192. Bollettino economico

Sottotitolo Di materie finanziarie, fiscali, doganali, servizi pubblici, ecc.
Luogo Milano.
Durata 10 giugno 1899 (a. I, n. 1) - 25 novembre 1900 (a. II, n. 12).
Periodicità Quindicinale.
Direttore Luigi Lago (direttore responsabile).
Stampatore Milano, Stab. Tip. Enrico Reggiani.
Pagine 16.
Formato 27x18 cm.

"La questione di politica è questione di finanza, la questione di finanza è questione di pubblica economia": con questa massima viene introdotta ai lettori la presentazione del periodico, il quale, "con buone intenzioni, da un punto di vista nuovo e popolare", si prefigge di "mettersi a disposizione degli osservatori-pratici in materie economiche (industria, commercio, spese, consumi, prezzi, dogane, servizi pubblici, tasse, ecc.)", in un momento in cui "sono oramai giunti al culmine i lamenti per le imposizioni che pesano su tutto: sugli oggetti di necessità, sul lavoro, sulle proprietà, su ogni minima operazione inerente il movimento degli affari come su qualunque utile iniziativa" (Ai lettori, 10 giugno 1899).

Voce di questa opinione pubblica settentrionale che agiva contro il "crispismo" pur rimanendo politicamente divisa al suo interno, il «Bollettino economico» si fa portatore dei comuni sentimenti d'avversione per le alte spese militari, la politica coloniale e in generale per ogni forma di statalismo accentratore e invadente. Presentandosi come rivista indipendente, libera da ingerenze politiche, "non volendo circoscriverci a interessi particolari, ma attenerci a quelli generali […] segnalando quello che fanno altri popoli e quello che è di ostacolo presso di noi ad un maggiore incremento della vita economica" (Ringraziamenti e raccomandazioni, 10 settembre 1899), contro i continui inasprimenti fiscali causa di tensioni sociali e di depressione economica (Le imposte. Stiamo peggio che in Russia, 25 luglio 1899; La nostra disinvoltura economico-finanziaria, 25 settembre 1899; La sincerità dei bilanci dello Stato, 25 luglio 1900), si arresta su una linea sostenitrice della necessità dell'introduzione di ferree economie nei bilanci, "come farebbe una qualsiasi istituzione privata che si trovasse ogni anno sbilanciata nel proprio esercizio […] senza di ciò il Paese continuerà a considerare il governo quasi un nemico, che lo vuole spogliare, e che invece di aiutarlo e di premiarlo per la sua attività e per i suoi sforzi, sta attento dove lo può colpire, rimanendo sempre nel dubbio che tanto denaro sia indispensabile e che vada speso bene" (Raggi di speranza, 10 dicembre 1899). In particolare, nonostante dopo la sconfitta di Adua le ambizioni imperialistiche del paese si fossero notevolmente ridimensionate, insiste sulla necessità di economizzare sulle spese militari, mettendo in guardia dalla speculazione industriale delle grandi officine estere "che inventano sempre nuovi mezzi di offesa di cui bisogna provvedersi, sotto pena d'inferiorità, per poi provvedersi anche dei conseguenti nuovi mezzi di difesa" (Finanza seria, 25 giugno 1899).

Strenuo sostenitore del valore dell'iniziativa dell'individuo come soggetto dell'attività economica, si batte perché questo sia meglio corrisposto nei suoi bisogni "a partire dai servizi pubblici indissolubilmente collegati al movimento degli affari" (10 dicembre 1899): elementi di progresso, civilizzazione, fusione materiale e morale, i servizi postali e ferroviari in particolare sono quelli che maggiormente necessitano non solo di "forti ribassi delle tariffe che siano di forte incitamento negli affari" (Tariffe postali, 10 giugno 1899; Sulle tariffe ferroviarie, 10 luglio 1899), ma altresì di un forte potenziamento quantitativo e qualitativo, pena la disaffezione dei committenti esteri "sempre più persuasi che con l'Italia è meglio non avere affari" (L'Italia ed i suoi mezzi di comunicazione, 25 gennaio 1900).

Attento all'andamento economico degli altri paesi europei, in particolare di Francia e Germania, e ai rapporti da questi intrattenuti con l'Italia tramite la stipulazione dei trattati di commercio, riguardo alle questioni economiche interne, il periodico prende ferma posizione sulla necessità dello sviluppo della produzione nazionale di grano, esprimendosi a favore dell'applicazione di una scala mobile in forza della quale il prezzo dei prodotti abbia a trovarsi in equa proporzione con quello del grano, e della riduzione del dazio comunale sulle farine, imposta che maggiormente grava sul consumo delle classi meno abbienti (N. Marzotto, La questione del grano e la scala mobile, 25 settembre 1900).

Tranne rare eccezioni (come il nome di Angelo Callin che compare con una certa frequenza), gli autori degli articoli si firmano con le sole iniziali, o vengono introdotti da una breve nota della direzione che li individua solo come "persone competenti in materia". La pubblicazione della rivista cessa infine nel novembre 1900 a causa, come spiega una breve e laconica nota, di circostanze particolari che hanno indotto il direttore, Luigi Lago, "a rientrare nell'industria militante […] mancandogli così il tempo di continuare il «Bollettino»" (25 novembre 1900).

C. Ro.

Raccolte: MI120: 1899-1900.