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Chiesa di S. Gottardo in corte

Milano (MI)

Indirizzo: Via Pecorari (Nel centro abitato, integrato con altri edifici) - Milano (MI)

Tipologia generale: architettura religiosa e rituale

Tipologia specifica: cappella

Configurazione strutturale: La chiesa, addossata a Palazzo Reale, risulta priva di facciata; il suo originario portale gotico si trova collocato sul fianco destro del tempio, prospettante via Pecorari. L'interno, esempio di sistemazione neoclassica attuata da Giuseppe Piermarini, presenta una navata rettangolare, stretta e allungata, divisa in tre campate e preceduta da un vestibolo a colonne ioniche. E' dotata di una profonda abside semiottagonale, tra le prime in Lombardia. All'esterno campeggia il campanile ottagonale su base quadrata in pietra, la cui canna in laterizi è suddivisa verticalmente da colonnine in pietra lungo gli spigoli e orizzontalmente da quattro cornici ad archetti intrecciati; negli ordini superiori si aprono bifore e una loggia su colonne, mentre la cella campanaria è a due ordini che si concludono con una loggia sormontata da cono cestile

Epoca di costruzione: 1330 - 1336

Autori: Pecorari, Francesco, ampliamento; Piermarini, Giuseppe, rifacimento: facciata; Calzecchi Onesti, Carlo, rifacimento

Descrizione

La cappella fu eretta per ordine di Azzone Visconti intorno al 1336, accanto ai palazzi del potere signorile e vescovile. La costruzione fu dedicata inizialmente alla Vergine, cui i milanesi erano devotissimi in quel periodo, quindi a san Gottardo, tradizionalmente invocato come protettore contro i disturbi che affliggevano Azzone, i calcoli e la gotta.
L'aspetto esterno dell'edificio fu completamente trasformato in epoca neoclassica da Giuseppe Piermarini, nell'ambito dei lavori di risistemazione del palazzo ducale (1770 circa). La facciata, che presentava un semplice profilo a capanna e tre sole aperture, fu sostanzialmente eliminata, essendo addossata ad altro edificio; l'ingresso della chiesa fu trasferito sul fianco sud, dove furono parzialmente ricomposti il portale e il rosone. La costruzione è ad aula unica rettangolare, stretta e allungata, divisa in tre campate da contrafforti coronati da frontoni cuspidati e pinnacoli. La profonda abside semiottagonale, tra le prime in Lombardia a superare la tradizionale pianta quadrangolare, è illuminata da ampie finestre archiacute e presenta dimensioni tali, rispetto al corpo della chiesa, da assumere quasi il rilievo di una cappella autonoma dall'insieme.
Ha conservato invece il suo assetto originario la splendida, slanciata torre campanaria, di pianta ottagonale, che Azzone dotò anche di uno dei primi orologi pubblici di Milano; alla base una lapide ricorda il nome dell'architetto responsabile dell'edificio, il cremonese Francesco Pegorari. Come la primitiva facciata, il fianco sud della chiesa, l'abside e soprattutto il campanile sono caratterizzati da un fitto partito decorativo e da netti accostamenti di materiali e colori, in particolare il cotto, utilizzato nelle cornici ad archetti acuti intrecciati che segnano i piani bassi del campanile. Tali elementi, che si richiamano alla tradizione più schietta del gotico lombardo, presentano specifici riferimenti all'architettura cremonese e cistercense.
Assolutamente sontuoso doveva presentarsi al tempo di Azzone l'interno del chiesa, che ci è noto attraverso la dettagliata descrizione contenuta nella cronaca contemporanea del domenicano milanese Galvano Fiamma: pareti decorate con affreschi finiti a lapislazzulo e foglia d'oro; sull'altare un trittico scolpito con storie della Vergine e un prezioso paliotto con gemme incastonate; pavimento e amboni rivestiti in avorio; ovunque paramenti in oro e seta. Tale ricchezza decorativa testimonia la tradizionale vocazione oltremontana di Milano, aperta alle influenze del gotico francese e in particolare alla raffinata produzione artistica della corte avignonese, che i Visconti tendevano ad emulare. La chiesa di palazzo conservava anche un ricco tesoro, con calici e vasi liturgici di grande pregio, donato nel 1498 da Ludovico il Moro al duomo e oggi quasi del tutto scomparso.
Il grande affresco con la Crocifissione collocato sulla parete di fondo della chiesa costituisce, in assenza di testimonianze dirette della presenza di Giotto a Milano, un documento preziosissimo dell'attività dei suoi seguaci più stretti. Scoperto nel 1926 sotto uno strato di scialbo dato probabilmente al tempo dell'intervento piermariniano, il dipinto era situato in origine all'esterno dell'edificio, in una cappellina alla base del campanile; gli agenti atmosferici hanno rappresentato la principale causa dell'irreversibile deperimento dell'opera, strappata da Mauro Pelliccioli nel 1953 e trasportata all'interno della chiesa.
Il dipinto è racchiuso entro un largo bordo ornamentale a motivi geometrici dai vivaci colori, arricchito da compassi mistilinei occupati da testine di profilo. La parte leggibile dell'affresco si limita alla zona inferiore della scena della Crocifissione, dove si scorgono due solenni gruppi di monumentali figure ai lati della croce.
Sulla parete sinistra della chiesa sono stati ricomposti i frammenti del monumento funebre di Azzone Visconti dello scultore pisano Giovanni di Balduccio.

Notizie storiche

Nel VI sec., alla fine del conflitto goto-bizantino, sul sedime occupato oggi da una parte dell'attuale chiesa risulta un caposaldo fortificato da Narsete, che cercava di mettere in sicurezza il cuore della città. Ma scongiurato il pericolo goto, la torre divenne ben presto cappella di San Giovanni alle fonti (sotto l'altare della chiesa attuale).
Sul sito, nel 1336, Azzone Visconti, nel quadro edificatorio del suo nuovo palazzo, fa costruire dal cremonese Francesco Pecorari una cappella di corte, dedicando un altare a S.Gottardo (poiché soffre di gotta), ma offerta alla Madonna. La correda di un alto campanile, detto delle Ore e di un cospicuo tesoro. Una volta completata la affida ai francescani.
Qui fu posto , proprio in onore del fondatore, morto nel 1349, il suo mausoleo, i cui resti sono oggi conservati al Museo Trivulziano, presso il Castello: si trattava di un'arca, commissionata a Giovanni di Balduccio su cui giacevano le effigi del corpo mortale del vicario imperiale con un bassorilievo che ritraeva S. Ambrogio in piedi intorno al quale erano inginocchiate le città dominate.
Nel 1412, Giovanni Maria Visconti, duca di Milano, viene assassinato mentre si sta qui recando (o è già in chiesa) dai sostenitori degli eredi di Bernabò (Baggio, Pusterla, Trivulzio, Mantegazza, Aliprandi, Maino, ecc.).
La costruzione dello scalone del Piermarini negli anni Settanta del '700 doveva compromettere l'aspetto esterno della Cappella Palatina in San Gottardo. L'unica vestigia del passato visconteo rimaneva il campanile: scompariva la facciata, incorporata nel nuovo organismo.
Il portale adorno di colonnine venne salvato e portato al Castello. Stessa sorte toccò al mausoleo di Azzone Visconti, che però poi tornò per breve periodo nell'abside, anche se incompleto, per volere del principe Luigi Alberico Trivulzio.
Nel 1887, la Real Casa dava disposizione all'arch. Beltrami di avviare il restauro della torre: la parte superiore riebbe tutte le sue colonnine e venne liberato il loggiato.
Dopo il 1925, con la cessione del Palazzo Reale al Comune, l'arch. Calzecchi-Onesti avvia una serie di interventi, tra cui l'isolamento della base della torre, il riposizionamento del vecchio portale riportatovi dal Castello, il recupero del rosone superiore da una cappella dietro il muro dello scalone piermariniano, e, dulcis in fundo, un affresco trecentesco attribuito a Giotto, scoperto alla base del campanile. Questo, nel '53 e' stato trasferito all'interno della chiesa, per salvare il salvabile dall'erosione e delle intemperie.

Uso attuale: intero bene: chiesa

Uso storico: intero bene: chiesa

Condizione giuridica: proprietà Ente religioso cattolico

Accessibilità: Per informazioni:
02 86464500

Percorsi tematici:

Credits

Compilazione: Ribaudo, Robert (2009)

Aggiornamento: Bianchini, Fabio (2015); Marino, Nadia (2016)

Descrizione e notizie storiche: Balzarini, Maria Grazia; Ribaudo, Robert

Fotografie: BAMS photo Rodella/ Jaca Book

  Scheda completa SIRBeC (formato PDF)

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