Villa Visconti Borromeo Litta - complesso
Lainate (MI)
Indirizzo: Largo Vittorio Veneto 22 (Nel centro abitato, distinguibile dal contesto) - Lainate, Lainate (MI)
Tipologia generale: architettura per la residenza, il terziario e i servizi
Tipologia specifica: villa
Configurazione strutturale: Il corpo cinquecentesco ha pianta rettangolare con scalone a due rampe in posizione angolare; presenta una struttura a pareti in laterizio intonacato e un portico sostenuto da colonne in pietra; al primo piano, recenti interventi hanno modificato parzialmente i solai, che risultano piani; la copertura è a tre falde con coppi. Il corpo perpendicolare, settecentesco, ha pianta rettangolare con due ali laterali poco sporgenti rivolte al giardino; la struttura è in laterizio a vista, con colonne in pietra in corrispondenza del portico; la copertura è a falde con coppi; la scala, angolare, è a due rampe. Nei due edifici, le strutture orizzontali sono, per la maggior parte, voltate, o realizzate con solai lignei. Il ninfeo, con sviluppo su un unico piano, ha una pianta articolata con esedre, un pronao e un cortile aperto; presenta volte all'interno e una copertura in parte a falde, in parte piana; la struttura è a pareti portanti
Epoca di costruzione: sec. XVI - sec. XVIII
Autori: Bassi, Martino, progetto villa e ninfeo; Procaccini, Camillo, decorazione; Mazzucchelli, Pier Francesco detto il Morazzone, decorazione; Brambilla, Francesco il Giovane, decorazione; Procaccini, Giulio Cesare, decorazione; Levati, Giuseppe, decorazione; Carabelli, Donato, decorazione; Canonica, Luigi, progetto per parte del parco
Descrizione
Carattere generale
E' il ninfeo, voluto da Pirro I Visconti Borromeo, a destare, fin dal XVI secolo, l'interesse e lo stupore dei visitatori: "edificio di frescura", dimora dei divertissements acquatici, ospita una successione di grotte artificiali, decorate da stalattiti in tufo, conchiglie e pietre dure, e stanze rivestite a mosaici di ciottoli bianchi e neri o dipinti. Spruzzi d'acqua che si levano e si incrociano, acqua a cascata, zampilli di pioggia, imprevedibili schizzano da pavimenti e rivestimenti, alimentati dall'immenso serbatoio della torre delle acque: "conviene guardarsi bene dal passeggiare soli a Lainate, posando il piede sul primo gradino di una certa scala, sei getti d'acqua mi sono schizzati tra le gambe", ammoniva Stendhal.
Il fascino delle antiche dimore estive si respira ancora nel parco che circonda il ninfeo, esteso su tre ettari e concluso da un'esedra, punto focale della visuale nord-sud. A caratterizzarlo un'estrema varietà, oggi solo in parte preservata, che ne rispecchia la lunga storia: il giardino all'italiana, l'ampio bosco paesaggistico, un "teatro di verzura", siepi e strutture architettoniche e scultoree, come le due fontane, le limonaie e le serre per le prime sperimentazioni botaniche.
Procedendo lungo il viale principale, si raggiunge il palazzo cinquecentesco attraverso un atrio ottagonale, con cupola a trompe l'oeil, che accompagna all'interno di stanze affrescate nel tardo Cinquecento e conduce sotto il portico, architravato e retto da colonne binate in granito rosa. Decorazioni architettoniche dipinte in facciata fingono archi, una fascia marcapiano e cornici plastiche intorno alle aperture del piano nobile, raggiungibile salendo l'imponente scalone angolare.
Un secondo portico, ad arcate sostenute da colonne, definisce il piano terra del palazzo settecentesco, a tre piani, in cotto a vista, più alto e maestoso del precedente, con pianta a sviluppo rettangolare e due brevi ali laterali. Si svelano, entrando, pareti e soffitti affrescati, pavimenti a mosaico e la sala da ballo, a doppia altezza, con balconate sostenute da neoclassici telamoni: anche se solo parzialmente restaurati, gli interni consentono di immaginare i fasti della vita in villa.
I palazzi, tra loro perpendicolari, si affacciano sulla corte d'ingresso, cui si accede dall'ampia piazza antistante, delimitata da un corpo allungato che, con il suo semplice sviluppo, lascia solo presagire, senza svelarle, le sorprese che il complesso custodisce.
Il barocco in villa
Felice risultato del convergere di competenze di ingegneria idraulica e di architettura è il ninfeo, progettato da Martino Bassi: un "monumentale edificio per i giochi d'acqua ", nel quale, per una estensione di circa mille metri quadrati coperti, venne ambientata una sequenza di grotte artificiali, rivestite da stalattiti, stalagmiti, arricchite da "rocce, conchiglie e pietre dure colorate disposte a formare delle composizioni floreali e talvolta inserite a fingere meraviglie della natura tra concrezioni calcaree gocciolanti d'acqua" (Morandotti, 2005, p. 35). Si aggiungevano, ad accrescere la suggestione, gli estrosi mosaici di ciottoli di Camillo Procaccini, posti a rivestire pavimenti, pareti e volte di alcune sale, e la collezione di statue, in parte copie dall'antico e da Michelangelo, in parte creazioni originali, del Brambilla, di Francesco Prestinari e di altri maestri, purtroppo impoverita da una successione di dispersioni otto-novecentesche (l'Adone del Prestinari è una recente acquisizione dei Musei del Louvre), sorte toccata anche, e più gravemente, alla collezione di dipinti, ormai ricostruibile solo attraverso il referto degli inventari e delle fonti scritte (vi si incontravano opere del Correggio, di Camillo Boccaccino, di Giulio Cesare e Carlo Antonio Procaccini). Sempre Camillo Procaccini, affiancato dal fratello Carlo Antonio, specialista di paesaggi e fiorami, e i più oscuri Giovan Battista Volpino e Agostino Lodola, sono impegnati nel 1602 e nel 1603 in base a documentati pagamenti (ma forse anche negli anni precedenti, in concomitanza con i lavori del ninfeo) nella decorazione ad affresco di una infilata di ambienti al piano terreno dell'ala più antica dell'edificio residenziale: entro elaborate incorniciature di mascheroni, cartocci, animali mostruosi, grottesche, si inseriscono figurazioni mitologiche, classiche, allegoriche e imprese araldiche. Gli affreschi, in larga misura strappati durante i lunghi e impegnativi lavori di restauro che hanno coinvolto la villa e il giardino a partire dagli anni Ottanta dello scorso secolo, sono stati da poco ricollocati in situ consentendo così ai visitatori di recuperare, pur tenendo conto delle perdite e dei danni del tempo, la cultura figurativa della cerchia di Pirro Visconti Borromeo. Nonostante gli scarti stilistici e qualitativi dovuti alla compresenza di più mani, "in quelle stanze si coglie una comune regia decorativa ", identificata da Morandotti in Camillo Procaccini. Al fratello minore di Camillo, Carlo Antonio (1571-1630), appartengono i paesaggi azzurrati e artificiosi di gusto nordico con scene venatorie, prime prove di un filone fortunato su cui si concentrerà la sua produzione, privilegiando rispetto all'affresco, solo più occasionalmente coltivato (ad esempio, nel Castello Visconti di San Vito a Somma Lombardo), i formati "in piccolo" da quadreria, a differenza dei fratelli Camillo e Giulio Cesare indirizzati verso la pittura di storia, ma che non mancarono di servirsi della sua collaborazione per gli inserti di paesaggio e di natura morta. Nella seconda metà del Settecento, subentrata nella proprietà la famiglia Litta, venne aggiunto un corpo di fabbrica in cotto e vennero consistentemente rimodellati, sotto la guida di Giuseppe Levati, architetto e pittore ornatista, il giardino (con l'inserimento di un emiciclo e della fontana di Galatea, una fontana a vasca circolare corredata da statue dei ticinesi Francesco e Donato Carabelli) e il ninfeo: se nella sua originaria ideazione questo nulla lasciava trasparire all'esterno, dall'apparenza di un edificio civile tuttora mantenuta nella fronte settentrionale verso il giardino, della stupefacente magia ludica degli interni, ora invece, coerentemente con l'affermarsi della poetica del pittoresco e del gusto per i giardini "all'inglese", la facciata del ninfeo venne rivestita da concrezioni calcaree per armonizzarla con il contesto naturalistico del giardino.
Notizie storiche
Carattere generale
"Sorprendere" il visitatore, divertendolo, fu l'intento dell'ideatore del complesso, il conte Pirro I Visconti Borromeo, che, nella seconda metà del XVI secolo, ampliò un possedimento, destinato a "riposteria" dei prodotti, iniziandone la trasformazione in villa di rappresentanza. Cultore d'arte, Pirro ridefinì architettura e decorazione del corpo residenziale, impostò il parco e ideò il ninfeo, progettato da Martino Bassi e concepito per esporre una collezione di dipinti, sculture e 'curiosità', oltre che per 'animare' i celebri scherzi d'acqua. Camillo Procaccini, autore dei mosaici dalla particolare tecnica in ciottoli colorati, e Morazzone, che dipinse - con illusionistico 'sotto in su' - il Mercurio dell'atrio d'ingresso, parteciparono alla realizzazione della dimora che divenne presto autentica "villa di delizia", cornice ideale per feste e ricevimenti, luogo per ospitare scrittori e sovrani di passaggio per Milano.
Fino agli anni '20 del Settecento la villa mantenne un impianto invariato: sarà Giulio Visconti Borromeo Arese, ultimo erede della dinastia, a costruire il "Quarto nuovo", a chiusura della corte d'ingresso, con una sala da ballo al piano nobile.
Le facciate del ninfeo furono 'reinventate' nella seconda metà del Settecento, per volere del marchese Pompeo Litta, nipote di Giulio, che avviò la sistemazione scenografica del parco, con fontane monumentali, e affidò a Giuseppe Levati, pittore prospettico dell'Accademia di Brera, la decorazione della sala da pranzo, con stucchi e affreschi su volte e pareti.
L'ultimo atto nel disegno del giardino si colloca all'inizio del XIX secolo: l'inserimento, come dettava la "moda" del tempo, di un boschetto paesaggistico, all'inglese, opera di Luigi Canonica.
I primi restauri e la riattivazione dei giochi d'acqua si devono ad Alberto Toselli che rilevò la proprietà nel 1932; è solo, però, in seguito all'acquisto da parte del Comune (1971) e agli interventi al ninfeo, che le 'sorprese' della villa riprendono a stupire, dopo un lungo periodo di abbandono. Da allora fino ad oggi si sono succeduti interventi di restauro estesi a porzioni dei due corpi residenziali (che ospitano la biblioteca e alcuni uffici comunali) e ad alcune strutture del parco: il resto del complesso 'attende' di ritornare al suo splendore.
Il barocco in villa
Testimonianza esemplare di quella "Milano profana" del tardo Cinquecento che forse troppo radicalmente si è voluto contrapporre alla "Milano sacra" dei due vescovi Borromeo, e più particolarmente del grande riformatore Carlo, la villa è il frutto della trasformazione di una preesistente costruzione rurale, di cui vennero mantenute le funzioni agricole e amministrative, in una residenza signorile, affacciata "su di un giardino incantato, ricco di acque e di vegetazione, dove tutto era predisposto per suscitare la meraviglia degli ospiti" (Morandotti, 2005, p. 28). Il suo creatore è Pirro Visconti Borromeo (1560 circa-1604), raffinato mecenate e collezionista, che si avvalse della collaborazione dell'architetto Martino Bassi, dello scultore Francesco Brambilla, e del pittore Camillo Procaccini: quest'ultimo (1558 circa- 1629), di nascita e formazione bolognese, fu chiamato nel 1587 da Pirro a Milano, dove avrebbe intrapreso, accanto ai fratelli minori Giulio Cesare e Carlo Antonio, una fortunata e lunga carriera, all'insegna - dopo le più spregiudicate prove iniziali attestate a Lainate - di un controllato, aulico accademismo controriformato bene in linea con il rigorismo devozionale della committenza religiosa milanese. Pirro Visconti Borromeo, imparentato con le famiglie più potenti e facoltose della nobiltà lombarda, era membro dell'Accademia della Val di Blenio, cenacolo intellettuale di fronda dove si incontravano nobili, artisti, letterati. Fondato nel 1560, nel 1568 ne divenne animatore, con il titolo di abate perpetuo, Giovan Paolo Lomazzo (1538- 1592), pittore (fino alla cecità sopraggiunta nel 1572), poeta, autorevole teorico del tardo manierismo (suoi testi principali sono il Trattato dell'arte della pittura, 1584 e l'Idea del Tempio della pittura, 1590). Secondo Alessandro Morandotti, il maggior studioso moderno del complesso di Lainate, il Lomazzo fu il consigliere culturale di Pirro Visconti e il suggeritore delle stupefacenti invenzioni della villa e del ninfeo, che si pongono in relazione, nell'intreccio di interessi artistici, naturalistici, tecnologici, con altri qualificati episodi di committenza del manierismo internazionale, legati al mondo delle corti italiane e centroeuropee. Milano, con le sue botteghe di artigianato artistico specializzate nei ricami, nella lavorazione dei metalli, dei cristalli, delle pietre dure, con esiti di altissimo livello qualitativo, era uno dei centri più vitali del movimento, grazie anche allo stimolo di mecenati intelligenti come Pirro Visconti Borromeo. Gli Accademici impiegavano nelle loro riunioni il dialetto "facchinesco" degli emigrati della Val di Blenio, nel Bellinzonese, e in tale bizzarra variante del dialetto milanese, oltre che in altri vernacoli lombardi, furono scritti i Rabisch (Arabeschi), una raccolta di componimenti poetici e di testi in prosa coordinata dal Lomazzo, significativamente data alle stampe nel 1589, anno di inaugurazione del ninfeo di Lainate, con cui condividevano il sofisticato, eccentrico clima intellettuale.
Uso attuale: corpo cinquecentesco: uffici/ biblioteca; corpo settecentesco: eventi; limonaia est: centro visitatori; limonaia ovest: uffici; ninfeo: visite guidate
Uso storico: corpi conquecentesco e settecenteco: abitazione; ninfeo: spazio espositivo
Condizione giuridica: proprietà Ente pubblico territoriale
Accessibilità: Come arrivare:
In auto da Milano: Autostrada A8, uscita Lainate
Metropolitana M1 Molino Dorino + autobus STIE per Legnano-Parabiago.
Info Utili per la visita:
visite guidate visite guidate 15.00>18.00 da maggio a metà ottobre.
servizi visite per gruppi su prenotazione (minimo 20 persone): compilando il modulo sul sito www.amicivillalitta.it o tutti i giorni della settimana telefonando, con almeno 20 giorni di anticipo, al numero 339 3942466.
Riferimenti bibliografici
Villa Lainate, 1840
Ville e castelli d'Italia. Lombardia e laghi, Milano 1907, pp. 113-125
Perogalli C./ Bescapè G.C., Ville milanesi, Milano 1965, pp. 27-28
Langé S., Ville della provincia di Milano. Lombardia 4, Milano 1972, pp. 80-103
Binaghi Olivari M.T./ Süss F./ Bagatti Valsecchi P.F., Le ville del territorio milanese, Milano 1989, v. I pp. 20, 27, 31, 40-41, 76-77, 90; v. II p. 132
Perogalli C./ Bescapè G.C., Ville milanesi, Milano 1965, pp. 63-72
Guaita O., Le ville della Lombardia, Milano 1994, pp. 69-70
Il ninfeo di villa Visconti Borromeo Litta a Lainate. Progetto di valorizzazione e restauro, Lainate 1996
Lombardia. L'arte, la bellezza e la città. Tesori da riscoprire, Milano 2001, pp. 341-343
Benzo E./ Anzani A./ Pagani C., Villa Borromeo Visconti Litta a Lainate. Arte, storia, cultura, architettura e giardini, restauro, Lainate 2002
Morandotti A., Milano profana nell'età dei Borromeo, Milano 2005
Fonti e Documenti
ASMi, Catasto, Mappe del Catasto Teresiano, 3453, f. 13
ASMi, Catasto, Mappe del Catasto Lombardo Veneto, 2910, f. 8
ASMi, Catasto, Mappe del Catasto Lombardo Veneto, 2910, f. 1
ASMi, Catasto, Mappe, Nuovo Catasto Terreni, 233, f. 8
fascicoli "Lainate villa Litta"; si segnalano in particolare la "Relazione storico artistica", a cura di Gujamaria Ghisu e la "Campagna fotografica" a cura di G. Ghisu e Mario Martinelli; ricerca per conto dell'ISAL su alcune ville
scheda di valutazione
Percorsi tematici:
Credits
Compilazione: Pergami Francesca (1991)
Aggiornamento: Sampietro, Micaela (1998); Laviscio, Raffaella (2001); Laviscio, Raffaella (2002); Piccolo, Olga (2006); Varalli, Francesca (2006); Marino, Nadia (2016)
Descrizione e notizie storiche: Coppa, Simonetta; Piccolo, Olga; Varalli, Francesca
Scheda completa SIRBeC (formato PDF)
Link risorsa: https://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/MI100-03427/
NOTA BENE: qualsiasi richiesta di consultazione, informazioni, ricerche, studi (nonché documentazione fotografica in alta risoluzione) relativa ai beni culturali di interesse descritti in Lombardia Beni Culturali deve essere inoltrata direttamente ai soggetti pubblici o privati che li detengono e/o gestiscono (soggetto o istituto di conservazione).