Quattro passi per Milano. Memorie di una città che cambia

Presentiamo questo itinerario nella speranza di destare nel lettore la curiosità di riscoprire Milano, attraverso un punto di vista storicistico e conservativo dell’architettura della nostra città. Si tratta infatti di una rassegna dei nostri più preziosi edifici del tessuto urbano milanese, pregni di storia ed esemplificativi dei vari stili che si sono succeduti nel panorama edilizio che hanno fatto grande e bella la città capoluogo della nostra regione.
Agostini, Giampietro. Milano. Castello Sforzesco.
Agostini, Giampietro. Milano. Piazza Duomo.
Interrogandoci su tale sfida, senza fare classifiche o dare giudizi di merito, abbiamo estratto i documenti emessi dalla Sovrintendenza nello scorso secolo, registrando l’attività vincolistica fino all’anno 2000. Presentiamo qui tali edifici vincolati, integrando la rassegna con altri altrettanto di rilievo presentati nella “Guida rossa” Touring, dedicata a Milano. Siamo coscienti di aver fatto una scelta, non certamente esaustiva, ma è un inizio da cui cominciare a interrogarci sul futuro della nostra città partendo dal passato. Spesso lavori come questi sono concepiti in momenti di crisi e di particolari ricerche identitarie. Oggi stiamo assistendo a fenomeni di cambiamento tumultuoso nel panorama urbanistico, spesso con stravolgimenti anche di intere parti di centro storico; e nello stesso tempo la città sta cercando di attrezzarsi per ospitare i visitatori di Expo 2015, ponendosi il fine di essere in grado di evidenziare le sue peculiarità. Un classico della letteratura storico-architettonica come “Milano nell’arte e nella storia” di Mezzanotte e Bascapè, parecchio consultato nella nostra ricerca, fu scritto per conservare traccia di alcune belle testimonianze urbanistiche dopo le distruzioni dell’ultimo conflitto bellico. E cosi si esprimevano lucidamente i due autori nella prefazione al testo: "Il disegno di questo libro fu concepito nelle notti apocalittiche del ’43, quando la città fu convertita in un baratro di rovine fumiganti… Così fu che gli autori di queste note si trovarono d’accordo… nel proposito di fermare senza indugio gli aspetti della città che si sfasciava, per conservare fin dove possibile integra la memoria ". Ancora prima della guerra, le cronache riportavano che sotto la furia modernizzatrice del Ventennio, si registrava la comparsa di interi quartieri quali Case Rotte, Tre Alberghi (area tra Piazza Missori e Piazza Diaz), Bottonuto (area retrostante alla Ca’ Granda che si allungava fino al sistema Palazzo Reale-Arcivescovado), Contrada dei Due Muri (già scomparsa per far posto alla Galleria Vittorio Emanuele II) della vecchia Vetra e del largo San Babila. Già durante il fascismo, la notizia della volontà di radere al suolo intere zone, assurse all’onore della cronaca per diversi anni, perché espressione di campioni, da una parte di una fanatica conservazione del “luridume” di certi quartieri, certamente non degni di una città moderna, dall’altro di certi ambienti caratteristici, incarnanti la vera anima di Milano. La prima tesi venne fatta propria dagli interessi del regime, la seconda tesi venne invece abbracciata dalla Sovrintendenza all’Arte più sensibile alla salvaguardia del paesaggio urbano. Insomma è chiaramente una storia che periodicamente si ripete in città come Milano, dinamica sia economicamente che socialmente, centro di appetiti e anche di esemplari casi di modernismo illuminato come dimostra certa architettura razionalista post-bellica. Anche nel nostro caso, dopo le modificazioni urbanistiche avvenute tra la fine del secolo scorso e questo inizio di millennio, i sopralluoghi sui luoghi oggetto di studio ci hanno mostrato realtà alterate, intorni sconvolti e poco rispettosi del bene culturale da preservare, nonostante i vincoli imposti, composizioni modificate da ingiustificati aumenti volumetrici, da cattive ristrutturazioni, dalle voragini dei parcheggi interrati e non ultimo da mediocri progetti realizzati sui sottotetti. Quello che si presenta oggi ad uno spettatore più maturo è uno skyline di Milano totalmente cambiato sotto la furia speculativa degli ultimi decenni che non ha rispettato nemmeno i tessuti di antica edificazione. C’è l’intento, in questo nostro modesto lavoro, di fotografare una situazione all’oggi, anche attraverso l’ausilio di fotografie e di documentazione inedita, quali le relazioni allegate ai decreti di vincolo. Vuole rappresentare un ulteriore strumento per gli studiosi della materia e uno stimolo, per il milanese distratto dai mille impegni quotidiani, ad uscire per visitare con occhio più attento, una città spesso pudica, ricca di particolari spazi privati, che si nasconde ai più.

Testo a cura di Robert Ribaudo pubblicato il 07/09/2012