Compreso in: Villa Vigoni - complesso, Menaggio (CO)
Villa Vigoni - complesso
Menaggio (CO)
Indirizzo: Via Giulio Vigoni, 1,3,5 - Menaggio (CO)
Tipologia generale: architettura per la residenza, il terziario e i servizi
Tipologia specifica: villa
Epoca di costruzione: sec. XVIII
Autori: Besia Gaetano, riadattamento e modifiche strutturali villa / progetto cenotafio; Balzaretti Giuseppe, progetto parco all'inglese / progetto casetta svizzera; Marchesi Pompeo, bassorilievo nel cenotafio; Thorvaldsen Berthel, bassorilievo nel cenotafio
Comprende
- Villa Vigoni, Menaggio (CO)
- Casa del Massaro (ex) di Villa Vigoni, Menaggio (CO)
- Dipendenza di Villa Vigoni, Menaggio (CO)
- Limonaia di Villa Vigoni, Menaggio (CO)
- Scuderia (ex) di Villa Vigoni, Menaggio (CO)
- Tempietto di Villa Vigoni, Menaggio (CO)
- Casa Svizzera, Menaggio (CO)
Descrizione
La sobria facciata della villa è caratterizzata da un'alta fascia inferiore in bugnato con quattro nicchie, ognuna impreziosita da un busto marmoreo di un personaggio amico di famiglia: da sinistra il professore di chimica Antonio Kramer; il numismatico Gaetano Cattaneo; Alessandro Manzoni e il naturalista Eduard Rüppel. Una volta varcata la soglia, a destra si entra nella piccola biblioteca, ove spiccano i ritratti di Federike Schnauss e di Giulio Mylius di Francesco Hayez (1828 e 1830) e di Enrico Mylius di Pelagio Palagi (1843). Nella stanza successiva, colpisce un grande camino tardo rinascimentale in pietra; adiacente è la sala da pranzo, decorata con un ciclo di grisailles con le vicende di Amore e Psiche. Un panorama di Francoforte funge da sovrapporta alla sala della musica ove sono conservati due tra i capolavori della ritrattistica ottocentesca; si tratta dei dipinti di Francesco Hayez, Luigia Vitali vedova Mylius (olio su tavola, 1832) e Giulio Vigoni (olio su tela, 1842). Adiacente è il salone delle statue: la grande stanza, con ampie aperture sia verso il lago, sia verso il parco, ospitava la raccolta di statue che Enrico Mylius aveva voluto formare, curando con attenzione iconografia e significati, dopo le tragiche vicende del 1830. Di questa unica collezione restano il Cristo fanciullo docente (Pompeo Marchesi, 1842), voluto da Enrico Mylius a ricordo dell'integrità e della saggezza del figlio Giulio e la Madre di Mosè (Democrito Gandolfi, 1845) nel momento del distacco dal figlio, richiamo al dolore materno della moglie Federica.
Al secondo e al terzo piano si articolano le numerose camere da letto in stile lombardo ottocentesco.
Ricco di suggestioni, di memorie storico-artistiche e di alberi secolari, il parco di villa Vigoni è senza dubbio uno dei giardini romantici meglio conservati di Lombardia. All'epoca di Heinrich Mylius il parco univa, in una armonica coesistenza, ampie zone agricole per la produzione di olio, vino, frutta e gelso, a un vasto giardino affacciato su splendidi prospetti panoramici. L'improvvisa morte di Giulio, giovane ed unico figlio di Mylius, segnava a fondo la natura di questa estesa zona ornamentale, non più solo luogo di delizia, ma soprattutto luogo dello spirito, dedicato alla contemplazione e alla memoria.
Nel 1831 infatti, Mylius fece erigere in un punto elevato e centrale del parco un Tempietto in ricordo del figlio, rivolgendosi a due tra i più noti scultori dell'epoca per l'esecuzione dei bassorilievi all'interno: la Morte di Giulio di Pompeo Marchesi (1832) e la Nemesi di Bertel Thorvaldsen (1834 ca.). Al testo della lapide esterna Nella rimembranza/tranquilla di una/sofferta sciagura non/si estingue il dolore/ma si converte in un/soave sentimento, collaborò Alessandro Manzoni. Lo schema di base del parco, ispirato ai più avvincenti modelli romantici, vide la definitiva trasformazione con l'opera dell'architetto Giuseppe Balzaretti. Egli sviluppò il nucleo già esistente del parco; sfruttando la naturale morfologia del luogo, a forma di anfiteatro, ideò una serie di cannocchiali rivolti all'interno verso i punti più significativi, come il tempietto, le statue e alcuni gruppi di piante. Sono di Balzaretti anche le antiche scuderie, oggi sede della biblioteca del Centro italo-tedesco Villa Vigoni e la casetta svizzera alla sommità del parco.
Notizie storiche
La villa venne acquistata nel 1829 dal commerciante tedesco Enrico Mylius. Nato a Francoforte nel 1769, Mylius giunge a Milano per occuparsi della ditta commerciale di famiglia, a cui presto affianca diverse filande e una banca d'affari. In pochi anni riesce ad accumulare un patrimonio più che cospicuo. Da imprenditore si distingue per l'applicazione di nuove tecnologie; la sua filanda di Boffalora Ticino è uno dei primi stabilimenti ad utilizzare aspi a trattura meccanica, caldaie per la filatura ad acqua tiepida e nuovi procedimenti di tintura dei filati. Mylius ricopre però un ruolo di primaria importanza anche nella vita pubblica, partecipando attivamente allo sviluppo delle allora nascenti reti ferroviarie, assicurazioni e società di mutuo soccorso, e ricoprendo la carica di vicepresidente della Camera di Commercio di Milano nel 1830. Oltre agli ambienti economici è in stretta relazione con i principali esponenti della cultura del nord Italia; la casa di via Clerici diventa un vero e proprio punto di riferimento per personaggi quali Manzoni, Cattaneo, d'Azeglio, Monti e altri. Nel 1799 Mylius sposa Friederike Schnauss, da lungo tempo legata al fior fiore della cultura letteraria e artistica tedesca di quel periodo, come Goethe, Schiller, Wieland ed il filosofo Herder, che li unisce in matrimonio a Weimer. Il ruolo che il banchiere tedesco ricopre nello scambio culturale tra Milano e la Germania è straordinario; artefice del rapporto tra Goethe e Manzoni, diffonde le più recenti pubblicazioni italiane presso i circoli letterari weimariani, favorisce la diffusione dell'arte e della letteratura italiana oltralpe, incrementa una proficua contaminazione tra i due paesi.
Gli interessi nel mercato della seta conducono Mylius sulle rive del lago di Como dove acquista una villa a Loveno di Menaggio, trasformandola, secondo l'uso del tempo, in luogo di villeggiatura e azienda agricola. Proprio in questo punto d'incontro per amici, artisti, imprenditori e politici, Mylius comincia a convogliare parte delle sue ricche collezioni d'arte che trasformano la residenza in un prezioso contenitore che ancor oggi è possibile ammirare. La vera essenza della villa però si può cogliere solamente addentrandosi nelle vicende private della famiglia. Nel 1830 infatti muore improvvisamente Giulio, unico figlio dei Mylius, lasciando nel dolore non solo i due genitori, ma anche la giovanissima moglie Luigia Vitali, appena sposata dopo un fidanzamento contrastato dalla famiglia di lei. La villa e il parco di Loveno divengono per Enrico Mylius il luogo ove tramandare la memoria del figlio attraverso commissioni di importanti opere d'arte.
Luigia Vitali Mylius sposerà in seconde nozze un nobile milanese, Ignazio Vigoni; ad uno dei figli nati da questa unione, Giuseppe verrà lasciata la villa e da quest'ultimo all'unico figlio Ignazio, nato nel 1905. Senza eredi diretti, Ignazio Vigoni lascerà la proprietà in legato alla Repubblica Federale di Germania.
Uso attuale: casetta svizzera: non utilizzata; corpo principale: centro culturale; scuderie: biblioteca
Uso storico: casetta svizzera: dépendance; corpo principale: abitazione; scuderie: scuderie per cavalli
Condizione giuridica: proprietà Ente straniero in Italia
Riferimenti bibliografici
Bagatti Valsecchi P.F./ Kipar A., Il giardino paesaggistico tra Settecento e Ottocento in Italia e Germania, Milano 1996
Cottini P., Il parco Mylius-Vigoni, Varese 1991
Percorsi tematici:
Credits
Compilazione: Catalano, Michela (2006)
Aggiornamento: Paci, Giovanna (2006); Galli, Maria (2010)
Descrizione e notizie storiche: Paci, Giovanna; Solivani, Tiziana
Fotografie: Mussi, Lorenzo
Scheda completa SIRBeC (formato PDF)
Link risorsa: https://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/CO250-00262/
NOTA BENE: qualsiasi richiesta di consultazione, informazioni, ricerche, studi (nonché documentazione fotografica in alta risoluzione) relativa ai beni culturali di interesse descritti in Lombardia Beni Culturali deve essere inoltrata direttamente ai soggetti pubblici o privati che li detengono e/o gestiscono (soggetto o istituto di conservazione).