APOLLO COME DIO DELLE ARTI

Pippi Giulio detto Giulio Romano; Rinaldo Mantovano (attr.)

APOLLO COME DIO DELLE ARTI

Descrizione

Autore: Pippi Giulio detto Giulio Romano (1499 ca./ 1546), disegnatore; Rinaldo Mantovano (attr.) (/ ante 1546), pittore

Cronologia: ca. 1527 - ante 1530

Tipologia: pittura

Materia e tecnica: affresco; affresco finito a secco

Misure: 356 cm x 184 cm

Notizie storico-critiche: Il cornicione in stucco all'imposta della volta della loggia continua in corrispondenza delle due testate, suddividendo la parete in due parti distinte: una superiore lunetta e la sottostante parete vera e propria. La lunetta si compone di un dipinto ad affresco delimitato e impreziosito da una cornice in stucco modellata a bassorilievo. Soggetto della lunetta ad affresco della testata occidentale è Apollo, accompagnato dal cavallo alato Pegaso. Il capo coronato d'alloro, il dio delle Arti siede su un triclinio di roccia; un panneggio color giallo ocra scende dalla spalla destra, unendosi a un manto dai toni violacei che ricopre con ampie pieghe la gamba sinistra, distesa in avanti. Apollo è caratterizzato da alcuni specifici attributi allusivi all'invenzione letteraria e poetica: la mano destra solleva infatti una maschera teatrale con baffi e barba canuti e un candida penna; il braccio sinistro, morbidamente poggiato alla roccia, sostiene una siringa a sette canne, dalle quali fuoriescono rivoli d'acqua. Il fluido scaturente dallo strumento defluisce verso il basso, formando un vivace corso d'acqua: il rimando alla fonte Ippocrene, nata da un colpo di zoccolo di Pegaso sull'Elicona - secondo monte sacro alle Muse, con il Parnaso - allude all'invenzione e alla forza generatrice dell'ispirazione poetica. Analogo significato assumono lo stesso Pegaso, dipinto in secondo piano, e gli attributi presenti nella metà sinistra della lunetta: un albero di alloro con corona appesa a un ramo, un libro aperto e un calamaio posti ai piedi della divinità, su un rialzo roccioso. Il cavallo divino sembra tenere tra le fauci un rigoglioso ramo dell'albero al suo fianco, in probabile, ulteriore allusione al nutrimento spirituale dell'ispirazione. L'interpretazione del soggetto della lunetta è andata incontro a proposte differenti nel tempo: Hartt (1958) infatti, in linea con Intra (1883) e Davari (1904), vede nella figura protagonista la personificazione del "fiume Ippocrene"; una lettura accettata in anni recenti da Erbesato (1985) ma già messa in discussione da Verheyen (1977), che propone di leggervi la rappresentazione del dio Apollo (cfr. anche Oberhuber 1989, Jaeger 1994, Belluzzi 1998, Bazzotti 2004). Autore del dipinto, secondo la maggior parte della critica, è Rinaldo Mantovano, che Oberhuber associa all'opera in virtù delle affinità stilistiche con la lunetta di "Davide e Golia" nella loggia orientale del palazzo. L'affresco mostra un chiaro andamento delle giornate di esecuzione (dodici), procedenti dall'alto al basso e da sinistra verso destra, così delimitate: albero di alloro; libro e calamaio; piano roccioso sottostante; Pegaso con ramo, esclusa l'ala; braccio destro di Apollo con maschera; gambe con panneggio, busto e testa di Apollo, acqua sgorgante dalla siringa; parte di acqua sottostante il dio; ala di Pegaso; panneggio giallo di Apollo; estremità della siringa; braccio sinistro di Apollo; siringa e roccia fino alla base. L'uso dei cartoni preparatori consente di rilevare incisioni indirette a definizione, per esempio, della criniera e degli occhi di Pegaso, delle foglie e corona appesa all'albero, della maschera, del panneggio e della corona d'alloro del dio, delle canne della siringa. Crepe nell'intonaco si osservano su testa e muso di Pegaso, sul polso destro del dio e lungo il lato sinistro della maschera, sulla siringa e, soprattutto, alla base e nella parte inferiore destra della lunetta: in tale area, le fessurazioni ricorrono in corrispondenza di gravi lacune dell'affresco precedentemente integrate e, ora, cromaticamente virate. Numerosi i distacchi del supporto, concentrati in particolare in tale area della lunetta e lungo tutta la base dell'affresco. Isole di distacco si riscontrano anche sul muso del cavallo, sul gomito destro del dio, sul libro, sulla siringa. La pittura è fortemente impoverita, ad eccezione delle belle pieghe cangianti del panneggio del dio; le lacune deturpano il volto e il busto di Apollo e, in generale, tutta la parte destra della lunetta. La perdita delle finiture a secco ha reso piatti e uniformi il fogliame, l'acqua e le piume dell'ala di Pegaso, certamente evidenziate in origine da plastici tocchi di luce. La lunetta, sottoposta a recente pulitura (2004), soffre da molto tempo i danni del tempo e dell'incuria, come si evince da documenti del 1789-1790 (ASMn, Intendenza Politica, b. 222, fasc. 17), riferiti al contesto dei restauri da effettuare in numerosi ambienti della villa. Nel 1925 il custode e restauratore Dante Berzuini sottolinea che la lunetta, al pari di quella orientale, soffre di infiltrazioni di umidità, presentando numerose efflorescenze saline (ASCMn, V.3.1, n. 5, b. 1919-1930, 29 giugno 1925).

Collocazione

Mantova (MN), Museo Civico di Palazzo Te

Credits

Compilazione: Marocchi, Giulia (2011)

Aggiornamento: Pisani, Chiara (2011)

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