Giò Paolo Lesmi

ambito lombardo

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Giò Paolo Lesmi

Descrizione

Identificazione: Ritratto di Giò Paolo Lesmi

Ambito culturale: ambito lombardo

Cronologia: post 1619 - ca. 1624

Tipologia: pittura

Materia e tecnica: tela/ pittura a olio

Misure: 68 cm x 95,5 cm

Descrizione: ritratto a busto intero su fondo unito

Notizie storico-critiche: Ritratto a busto intero su fondo unito.
Giò Paolo Lesmi apparteneva a una delle famiglie più "cospique" della città di Monza, sebbene originaria di Lesmo (ASHSG XII, 543). Abitante in Contrada Sant'Agata (dove coltivava la vite e conduceva un allevamento di bachi da seta), Giò Paolo Lesmi esercitò la professione di medico fisico presso l'Ospedale di San Bernardo di Monza (Pennati G. 1987, p. 57). Con testamento del 18 marzo 1608 dispose quanto segue: se la propria moglie Marcellina Visconti avesse partorito un maschio, questi sarebbe divenuto suo erede universale e avrebbe dovuto provvedere alla madre e alla sorelle maggiori, Clara e Antonia. Stabilì inoltre che se una delle figlie fosse morta, consacrata o rimasta nubile, l'altra avrebbe ereditato solo metà del patrimonio e la restante parte sarebbe andata ad un istituto assistenziale cittadino (Crespi / Merati 1982, p. 62; Pennati G. 1987, pp. 38, 49 e s.). Poiché la moglie del testatore non ebbe altri figli e la figlia Clara scomparve in tenera età, l'eredità del Lesmi venne ripartita tra la figlia Antonia e l'Ospedale di San Bernardo, presso cui il testatore aveva prestato servizio (Pennati G. 1987, p. 49 e 57).
La bibliografia indica il 1610 come anno della morte del ritrattato; questa data discorda sia con l'anno riportato sulla targhetta metallica applicata sulla cornice ("1618"), sia con quello indicato sull'etichetta posta sul rovescio del ritratto ("1619").
L'effigie di Giò Paolo Lesmi venne realizzata in forma gratulatoria dall'ente che ricevette l'elargizione ed entrò a far parte della Quadreria del San Gerardo in seguito all'unificazione dei tre istituiti assistenziali allora presenti sul territorio monzese (Ospedale di San Bernardo, Ospedale di Santa Marta, Ospedale di San Gerardo), avvenuta nel 1770 per volere di Maria Teresa d'Austria (Colombo 2002, pp. 23-24).
Il nome del benefattore è inciso a caratteri dorati su una delle lapidi commemorative poste nell'atrio dell'edificio di Via Solferino. In assenza di una regolamentazione precedente, fu il Regolamento per le onoranze ai Benefattori del 1943/1945, a stabilire di "perpetuare la memoria dei benefattori dell'Ospedale" con l'incisione del nominativo, in nero o in oro, a seconda dell'entità della donazione, sottointeso che l'incisione in oro attesta una donazione più consistente (ADHSG 24/5).
Il soggetto è ripreso a mezza figura girato in leggero tre quarti verso destra. E' raffigurato un uomo nel pieno vigore dell'età, con barba e capelli bruni, che veste di nero indossando un giuppone abbottonato sul davanti e un mantello trattenuto elegantemente sul fianco dalla mano destra. L'abito è completato da un collare a lattuga scanalato come i polsini e portato in diagonale, com'era tipico nell'ultima fase del suo utilizzo, che corrisponde al secondo e terzo decennio del XVII secolo (Butazzi 2002, p. 122).
Questo particolare del costume è compatibile con un'esecuzione 'post mortem' compresa entro il terzo decennio del secolo, quale sia l'anno effettivo della morte del ritrattato. L'elevata posizione sociale del Lesmi è testimoniata dal sontuoso brillante che l'uomo porta al mignolo, mentre l'eleganza della posa, con la mano affilata e finemente chiaroscurata, e i lineamenti delicati del viso riflettono la nobiltà del personaggio e sanciscono un timido tentativo di resa psicologica, pur nell'ambito di una raffigurazione essenziale.
Nell'Archivio storico dell'Ospedale è stata trovata una lettera del 1829 indirizzata alla Sig.ra Claudia Bonavilla nata Lesmi in cui l'amministratore dei LL. PP. Luigi Fossati chiede di concorrere alla copertura delle spese necessarie per il restauro del ritratto dell'antico avo, che "così lacero e logoro dal tempo" non poteva essere esposto tra i ritratti dei benefattori nelle feste più solenni. La lettera venne indirizzata contestualmente al Rev.do Don Giacinto Amato perché s'interessasse a far eseguire il restauro. Nel testo si suggerisce di prendere accordi direttamente con il pittore Sebastiano Storace di Milano, che aveva già prestato i suoi servigi all'Ospedale "con soddisfazione" (ASHSG XIII, 543). Il 30 Luglio 1830 lo Storace informa l'Amministrazione di non esser ancora riuscito a trovare un accordo con la signora Bonavilla per il suddetto restauro (ASHSG XIII, 724).
In un secondo tempo, con una nota del 1836 (ASHSG XIII, 200), s'incarica lo stesso Storace di eseguire dei ritratti del Lesmi e di Giulia Rabbia "una copia da ridursi a dimensione degli altri grandezza figura intiera [...] al prezzo di lire 65 austriache per ciascuno compreso fodera e tellaro". Il quadro risulta consegnato e pagato in data 4 marzo 1836, anche se, sia nei documenti dell'archivio successivi che nella Quadreria ospedaliera non c'è traccia di un ritratto a figura intera raffigurante il benefattore. Di contro la tela in esame manifesta le stesse caratteristiche dei quadri foderati dallo Storace, per cui si suppone che sia stato effettivamente restaurato dall'artista.

Collocazione

Provincia di Monza e Brianza

Ente sanitario proprietario: A.S.S.T. di Monza

Credits

Compilazione: Mantovani, Gabriella (2007)

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