico in pelle animale. Il manico è sovrastato dalla scatola delle caviglie la cui estremità inferiore funge da capotasto; essa è di forma arrotondata, con un prolungamento assottigliato arcuato all'indietro nella quale si inseriscono le quattro caviglie più grandi per le corde principali e le altre due caviglie piccole per le corde di risonanza. Decorazione a piccoli cerchi riempiti di porporina argentea su tutto lo strumento; cassa decorata posteriormente con intagli a linee geometriche e lateralmente incisioni a fiori.

Notizie storico-critiche: Luogo d'uso: Pakistan, Afghanistan, India settentrionale, Nepal
La sarinda è un cordofono ad arco presente in Afghanistan meridionale, tipico delle etnie Pashtun e Beluchi (presenti anche in Pakistan), e diffuso, con vari nomi, nell'Asia meridionale tra l'Iran e l'India nord-orientale. Lo strumento si presenta in varie dimensioni e con importanti differenze nella qualità costruttiva; in Nepal soprattutto sono diffuse sarinde piuttosto rozze e poco standardizzate nei dettagli costruttivi, che peraltro convivono con strumenti di grande qualità, spesso arricchiti da pregevoli sculture; nelle molteplici varianti, ciò che è essenziale per l'identificazione dello strumento è soprattutto la cassa a forma di cuore, molto scavata lateralmente e dal fondo arrotondato (nell'India orientale le rientranze laterali si prolungano anche nel fondo), in cui solo l'estremità inferiore è coperta dalla membrana di pelle animale che funge da piano armonico. Il ponticello, appoggiato sul piano armonico, è di solito in posizione obliqua rispetto alle corde. Il manico è piuttosto corto e talvolta la tastiera (priva in realtà dei tasti) si prolunga nella parte superiore della cassa. Il cavigliere è piegato all'indietro; negli strumenti più elaborati, soprattutto nepalesi, è talvolta sormontato da sculture raffiguranti animali simbolici, come uccelli o elefanti; le caviglie sono inserite lateralmente. L'arco è curvo e piuttosto pesante. La sarinda viene suonata tenendola verticalmente appoggiata alle gambe e alla spalla del suonatore, con la stessa postura e la stessa tecnica dei sarang. Si ritiene che la sarinda derivi dal qobuz, cordofono ad arco degli sciamani dell'Asia centrale: confermerebbe tale ipotesi il fatto che in Beluchistan e in Sind essa sia utilizzata negli esorcismi e per curare stati di depressione. Nelle aree nord-occidentali la sarinda accompagna la voce o il flauto, in quelle nord-orientali può accompagnare la danza, talvolta insieme al dutara. Per i caratteri morfologici specifici e le decorazioni, lo strumento in questione appartiene molto probabilmente all'etnia Beluchi, e pertanto proviene dai territori ove questa è maggioritaria in Pakistan o in Afghanistan.

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