Lombardia Beni Culturali
346

Innocentii papae <III> litterae gratiosae

1200 marzo 14, Laterano.

Innocenzo <III> papa, su istanza dell'abate di Morimondo, conferma la sentenza pronunciata, in seguito alla controversia fra il medesimo e il preposito di Casorate, dai giudici apostolici delegati Giustamonte de Turre e Pietro Macloche/Menclocius.

Originale, ASMi, AD, pergg., cart. 688 [A]. Copia autentica coeva, ivi [B]. Copia semplice e regesto Osio (entrambi da B), ivi, Bolle e Brevi, cart. 6, n. 20 (ex camicia cartacea di B). Altra copia semplice, BONOMI, Morimundensis, p. 593, n. 295. Altro regesto, Catalogo, IV, fasc. 75. B è così autenticato: (SN) Ego Rogerius Salarius sacri pal(acii) notarius huius exempli autenticum, sigillo pu(m)bleo (pu(m)bleo in sopralineo, con segno di richiamo) domini Innocenti (così) pape sigillatum, videns | legi, in quo continebatur sicut in isto l(egitur) exemplo, extra litteras plus minusve. | (SN) Ego Alamanus Rabbus notarius sacri pal(acii) haut(enticum) huius exempli, ex bulla pumblea sigillatum, vidi et legi, et ut in eo continebatur sic et in isto l(egitur) ex(emplo), preter | litteras plus veminus (così). | (SN) Ego Ardericus qui dicor Salarius sacri pal(acii) notarius (-o- corr. su altra lettera) hoc exe(m)plum ab aute(n)tico domini Innocencii pape, sigilo po(m)bleo sigilato, exe(m)plavi, | ut in illo continebatur ut in isto l(egitur) exe(m)plo, extra litteras plus minusve. Nel verso di A, di mano coeva: Confirmatio sente[n]tie | de placito Casolate; nota di cancelleria: R(egistrata); segno di croce (passaggio dall'Audientia?); I o T (v. disegno su foglio); segnatura n. 1 (sec. XVI-XVII), e segnatura Bonomi: 295. MCC. Lettere apostoliche. Nel verso di B, di mano coeva: Confirmatio domini pape de sententia Casolat(e); sigla di altra mano coeva: C; segnatura Bonomi: 296. MCC. Lettere apostoliche.

Regesto: POTTHAST, -.
Edizione: Die Register Innocenz' III., -.
Cf. TURAZZA, Casorate Primo, p. 122 (alla data 1200 marzo 12); BELLINI, Le origini di Morimondo, p. 57 (alla data 1200 marzo 11); OCCHIPINTI, Il monastero di Morimondo, p. 548 (alla data 1200 marzo 12).

Nella pergamena di A si nota unicamente un discreto sbiadimento dell'inchiostro nel quarto destro superiore. Nei due fori praticati sulla plica sopravvive un frammento di filo serico, giallo-rosso; il sigillo è deperdito. La pergamena di B è interessata da alcune rosicature nel lato destro che coinvolgono marginalmente la scrittura nonché da un leggero annerimento; tracce di rigatura a piombo.
Sui notai autenticatori cf. nota introduttiva al doc. n. 285.
La conferma apostolica della sentenza di Giustamonte e Pietro non rappresenta il 'sigillo' finale di una lunga e complessa controversia (cf., in questo volume, i nn. 278, 279, 280, 283, 284, 285, 289, 294, 340, 341, 342, 343, 344, 345). All'inizio dell'anno successivo, difatti, la pratica verrà nuovamente rimessa dal pontefice all'attenzione di due eminenti prelati milanesi, l'abate di S. Ambrogio e il canonico nonché suddiacono pontificio Alberto Amiconus (1201 febbraio 6, Laterano: copia autentica coeva, ASMi, AD, pergg., cart. 688 = BONOMI n. 292), accogliendo le istanze di S. Vittore, che insisteva nel considerare valida la sentenza di Gibuino, nonché ottenute dal monastero per falsi suggestionem et suppressionem veritatis le lettere del fu cardinale Rodolfo (n. 280), e soprattutto viziata da difetti di procedura la sentenza pronunciata da Giustamonte de Turre e Pietro Menclotius a favore del monastero medesimo: Ex parte dilectorum filiorum .. prepositi et fr(atru)m de Casolate nostris fuit auribus intimatum quod, cum inter ipsos et monasterium de Morimundo super quodam manso terre, sedimine, cimiteriis ecclesiarum Sanctorum Georgii et Ambrosii, decimis, viis ac quibusdam aliis articulis diutius fuerit questio agitata, littere per falsi suggestionem et suppressionem veritatis ab R(adulfo) quondam Sancti Georgii ad Velum Aureum diacono cardinali, in alterius partis absentia promulgata sententia, contra predictos fr(atr)es dicuntur fuisse obtente, per quas predicti fr(atr)es se gravari merito conqueruntur; tamen prius utraque pars in magistrum G(ibuinum), nunc primicerium Mediolanem(sis), et H(enricum), archipresbiterum decumanorum, tanquam in arbitros concorditer convenerunt, qui, rei veritate diligentius inquisita, eandem causam per diffinitivam sententiam terminarunt; cumque postmodum per litteras apostolicas eadem causa quibusdam fuisset commissa iudicibus (= doc. n. 340), minus licite, ut dicitur, procedentes pro monasterio sententiam protulerunt, a quibus ad nostram fuit audientiam appellatum. Dallo stesso mandato apostolico apprendiamo che, in un primo momento e ad petitionem monasterii, una delega giudiziaria era stata deliberata da papa Innocenzo nelle persone del vescovo e dell'arcidiacono di Como, immediatamente recusati dal preposito e dai canonici di Casorate (Demum vero, ad petitionem monasterii, .. episcopo et archidiacono Cumanis eadem fuit causa commissa, a quibus prepositus et fratres nostram audientiam appellarunt). Sicché la nomina di nuovi giudici risulterà sgradita e inaccettabile dal monastero, come appare dalla richiesta di annullamento avanzata dall'abate Giacomo, che domanderà anzi l'imposizione del silenzio sull'intera vicenda, invocando il mantenimento di una promessa formulata in precedenza dal pontefice, e della quale v'era anche la testimonianza di Pietro, cardinale di Santa Cecilia: In nomine illius qui est trinus et unus. A vobis summo pontifice ego Iacobus, cenobii de Morimondo abbas licet indignus, genibus flexis miseraliter inploro quatenus comissionem abbati Sancti Ambrosii et Alberto Amicono, Mediol(anensis) diocesis, super inpetitione quam faciunt prepositus de Casolate et fr(atr)es de quibusdam a me, indigno abbate de Morimondo, et monasterio, ad postulationem iamfati prepositi et fr(atr)um me ignorante et inscio factam, iuste retractare dignemini, et exinde super eadem postulatione comissionem, si sedet celsitudini vestre, facere postponatis, adtendentes sanctitati vestre gloriosissime et iustissime promissioni a vobis condam facte de comissione super iamdicto facto ulterius non facienda, pro qua memorie reducenda infrascriptum produco testimonium; e si riproduce, qui di seguito, il testimonium invocato dall'abate, facilmente identificabile, appunto, con le litterae testimoniales del suddetto cardinale Pietro (si tratta del piacentino Pietro Dianus, cardinale prete del titolo di S. Nicola in Carcere Tulliano dal 1185, e di S. Cecilia dal 1188: cf. MALECZEK, Papst und Kardinalskolleg, pp. 85-6, e la bibliografia ivi menzionata): Petrus Dei gr(ati)a tituli Sancte Cecilie presbiter cardinalis. Omnibus Christi fidelibus quibus littere iste ostense fuerint, salutem in Domino. Cum frater Albertus, conversus cenobii de Murimundo, pro eodem monasterio, et quidam nuntius prepositi de Casolado ad Sedem apostolicam accessissent, et super questionibus quarumdam possessionum que inter ecclesias ipsas agitate fuerant, idem f(rate)r Albertus plurimas sententias per viros providos et discretos latas esse proponeret, altera parte comissionem postulante, in presentia nostra dominus papa eidem fr(atr)i Alberto respondit quod si memoriam habuerit de sententiis memoratis nullam faciet super eodem negocio conmissionem, nec idem monasterium pacietur ullatenus mollestari; super quo verbo domini pape has litteras nostras testimoniales duximus concedendas. Si quando etiam oportere viderimus in Cancellaria ut id ad notitiam domini pape perveniat quod contra eos viderimus attemptari, sollicite intendemus. Nos etiam super eodem negocio a domino papa inter ipsos dati fuimus auditores (copia autentica di entrambi i docc. in ASMi, AD, pergg., cart. 688 = BONOMI n. 293; altra copia autentica della lettera cardinalizia, ivi = BONOMI n. 294; tutte e due sono prive di data, ma da situare cronologicamente, com'è ovvio, in relazione alla cit. commissio causae del 1201 febbraio 6, che rappresenterà il terminus post quem per l'epistola di Giacomo abate, ante quem per quella del cardinale Pietro). La dinamica del nuovo processo è occultata dall'assenza di ulteriore documentazione, sicché ci è impossibile non soltanto verificare da quali giudici esso sia stato effettivamente condotto (d'altro canto, nulla lascia intendere che Innocenzo III abbia poi revocato la nomina dell'abate di S. Ambrogio e di Alberto Amiconus), ma anche il suo esito finale. Possediamo soltanto una minuta delle deposizioni rese, tra la fine del 1201 e l'inizio del 1202 (ASMi, AD, pergg., cart. 689 = BONOMI n. 1), dai testimoni di parte pievana, peraltro preziosissime per la ricostruzione di importanti e precedenti fasi della controversia (cf. nn. 279, 280 e relative note di commento); ma ci restano anche - riflesso della strategia giudiziaria di Morimondo - alcune copie autentiche di documenti che altrimenti il tabularium non ci avrebbe restituito, essendo gli originali destinati altrove oppure, in taluni casi, andati perduti nei secoli a venire (è il caso del doc. n. 340 e degli altri ivi menzionati nella nota introduttiva). La storia (con il completamento degli edifici abbaziali, ma soprattutto le vicende belliche che coinvolgeranno drammaticamente la vita dell'insediamento cisterciense e delle sue aziende) e la documentazione monastica del sec. XIII, mentre da un lato rendono difficilmente ipotizzabile una sconfitta giudiziaria, dall'altro lasciano (si direbbe necessariamente) in ombra il conflitto con la vicina pieve di Casorate; anche se non è da escludere che tra i litiganti sia intervenuta, prima o poi, una qualche amichevole composizione, destinata a compensare in parte la pieve (cf. l'annotazione cinque-seicentesca contenuta nel verso del doc. n. 345) dalle conseguenze inevitabilmente negative che l'accrescimento patrimoniale e l'ascendente religioso del monastero sulle terre e sulle popolazioni circostanti aveva comportato per essa sin dalla metà del XII secolo.

Innocentius (a) ep(iscopu)s (b) servus (c) servorum Dei. Dilecto filio .. abbati de Morimundo (d), salutem et apostol[i]cam benedictionem. Ea q[ue] de | mandato Sedis apostolice ratione previa statuuntur (e) firma debent et illibata persistere, et [ne in r]ecidive contentio|nis scrupulum reducantur apostolico convenit presidio co(m)muniri. Eapropter, dilecte in D[omi]no fili, tuis iustis | postulationibus inclinati sententiam (1) quam dilecti filii Petrus Macloche (f) et Iustamon[t] d[e] Tu[r]re, canonici Sancte | Marie Mediolanen(sis), iudices a Sede apostolica delegati (2), tulerunt super controversia que inter te, ex una parte, et | prepositum de Casolant (g), ex altera, super decima quadam et possessione vertebatur, sicut rationabiliter lata est | nec legitime (h) appellationis remedio sublevata, auctoritate apostolica (i) comfirmamus et presentis scripti patrocinio | communimus. Nulli ergo omnino hominum liceat hanc paginam nostre co(m)firmationis (j) imfringere vel | ei ausu temerario contraire. Si quis vero hoc attentare (k) presumpserit, indignationem om(n)ipotentis Dei | et beatorum Petri et Pauli apostolorum eius se noverit incursurum. Dat(a) Lateran(i), | .II. id(us) martii, pontificatus nostri anno tertio.
(BP D)


(a) B Innocenci(us).
(b) B om. episcopus.
(c) B serus.
(d) B Morimondo.
(e) In A fra la prima e la seconda u rasura di lettera principiata.
(f) In A la seconda c su rasura, come pare.
(g) Così AB.
(h) B legiptime.
(i) In A -p- corr. da altra lettera.
(j) B confirmationis.
(k) B atentare.

(1) Doc. n. 344.
(2) Cf. doc. n. 340.

Edizione a cura di Michele Ansani
Codifica a cura di Gianmarco Cossandi

Informazioni sul sito | Contatti