Chiesa di S. Donato
Sesto Calende (VA)
Indirizzo: Via Abbazia (Nel centro abitato, isolato) - Sesto Calende (VA)
Tipologia generale: architettura religiosa e rituale
Tipologia specifica: chiesa
Configurazione strutturale: Consta di tre navate absidate; l'abside sud è andata distrutta nel `700 e venne sostituita da una sacrestia. Quella settentrionale invece risale alla struttura originaria. In esterno, vi sono testimonianze dell'antichità della struttura, per esempio delle decorazioni medievali, una formella romanica e persino un'epigrafe funeraria romana. All'interno troviamo subito il Nartece, posto nella parte antistante e contrassegnato da colonne romane. Sono poi presenti numerosi affreschi di epoche diverse, ma relative al periodo che da va dal XV al XVII secolo. Interessante testimonianza del periodo romanico è la cripta formata da colonnine che sostengono gli archi delle volte a crociera.
Epoca di costruzione: metà sec. IX
Descrizione
La chiesa è a tre navate, scandite da tre pilastri rettangolari per parte, e termina con un profondo settore presbiteriale tripartito da setti murari chiusi, con coro sopraelevato in ragione della presenza di una cripta a oratorio a tre navate per cinque campate.
Delle absidi si conservano solo quella maggiore e quella settentrionale. La sacrestia venne ricavata nella seconda metà del XVI secolo nell'ultima campata orientale della navatella sud, e il suo riallestimento, attorno al 1822, comportò la distruzione dell'absidiola e dell'originaria volta, che si erano preservate fino a quell'epoca nonostante il cambio di destinazione. Il corpo delle navate si presenta oggi in forme tardo-barocche; l'invaso è coperto da volte a crociera settecentesche e sui sostegni si addossano lesene composite verso la navata centrale. È da rilevare però che i rivestimenti barocchi sono stati completamente asportati e rifatti in stile durante i restauri degli anni Sessanta e Settanta del Novecento, restauri durante i quali sono riemerse nel cleristorio sud due monofore romaniche che nel Settecento erano state chiuse e sostituite con ampi finestroni mistilinei. Si tratta di aperture a doppio strombo con piano inclinato e archivolto bardellonato, che presentano ancora tracce di una interessante decorazione pittorica a finto paramento laterizio.
All'esterno la parte più leggibile è il settore absidale. L'abside maggiore è conclusa superiormente da una teoria continua di fornici e da una cornice a dente di sega. Si identificano facilmente le tre grandi monofore originarie, ora occluse, con ghiere in mattoni dal profilo falcato, e bardelloni sporgenti, nonché le antiche finestre della cripta, anch'esse tappate e sostituite da aperture moderne, con archivolti in pietra d'Angera e mattoni. La muratura è in ciottoli e pietre di medie dimensioni apparecchiate con una certa regolarità in corsi orizzontali, con sequenze a spina pesce e frequenti inclusi laterizi. L'abside nord è decorata da una fascia continua di archetti pensili in frammenti di mattoni ed è traforata da due piccole monofore strombate dal profilo irregolare.
Una possente torre campanaria si erge sul fianco sinistro della basilica in prossimità dell'abside nord, e comunica con l'interno per mezzo di una porta lunettata. Palesemente manomesso nelle parti superiori, è caratterizzato da una decorazione che si avvia sopra un'alta porzione di canna liscia e si articola in tre registri sulla fronte occidentale e in due soli sugli altri lati. Particolare la scansione dei registri inferiori a specchiature affiancate, divise da una lesena centrale: si tratta di un motivo decorativo che con ogni probabilità giunge a Sesto Calende dal Piemonte, dove le attestazioni sono molte . A ovest della chiesa è un ampio nartece dall'elegante muratura in medio apparato di serizzo e pietra d'Angera. All'interno è diviso da due colonne centrali in sei campate di dimensioni simili e disallineate rispetto alla partizione longitudinale della chiesa. Le crociere cupoliformi si raccordano lungo il perimetro su sostegni polistili formati da una semicolonna su una doppia risega.
Qualche dubbio sull'originaria disposizione dell'edificio però rimane. Immaginando di reintrodurre le colonne, i varchi di navata si ridurrebbero ad arcatelle di inusuale bassezza in rapporto alla larghezza, considerevole, delle navatelle laterali. Le basi di colonna sono state poi rinvenute solo in corrispondenza della terza e quarta campata. Va considerato infine che la volta a crociera che precede l'abside nord potrebbe essere originale, e suggerirebbe l'immagine di un blocco orientale voltato, come a S. Ambrogio di Milano, ad Agliate e a S. Stefano di Vimercate. In questi ultimi due casi l'inserimento di una cripta a oratorio seminterrata si lega a una netta tripartizione dello chevet, con setti murari chiusi nelle campate antistanti le absidi.
La volumetria è alterata dal significativo rialzo del piano di calpestio.
Notizie storiche
L'abbazia fu voluta nel luogo di Scozola dal presule pavese Liutardo in un anno imprecisato tra l'841 e l'864, forse su terreno fiscale da poco concesso dall'imperatore. Data la posizione strategica sul Ticino, allo sbocco del lago Maggiore e a controllo dei passi alpini a questo connessi, il monastero della Scozola, che costituiva un'enclave sottoposta alla giurisdizione del vescovo di Pavia entro i confini della diocesi ambrosiana, fu a lungo reclamato dall'arcivescovo di Milano: da qui la costanza con cui i vescovi pavesi si premunirono di ottenere conferma dei propri diritti per diploma imperiale, mentre è invece un falso il famoso privilegio alla chiesa pavese di papa Giovanni ii del 24 agosto 877, con la prima menzione del S. Donato.
Le vicende del cenobio della Scozola furono particolarmente travagliate nel corso del XII secolo per l'accrescersi del potere anche temporale della chiesa milanese nel territorio del Verbano, e poi a seguito dei conflitti che all'epoca del Barbarossa opposero Pavesi e Milanesi. Le ripetute conferme papali al vescovo di Pavia come quelle di Pasquale ii del 1105, Callisto ii del 1123 e Innocenzo ii del 1130 non fanno che testimoniare che la giurisdizione pavese era minacciata gravemente. Milano arrivò al punto di saccheggiare l'abbazia e scacciare i monaci in più occasioni. Se la dipendenza da Pavia venne definitivamente ristabilita da Onorio II, il conflitto giurisdizionale sarebbe proseguito a lungo, anche quando nel 1508, Milano ormai da un secolo e mezzo padrona del territorio pavese, il S. Donato divenne commenda, e dopo che, nel 1534, l'abbazia venne concessa all'Ospedale Maggiore di Milano.
Dell'edificio voluto in epoca carolingia da Liutardo nulla è sopravvissuto in alzato: giusto alcuni pezzi dell'arredo scultoreo, ritrovati nel corso dei restauri e ospitati nel Museo Civico Archeologico di Sesto Calende. Qualche frammento è ancora visibile incluso nella muratura, come quello a intrecci nastriformi inglobato nella spalla della finestra centrale dell'abside maggiore. Recenti indagini hanno consentito di scoprire che lastre carolinge furono reimpiegate come mensole dei pilastri murari della cripta romanica .
Le relazioni delle visite pastorali tra la fine del XVI e gli inizi del XVII secolo parlano di una chiesa soffittata, ma sembra di capire che i settori antistanti le absidi fossero voltati. Cinque finestre si aprivano sul muro sud della navata centrale.
La più logica sequenza costruttiva del monumento venne stabilita per primo da Porter (1915-17), secondo il quale la chiesa era da assegnare alla fine dell'XI secolo sulla base delle somiglianze nella muratura e nei sistemi decorativi con la vicina S. Vincenzo di Sesto, consacrata nel 1102, mentre il nartece andava datato attorno al 1130. Nel confermare complessivamente le valutazioni e le datazioni di Porter, A. Finocchi aveva provato a riconoscere nell'abside settentrionale una fase anteriore al resto dell'edificio, da collocare attorno al 1040, ossia mezzo secolo prima del presbiterio e delle navi. La studiosa pensava anche a una modifica del sistema portante: la presenza di basi di colonne al centro dei varchi longitudinali la conduceva a immaginare un originario sistema alternato dei sostegni. Le due absidi sembrano infatti coeve, e ascrivibili alla seconda metà dell'XI secolo. La muratura dell'absidiola nord è del tutto simile a quella dell'abside maggiore, e le piccole monofore hanno potuto essere giudicate arcaiche solo per via degli spessi intonaci che ne obliteravano le forme prima dei restauri. La frangia continua ad archetti dimostra infine una acquisita maturità nel particolare dei conci di piatto che occupano i semicerchi.
È concordemente riconosciuta la seriorità dell'avancorpo (metà del XII sec.), che era in origine un esonartece.
Uso attuale: intero bene: chiesa
Uso storico: intero bene: chiesa
Condizione giuridica: proprietà Ente religioso cattolico
Credits
Compilazione: Ribaudo, Robert (2013)
Aggiornamento: Caspani, Pietro (2015)
Descrizione e notizie storiche: Schiavi, Luigi Carlo
Fotografie: BAMS photo Rodella/ Jaca Book; Caspani, Pietro
Scheda completa SIRBeC (formato PDF)
Link risorsa: https://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/LMD80-00778/
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