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Chiesa dei SS. Pietro e Paolo

Besana in Brianza (MB)

Indirizzo: Via Camillo Benso Conte di Cavour (nel centro edificato storico perimetrato al 1995) - Brugora, Besana in Brianza (MB)

Tipologia generale: architettura religiosa e rituale

Tipologia specifica: chiesa

Configurazione strutturale: La chiesa è ad unica navata e, originariamente in stile romanico, venne poi restaurata secondo lo stile barocco. La facciata romanica della chiesa è a capanna ed è rivestita da irregolari blocchi di serizzo alternato a granito. Chiude alla sommità con un timpano, delimitato alla base da uno sbalzo e sugli spioventi da sottili mensole. Al centro troviamo una grande finestra circolare. Il portale ligneo dell'ingresso è unico, a due battenti, ciascuno suddiviso in sei rettangoli, al centro dei quali si ripete un altorilievo simmetrico rotatorio. L'interno risulta suddiviso in due parti: una parte più pubblica, adibita ad accogliere i fedeli, e una "interna", situata dietro l'altare maggiore, che era riservata alle monache di clausura. Alla parte interna della chiesa si accede attraverso il chiostro e viene utilizzata, attualmente, come sede per convegni e mostre. Qui si possono ammirare affreschi del '500 raffiguranti la Madonna.

Epoca di costruzione: inizio sec. XII

Descrizione

La chiesa riservata al culto o esterna, pur rispettando gli attuali muri perimetrali (nord-sud), doveva essere caratterizzata da una divisione in tre navate, separate da colonne, con copertura lignea al centro e a crociera nelle navate laterali.
Lo testimonierebbero un pilastro e due semicolonne parzialmente murate nell'attuale parete meridionale che funge da divisorio con l'attiguo corpo a tre campate voltato a crociera e già impiegato come sacrestia. Inoltre, durante il sopra ricordato scavo del 2004, nell'esatta corrispondenza di una di queste semicolonne, verso il lato settentrionale, è stato ritrovato un buco che suggerirebbe l'asportazione di una colonna centrale, così come in asse con i muri dell'ipotetico primo impianto, è emersa un'identica pavimentazione in malta. Da tutto ciò si deduce che l'originaria struttura doveva essere di dimensioni più ridotte, con il campanile che si innestava direttamente nella quarta campata, che venne successivamente allungata, ridotta ad aula unica e voltata a crociera. Il campanile è d'aspetto massiccio, con larghe lesene angolari, segnato dall'apertura di monofore e bifore nell'ordine superiore, sormontate da una fascia di archetti ciechi con cornice a dente di sega. Nonostante gli interventi posteriori (tamponatura delle finestre e sopraelevazione della cella campanaria), ne abbiano modificato le proporzioni, la struttura rivela comunque una certa grossolanità nelle forme e nel taglio dei materiali, tale da proporre una datazione attorno alla fine dell'xi secolo.
Forse anche il portale è stato ricomposto in seguito ai mutamenti effettuati nel xvi secolo. Ciò potrebbe spiegare sia l'inserzione, nella ghiera esterna, di conci non decorati tra quelli scolpiti con motivi zoomorfi e geometrici, sia la frattura, nella modanatura torica, del motivo decorativo a foglie lobate con colombe che beccano grappoli d'uva e la giustapposizione di altri due elementi decorativi ai lati della ghiera. In quest'ultima i consueti animali del repertorio medievale (lupo, lepre, cinghiale, cervo), sono arricchiti da un suonatore di corno e da un agnello crocifero, da interpretare non tanto come simbolo cristologico, quanto legato al culto delle rogazioni, considerando anche l'originaria posizione in aperta campagna della chiesa. Nelle mensole della ghiera sono raffigurati i simboli degli Evangelisti, la cui resa plastica e i dettagli anatomici sono chiaramente accostabili agli altri elementi decorativi e fanno propendere per una datazione ai primi decenni del XII secolo. Completa la decorazione della facciata una bifora cieca con capitello in marmo su cui sono scolpiti due soggetti già presenti nel portale, a cui rimandano anche le caratteristiche stilistiche.
Per questa soluzione architettonica è stato recentemente proposto un confronto con la facciata originaria di S. Giacomo a Pontida, oggi non più apprezzabile.

Notizie storiche

L'esistenza del documento di fondazione del monastero, consente di fissarla con certezza al 1102, ad opera di alcuni esponenti della nobile famiglia locale dei Casati. Il prete Eriberto e il fratello Giovanni completarono l'opera già iniziata dal padre Pietro, ancora vivo nel 1030, erigendo a monastero benedettino la chiesa e l'adiacente nucleo abitativo. La prima badessa fu Nicodilla, figlia di Giovanni. Anche dopo la sua morte, la famiglia Casati mantenne il controllo sul monastero, determinando l'elezione della badessa, consuetudine interrotta nel 1491 con l'elezione di Stefanina Giussani. Alla sua morte, nello stesso anno, fu liberamente scelta Beltrama da Omate. Sotto la sua guida il monastero godette di una felice stagione, caratterizzata dall'acquisto di ulteriori possedimenti fondiari e dall'ampliamento dei corpi di fabbrica per ospitare adeguatamente le monache, il cui numero era notevolmente aumentato. Nel 1578 san Carlo effettuò una visita pastorale e richiese alcune modifiche liturgiche (tra cui la rimozione del fonte battesimale), ma soprattutto propose la soppressione del monastero, insieme a quelli vicini di Cremella, Lambrugo e Bernaga e il trasferimento delle monache a Milano. Si aprì così un contenzioso cui pose fine due anni dopo una bolla papale, con la quale si concedeva alle monache di rimanere nella loro sede, vietando però di accogliere nuove converse. La restrizione fu sciolta nel 1588, facendo riprendere vigore al monastero, come attesta la costruzione del nuovo dormitorio. Con la Repubblica Cisalpina il monastero venne soppresso e i beni venduti a Tommaso Giussani che, nonostante l'impegno a concedere ancora alle religiose gli spazi legati al culto, le costrinse ad andarsene nel 1804. Alla sua morte nel 1816, le proprietà vennero ereditate da Lorenzo Scola, il quale le tramandò ai suoi eredi, tra cui si annovera un omonimo che, nel 1896 per ricordare la figlia prematuramente scomparsa, dispose l'istituzione nel complesso di un ospedale per malati indigenti. Tale volontà fu resa esecutiva con la realizzazione nel 1923 della Casa di Riposo "Ospedale Giuseppina Scola", tuttora in attività.
Se abbastanza completa è la documentazione pervenutaci riguardante le vicende storiche del monastero, non altrettanto si può dire per le trasformazioni edilizie della chiesa. La ricostruzione operata dalla critica è stata, per alcuni aspetti, confermata nel 2004 dagli esiti di un'importante campagna di scavi eseguita dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici. L'aspetto attuale dell'edificio si deve, molto probabilmente, ad un intervento operato nel xvi secolo, come suggerirebbero alcune soluzioni edilizie (facciata timpanata e illuminata dal rosone, mensole dei cornicioni, modanatura lungo i lati, tipologia delle finestre aperte sul lato settentrionale), a cui si aggiunge la data 1512, posta su un grande affresco di ascendenza bergognonesca, conservato nell'ex-refettorio e le sopra ricordate notizie relative alla ricchezza del monastero proprio in questo periodo. Si intervenne anche all'interno, come dimostra l'elevazione di un tramezzo che dà origine ad una chiesa doppia o conventuale, e spezza la copertura a crociera della seconda campata. La parte pubblica, per le ricche decorazioni a stucco e gli affreschi, testimonia un ulteriore intervento eseguito nel xviii secolo. L'anteriorità edilizia dell'edificio è però ancora oggi documentata da diversi elementi architettonici: alcuni tratti di muratura caratterizzati da una lavorazione a spina di pesce con incisioni a cazzuola, il campanile e il portale.

Uso attuale: parte esterna: culto; parte interna: convegnistico

Uso storico: intero bene: culto

Condizione giuridica: proprietà Ente religioso cattolico

Credits

Compilazione: Dondena, Elisabetta (1995)

Aggiornamento: Mozzi, Attilio (1998); Ribaudo, Robert (2013)

Descrizione e notizie storiche: Rurali, Elisabetta

  Scheda completa SIRBeC (formato PDF)

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