633. Rivista dei trasporti

Sottotitolo Organo ufficiale della Federazione dei trasporti e delle federate Unione italiana delle ferrovie d'interesse locale e di tramvie - Associazione tramviaria italiana - Associazione trasporti automeccanici poi Organo ufficiale della Federazione dei trasporti e delle federate Unione italiana delle ferrovie d'interesse locale e di tramvie - Associazione tramviaria italiana - Associazione trasporti automeccanici e società aderenti poi Organo della Federazione dei trasporti - Unione delle ferrovie d'interesse locale - Associazione tramviaria - Associazione trasporti automeccanici poi Organo della Federazione dei trasporti - Unione delle ferrovie d'interesse locale - Associazione tramviaria poi Pubblicato per cura della Federazione dei trasporti - Unione delle ferrovie d'interesse locale - Associazione tramviaria poi Ufficiale per gli atti della Confederazione nazionale fascista dei trasporti terrestri e della navigazione interna.
Luogo Milano.
Durata ottobre 1909 (a. I, n. 1) - maggio-giugno 1928 (a. XX, n. 5-6*).
Periodicità Mensile.
Direttore Carlo Sullam (redattore responsabile) poi Alfredo Del Vecchio (alternativamente indicato come redattore responsabile e gerente responsabile).
Gerente Alfredo Del Vecchio
Editore Federazione dei trasporti poi Associazione regionale lombarda dei trasporti.
Stampatore Milano, Tipo.-Lit. Rebeschini di Turati e C. poi Stab. Tip. La Stampa Commerciale poi Tip. Milesi e Nicola poi Tip. La Stampa commerciale poi Milano-Varese, Ind. Grafiche Amedeo Nicola e C. poi Milano, Stab. Grafico Reggiani poi Milano, S.T.I.G.E., Società Tipografica Italiana Grandi Edizioni.
Pagine Da 16 a 40 (+ da 8 a 12 di inserzioni pubblicitarie)
Formato 26x18 cm poi 34x24 cm.

Organo ufficiale della Federazione dei trasporti e delle società federate “riunite in un programma comune da spiegare nelle questioni d’interesse generale, sia nei rapporti reciproci e sia ancor più in quelli colle autorità governative e locali, tecniche e amministrative” (Ai nostri lettori, ottobre 1909), la «Rivista dei trasporti» nasce in sostituzione dei singoli bollettini da queste finora pubblicati, col proposito di aiutare e favorire lo sviluppo dei moderni mezzi di trasporto, riportando “le relazioni delle commissioni nominate per l’esercizio di questioni tecniche o amministrative, le memorie, gli articoli e le informazioni sulle questioni riguardanti i trasporti, le notizie desunte dai giornali affini, insieme coi verbali delle assemblee e dei consigli”.

"Notiziario", "Note di giurisprudenza", "Documenti ufficiali" e "Atti ufficiali della Federazione e delle associazioni federate" sono le principali rubriche fisse della rivista, a cui si aggiunge dal settembre1910 "Descrizioni di ferrovie elettriche in esercizio", avendo ormai raggiunto la questione delle ferrovie e tramvie extraurbane elettriche una grandissima importanza non solo nei casi di costruzioni ex novo ma anche per tutte le trasformazioni dovute alla progressiva sostituzione della trazione a vapore con quella elettrica.

Provvedimenti d’ufficio e d’ordine tecnico, provvedimenti in materia tributaria e d’ordine giuridico in relazione alle ferrovie secondarie, alle tramvie e ai trasporti automeccanici portati avanti dall’azione delle rispettive associazioni formano la materia principale della rivista, che non dimentica di “alzare una vibrata voce di protesta ogni qualvolta le industria ch’essa rappresenta siano minacciate da troppo rigide disposizioni legislative o da nuove vessazioni fiscali che ne mettono a repentaglio la vita” (1914, 25 gennaio 1914). Per una conoscenza dello svolgimento storico, tecnico e legislativo dei trasporti ferroviari, tramviari e automobilistici si segnalano gli scritti: S. Bullara, Le strade ferrate nel primo cinquantennio del regno (1861-1911) che “non rappresentano solamente una funzione industriale, ma costituiscono uno, e non il minore, dei fattori di tutta l’economia del progresso dell’unità e della grandezza di una nazione”; L’attuale legislazione tramviaria italiana, ottobre 1909; Le tramvie in Italia, marzo 1910; Ambrogio Campiglio, Le nuove disposizioni di legge e di regolamento per la circolazione delle automobili in Italia, dicembre 1909; A. Campiglio, Servizi di trasporti con automobili in Italia, marzo 1910; Sguardo sulle cause della passata crisi automobilistica, giugno 1911; pubblicazione della legge 30 giugno 1912 n. 739 concernente la circolazione degli automobili.

Grande soprattutto è l’attenzione dedicata alle questioni riguardanti le ferrovie locali concesse all’industria privata: “Dal 1873 a questa parte assistiamo in Italia ad un succedersi di leggi in materia ferroviaria, che rappresentano una serie di sforzi per sviluppare le ferrovie secondarie e dotare di mezzi celeri di comunicazione le regioni non servite dalla rete principale, ed è certo necessario il passarle di volo in rassegna per trarne qualche ammaestramento nell’ordinamento che converrà dare al ministero delle ferrovie che si vuole istituire” (A. Campiglio, Le ferrovie locali concesse all’industria privata in Italia. Storia e considerazioni, febbraio 1910; Riguardo alle ferrovie locali concesse all’industria privata in Italia, giugno 1910). Circa questo argomento, la questione maggiormente trattata è quella tributaria, discussa in numerosi articoli che mettono in evidenza l’eccessivo numero di tasse che grava sull’esercizio ferroviario concesso all’industria privata: “Astrazione fatta dalle partecipazioni stabilite dal Governo per convenzioni, sui prodotti lordi e sugli utili netti, vi sono quelle generali, riferentisi alla costituzione delle società, alla circolazione di titoli, agli utili netti di bilancio; quelle di ricchezza mobile sugli stipendi e paghe del personale, la tassa di pesi e misure, le tasse camerali e le tasse di esercizio. Vi è ancora però una seconda sequenza di imposte che pesa in modo anormale sull’esercizio ferroviario, e che per esso hanno speciali inconvenienti, e sono: tassa sui terreni, sui fabbricati, sui trasporti viaggiatori e merci a grande velocità, sui trasporti a piccola velocità, tassa fissa ordinaria, di bollo, sui biglietti dei viaggiatori e sui riscontri per il trasporto delle merci, tassa di bollo straordinaria e tassa di bollo proporzionale sugli abbonamenti” (A. Campiglio, La questione tributaria nelle ferrovie italiane, 15 febbraio 1912).

A partire dal 1914 la rivista acquista una nuova veste grafica che impronta l’organizzazione interna delle rubriche a criteri di migliore leggibilità: “Ferrovie”, “Tramvie”, “Navigazione”, “Automeccanici”, scandiscono con ordine la trattazione delle materie trattate, a cui si aggiungono dal giugno 1915 “L’industria dei trasporti ed i provvedimenti per la guerra” e nel 1916 “I conflitti del lavoro e le organizzazioni”, che tratta dell’azione svolta dalle organizzazioni operaie in merito all’industria dei servizi pubblici e dei trasporti. In questo periodo, oltre a Ugo C. Casalis, principale firma della rivista è quella di Ambrogio Campiglio, per lunghi anni alla presidenza della Federazione dei trasporti e delle federate Unione italiana delle ferrovie d’interesse locale e di tramvie e Associazione trasporti automeccanici (sulla sua attività si veda il lungo necrologio apparso sul numero del giugno 1918, Per Ambrogio Campiglio, firmato da Filippo Tajani, nuovo Presidente della federazione).

Sul numero del giugno 1914 viene pubblicato il testo della legge n. 912 sull’equo trattamento del personale addetto ai pubblici servizi di trasporto, inaugurando sulle pagine della rivista una lunga serie di interventi sul problema dei rapporti fra l’impresa e la prestazione d’opera dei suoi dipendenti, problema “al quale massimamente si collega il buon andamento dell’azienda”. L’aumento generale del costo della mano d’opera nell’industria dei trasporti viene infatti considerata la causa principale del progressivo aumento delle spese gravanti sull’esercizio ferroviario e della conseguente diminuzione degli utili.

Mentre nelle altre industrie l’aumento del costo della mano d’opera conduce ad una corrispondente diminuzione della stessa, colla sostituzione del lavoro meccanico e con l’aumento dei prezzi di vendita, l’industria dei trasporti non può compensare gli aumenti di spesa con aumenti di tariffe, sia per la concorrenza esercitata da altri mezzi di trasporto, sia perché impediti da tetti tariffari portati da capitolati di concessione o da ingerenze governative o locali tendenti ad ostacolare le modificazioni di patti fissati in tempi meno rovinosi per le società ferroviarie: “le condizioni di quest’industria, in Italia, andarono così man mano peggiorando, ed i coefficienti di esercizio, anziché discendere coll’aumentare del traffico, andarono elevandosi, mentre in proporzione scemavano i profitti, così da determinare un’inquietante diffidenza del capitale sull’industria ferroviaria, non meno che su quella tramviaria” (A. Campiglio, Prefazione ed esposizione riassuntiva, 31 gennaio 1915). Al fine quindi di mettere al corrente la pubblica opinione sulle reali conseguenze della questione dell’equo trattamento, il 31 gennaio 1915 esce un numero speciale che dedica interamente all’argomento ben 150 pagine, raccogliendo tutto ciò che si riferisce alla preparazione e all’approvazione della legge relativa (dal disegno di legge presentato in Parlamento il 30 marzo 1912, al testo definitivo della legge, alle successive discussioni alla Camera dei deputati), a cui si aggiunge la pubblicazione di numerosi articoli contenenti giudizi in vario senso sulla questione tratti da svariate testate specialistiche. L’insufficiente rimunerazione del capitale nell’esercizio ferroviario è quindi questione alla quale si ritiene che il governo debba opporre efficaci provvedimenti ispirati alla tutela degli interessi dell’impresa: le richieste, che pure prevedono alcuni limitati contributi finanziari da parte dello Stato per salvare le aziende maggiormente in crisi, si indirizzano soprattutto nel senso di volere consentire al concessionario “di limitare industrialmente tutte le sue spese, non escluse quelle per il personale, dacché è inconcepibile che per aziende che versano in tali condizioni il Governo insista a voler mantenere il trattamento del personale in analogia a quello delle Ferrovie dello Stato (Sulle critiche condizioni di alcune società di trasporto, 31 maggio 1917).

Anche la guerra, che invece rappresentò per molte industrie una eccezionale fonte di lucro, si ripercuote negativamente sugli affari delle private società di trasporti, costrette ad attenersi, per quanto riguarda il regime dei prezzi, alle restrizioni dell’autorità tutoria, senza contare che per alcuni servizi, come quello viaggiatori, un aumento delle tariffe avrebbe comportato unicamente la restrizione della domanda. Gravata inoltre dall’elevato costo delle materie prime, dalla difficoltà di approvvigionamento di legname, ferro, carbone, materiali metallici d’ogni genere, dall’assorbimento completo delle officine per i bisogni della guerra, l’industria dei trasporti sprofonda nel periodo bellico in una crisi che sembra destinata a permanere anche a conflitto finito: “Il primo provvedimento da prendersi per quella che si vuole chiamare la ricostruzione del dopoguerra è dunque il rifornimento del materiale, pel che è necessario un vero censimento dei bisogni. Ma non basta, bisogna apprestare i mezzi: alle società che non potrebbero con le loro risorse acquistare materiali di armamento per rinnovare i propri binari, per accrescere la quantità del materiale mobile, lo Stato deve dare larghi sussidi senza ritardi e taccagnerie. Ma stabilita la quantità e la qualità dei materiali occorrenti, bisogna ancora provvedere alla loro fabbricazione, mobilitando le officine adatte e creando tipi unici, ricorrendo insomma a quello che gli americani chiamano ‘standardizzazione’ e che è la chiave del buon mercato della produzione di oltre Atlantico […] Un’altra necessità è quella che la legislazione sia modificata, e tornare alla legislazione antica, chiara e schietta della legge del 1865: sta bene che nei servizi pubblici non si può prescindere dall’intervento statale, ma questo intervento deve avere però unicamente carattere di sorveglianza, tutela, aiuto” (La guerra, il dopoguerra e la privata industria dei trasporti, luglio 1918 e ancora, sulla questione, Crisi ferroviaria, gennaio 1920).

All’inizio del 1921 vengono introdotte nella rivista importanti innovazioni, nel proposito di dar vita ad un vero periodico specializzato e di diretta utilità dedicato all’intero campo economico dei trasporti: “Cominceremo intanto a restringere le pagine dedicate alla parte tecnica per dare maggior campo alle notizie utili, riportando le disposizioni in materia tariffaria sia delle Ferrovie dello Stato che delle secondarie in modo da diffondere la rivista anche presso il ceto commerciale e industriale” (s.t., gennaio 1921).

Nel primo periodo postbellico continui si susseguono gli articoli contro lo “statismo”, l’eccessiva ingerenza del fattore politico nelle questioni economiche, “cioè il sistema dell’amministrazione disinteressata che ha raggiunto il vertice durante la guerra, vera malattia economica che ha cagionato danni incalcolabili” (La parabola dello statismo, ottobre 1919): “Tutto è politico: i prezzi sono politici, e cioè assurdi, i salari politici, cioè insostenibili; i lavori pubblici più che mai ispirati alla politica e purtroppo non si parla che di politica ferroviaria, politica del lavoro e via dicendo. E la politica nelle questioni economiche vuol dire rinuncia al buon senso, abbandono dei principi di saggezza e di prudenza, cecità assoluta” (Il fattore politico, gennaio 1921; approfondiscono l’argomento gli scritti: Il passaggio allo Stato delle ferrovie secondarie e delle tramvie, aprile 1920; Il controllo operaio sulle aziende e gli esercizi ferroviari, ottobre 1920; La concorrenza automobilistica, dicembre 1920; Il socialismo di Stato e i trasporti, giugno 1921). Come esempio della grande potenza di adattamento propria della industria privata e che fa difetto invece completamente alle organizzazioni statali viene addotto il confronto tra le ferrovie in concessione e le Ferrovie dello Stato: “Queste ultime, godendo di infiniti privilegi, fra cui principalissimo quello del carbone a prezzi di favore, con le casse dello Stato sempre aperte e quindi non soggette ad oneri di interessi passivi, con l’arma dei decreti sempre pronta per ridurre la responsabilità nei trasporti, aprire passaggi a livello, rialzare ad libitum le tariffe, ridurre i treni, sono giunte al disavanzo fenomenale di 1 miliardo che oramai dura da ben tre anni e sembra tenda a consolidarsi […] Le piccole società, invece, costrette a pagare il carbone con prezzi che son giunti fino a L. 800 la tonnellata, obbligate ad equiparare il trattamento del proprio personale a quello delle stesse Ferrovie dello Stato, con 8 ore, riposo lavorativo riportato perfino nei congedi, malattie a salario, taglieggiate dalle banche con tassi usurai per i debiti resi necessari dalla insufficienza delle entrate di fronte alle spese, non pesano oggi sullo Stato che con 135 milioni annui, caroviveri compresi. Si tratta di ben 10.000 km tra ferrovie e tramvie che lo Stato sovvenziona, non paragonabili come intensità di traffico alla grande rete, ma in una condizione di povertà costituzionale che le pone di fronte a difficoltà ben maggiori” (Ferrovie dello Stato e ferrovie concesse, luglio 1922).

Alcuni provvedimenti attuati dal governo fascista, quali il decreto 19 ottobre 1923 che liquida l’istituto dell’equo trattamento (“distruggendo un fondamentale errore in cui ci aveva trascinato il regime ultrademagogico che il fascismo ha inteso spezzare”, I nuovi rapporti fra personale e aziende di trasporti, novembre 1923), non sono però sufficienti per superare la crisi in cui versano le aziende concessionarie. Queste, in particolare, non sono affatto rassicurate dal provvedimento che decreta la fine dei sussidi straordinari d’esercizio alle ferrovie secondarie e alle tramvie: se infatti è vero che “dare in modo saltuario significa lasciare l’azienda nella continua incertezza e non stimolarla a trovare il suo assetto” (La fine dei sussidi d’esercizio, settembre 1923), è altresì necessario che la corresponsione alle aziende da parte dello Stato si determini in sussidi fissi “che non devono subire variazioni in ragione di una maggiore o minore abilità nell’amministrarle che dimostrano gli esercenti” (Giuseppe Ottone, Problemi risolti, problemi da risolvere, gennaio 1924). Ancora, è indispensabile che il nuovo regime intervenga a favore dell’industria dei trasporti correggendo “le deviazioni che il criterio fondamentale delle concessioni ha subito per effetto di disposizioni legislative o di regolamenti inutilmente ingombranti” (G. Ottone, La legislazione delle concessioni ferroviarie, giugno 1925).

A partire dal 1926, ponendo così praticamente fine ai numerosi interventi sui rapporti tra industria e politica firmati dal principale collaboratore di quegli anni, Giuseppe Ottone, assume una preponderanza su tutte le altre, occupando la prima pagina, la rubrica “Progressi e regressi”, “in cui ci terremo a raggiungere lo scopo di parlare di cose tecniche senza affaticare il lettore” (aprile 1926).

Agli inizi del 1927, divenuto ormai organo ufficiale della Confederazione nazionale fascista dei trasporti terrestri e della navigazione interna, facendo il punto sul proprio passato e tratteggiando gli intenti programmatici per il futuro, il periodico si indirizza ai propri lettori con queste parole: “La Rivista ha un passato modesto ma non privo di soddisfazioni morali. Da queste pagine si è fatta spesso la guerra al sovversivismo che aveva scelto a campo delle sue gesta i servizi dei trasporti, perché colpendo un servizio pubblico dei più vitali, si attendeva meglio che con ogni altra manifestazione alla compagine sociale […] Inconsapevolmente, in quella nostra pertinace lotta contro coloro che dominavano il personale delle nostre aziende, abbiamo fatto del fascismo, cioè predicato l’ordine e il lavoro, la giustizia nei rapporti economici, la necessitò del rispetto alle gerarchie. Il nuovo ordine di cose è venuto e la disciplina più perfetta si è sostituita al perenne disordine […]. Oltre però all’ordine e alla disciplina, occorre la conoscenza, la cultura, la preparazione tecnica. Orbene la «Rivista» vuole appunto portare un contributo modesto ma assiduo alla cultura di tecnici addetti ai servizi di trasporto: mentre l’antica rivista limitava il suo campo alle sole ferrovie e tramvie e alla navigazione interna, in questa serie rinnovata daremo posto anche ai problemi dell’automobilismo ed a quelli dei trasporti ordinari, alle strade e alle teleferiche e a tutte l’attività che fa capo alla Confederazione” (Riprendendo il cammino, gennaio-febbraio 1927).

Sul numero del maggio-giugno 1928 dà notizia delle dimissioni presentate dall’ingegnere Gaetano d’Alò dalla presidenza dell’Associazione regionale lombarda dei trasporti, organo che aveva assunto l’onere e la responsabilità della «Rivista dei trasporti» dal 1927.

C. Ro.

Raccolte: MI120: 1909-1918; 1919 (lac.); 1920-1925 (a giugno); 1927-1928. MI063