Corte di assise

Già in epoca medievale con il termine dal francese antico "asise", cioè "cosa fissata", derivante dal latino "assidere" cioè "sedere vicino", si intendeva il sedersi per rendere giustizia da parte di un'assemblea di persone, ovvero una giuria popolare, o giurì, composta per l'occasione da cittadini scelti in vari modi secondo le diverse legislazioni.
La denominazione odierna deriva dal francese "Cour d'assises" indicante l'organo costituito nel 1810 in periodo napoleonico.
La Corte di assise non esisteva nella legislazione del Regno di Sardegna prima del codice del 1859 (esisteva, però, nel Regno delle due Sicilie), ma nell'ordinamento giudiziario sancito dalla legge sarda sulla stampa del 26 marzo 1848, n. 695, era prevista una giuria competente esclusivamente sui reati contro l'ordinamento costituzionale commessi a mezzo della stampa e composta da dodici "giudici di fatto", un giudice di diritto e un magistrato d'appello.
La Corte di assise come vero e proprio organo giurisdizionale fu definita dal codice di procedura penale sardo del 1859, all'art. 9, e dalla legge del 13 novembre 1859, n. 3781, sull'ordinamento giudiziario. Era composta dal presidente assistito da due giudici togati e da una giuria popolare di dodici giurati estratti a sorte dalle liste elettorali all'inizio di ogni sessione. Il giudizio di merito era di competenza esclusiva della giuria; il presidente era competente a fissare la pena. La composizione della Corte di assise venne confermata dal codice di procedura penale italiano del 1865 (approvato con regio decreto 26 novembre 1865, n. 2598), mentre una riforma parziale del 1907 (r.d. 1 dicembre 1907, n. 777) eliminò i due giudici a latere e il codice di procedura penale del 1913 (pubblicato con regio decreto 27 febbraio 1913, n. 127) ridusse i giurati a dieci.
Con la legge 8 giugno 1874, n. 1937, si cercò di rimediare agli inconvenienti connessi al reclutamento dei giurati sulla ristretta base censuale degli elettori politici, estendendo l'inclusione nelle liste dei giurati a numerose categorie professionali e sociali qualificate, indipendentemente dal possesso del censo minimo necessario per essere elettori.
Tradizionalmente in tutte le legislazioni penali vengono giudicati dalla Corte di assise i reati più gravi o più importanti secondo le tendenze politiche locali.
Il codice del 1865 (che confermava le norme di quello del 1859) estese la competenza dai soli reati commessi a mezzo della stampa a una serie di reati gravi, quali quelli contro la sicurezza dello Stato e le istituzioni costituzionali, gli abusi dei ministri di culto, gli attentati contro l'esercizio dei diritti politici e infine "tutti i crimini che le sentenze di accusa avranno loro rinviato".
La Corte di assise si configurava dunque come una sessione speciale periodica trimestrale organizzata anche in più sedi nell'ambito di ogni distretto di Corte di appello, non dotata di uffici e archivi propri e dipendente dagli uffici della corte di appello o del tribunale presso cui veniva convocata per i servizi amministrativi e di cancelleria. I criteri e le procedure di nomina dei giurati erano piuttosto complesse implicando l'intervento di commissioni consultive a livello comunale, provinciale e governativo per la formazione delle liste dei giurati.
Per quanto concerne la definizione delle competenze dell'istituto della Corte d'assise va ricordato che nelle disposizioni di attuazione del codice penale Zanardelli approvato con regio decreto 30 giugno 1889, emanate con regio decreto 1 dicembre 1889, n. 6509, il comma 2 dell'art. 9 del codice di procedura penale che affidava alla discrezionalità delle sezioni di accusa il rinvio alla Corte di assise, venne sostituito da un capoverso che riservava alla competenza dell'assise i delitti per i quali era prevista la pena dell'ergastolo o una pena non inferiore nel minimo a 5 e nel massimo a 10 anni e il reato di bancarotta fraudolenta, oltre ai reati politici già attribuiti alla competenza dell'assise dal codice di procedura penale italiano del 1865.
Con la legge del 19 luglio 1894, n. 315 voluta dal governo Crispi, si sottraevano alla competenza dell'assise parte dei reati commessi a mezzo della stampa (es. istigazione a delinquere, apologia di reato, istigazione ad attentato con esplosivo e all'odio fra le classi sociali) da quel momento attribuiti alla competenza dei tribunali penali ordinari. Alla competenza dell'assise si aggiungeva invece la giurisdizione in merito all'istigazione di militari a disobbedire alle leggi e all'esposizione a disprezzo dell'esercito.
Il codice del 1913 fissava un criterio più generale collegato alla entità delle sanzioni cioè i reati puniti con l'ergastolo o con pene detentive non inferiori nel minimo a cinque anni o superiori nel massimo a dieci anni; confermava i reati contro la sicurezza dello Stato, le leggi elettorali, i reati di stampa; aggiungeva alcune ipotesi di reato contro la pubblica amministrazione ed altri reati espressamente indicati; aggiungeva i reati militari se connessi con reati comuni o con coimputati civili.
Relativamente alle procedure di funzionamento il codice di procedura penale del 1913 abolì il riassunto del dibattimento del presidente prima che i giurati deliberassero. Il regio decreto 5 ottobre 1913, n. 1176, ridusse il numero dei giurati da dodici a dieci e tolse alla competenza d'assise gli abusi dei ministri dei culti restituendole l'istigazione a delinquere e l'odio fra le classi sociali e l'apologia di reati commessi a mezzo di stampa. Con il fascismo la Corte di assise mutò sostanzialmente nel senso di un drastico ridimensionamento del ruolo dei giudici popolari. Il regio decreto 23 marzo 1931, n. 249, ne ridusse il numero da dieci a cinque, cambiandone la denominazione in quella di assessori e ponendo sotto stretto controllo la formazione delle liste dei cittadini idonei. Al giudice presidenziale fu di nuovo aggiunto un giudice a latere e vennero fissati numero e sedi dei circoli d'assise. Tutti i giudici togati e popolari andarono a comporre un unico collegio giudicante che decideva a maggioranza (con lo stesso peso per togati e popolari) sia di fatto che di diritto. Il codice di procedura penale Rocco, entrato in vigore il 1 luglio 1931, semplificò la definizione della competenza della Corte di assise estendendola a tutti i reati implicanti la pena di morte, l'ergastolo o la reclusione non inferiore nel minimo a 8 e nel massimo a 12 anni.
Fino al 1931 le sentenze redatte dal presidente erano di poche righe in quanto indicavano solo la pena ed erano prive della motivazione sulle circostanze del fatto e sugli elementi di responsabilità. La decisione era inappellabile perché non era previsto un secondo giudizio sul merito ed era ammissibile solo il ricorso in cassazione per motivi procedurali. Il giudizio con giuria popolare subiva una particolare eccezione se l'imputato rimaneva contumace. In questi casi la decisione spettava solo ai giudici togati e la sentenza era stilata nelle forme tradizionali che oggi conosciamo e cioè completa di motivazione in fatto ed in diritto. Se però il condannato si costituiva, nei casi più gravi era prevista "la purgazione" della sentenza: questa si considerava come non emessa e si procedeva a nuovo giudizio con giuria popolare dando luogo anche ad esiti processuali diversi dai precedenti.
Il regio decreto 1 marzo 1931 trasformò le Corti di assise in sezioni delle Corti di appello del distretto cui appartenevano.
Le Corti di assise fino al 1931 avevano sede presso i Tribunali del capoluogo di competenza. In seguito al regio decreto 28 maggio 1931, n. 603, furono trasferite presso le Corti di appello, dove rimasero fino al 1951 quando, a seguito della legge 10 aprile 1951, n. 287, tornarono ad essere sezioni del Tribunale.
Dopo la caduta del regime fascista la composizione delle Corti di assise fu modificata solo nei casi in cui avesse dovuto giudicare reati commessi col fascismo: il decreto legislativo luogotenenziale 27 luglio 1944, n. 159, intitolato "Sanzioni contro il fascismo", cambiò i cinque assessori in giudici popolari nominati dal primo presidente della Corte di appello, composizione divenuta ordinaria col decreto legge 5 ottobre 1944, n. 290 (due magistrati e cinque giudici popolari).
Con decreto legislativo luogotenenziale 22 aprile 1945, n. 142 (attuativo del decreto legislativo 159/1944) furono istituite le corti straordinarie di assise per i reati di collaborazione con i tedeschi.
Il regio decreto 31 maggio 1946, n. 560, riportò la composizione delle Corti di assise a un presidente e 10 giurati. Il regio decreto 4 dicembre 1946, n. 580, ne ridefinì il numero e le circoscrizioni.
La legge 10 aprile 1951, n. 287, sul riordinamento dei giudizi di Corte di assise, introdusse l'appellabilità delle sentenze, istituendo in ogni distretto di Corte di appello una o più Corti di assise di appello, giudicanti sull'appello proposto avverso le sentenze e gli altri provvedimenti emessi dalle Corti di assise (art. 2).
La legge 287/1951 mantenne inoltre il collegio unico, portando a sei i giudici popolari, modificandone le modalità di nomina. L'accesso delle donne all'ufficio di giudice popolare venne sancito dalla legge 27 dicembre 1956, n. 1441, ma con il limite di tre.
Con decreto del presidente della repubblica 27 giugno 1957, n. 465 si ebbero nuove norme nella "Determinazione del numero dei giudici popolari delle Corti di assise e delle Corti di assise di appello".
A causa delle continue difficoltà legate alla costituzione dei collegi, nel 1978 il decreto legge 14 febbraio 1978, n. 31 (convertito con modifiche nella legge 24 marzo 1978, n. 74) apportò delle modifiche alle norme di funzionamento delle Corti di assise con particolare riguardo al procedimento di scelta dei giudici popolari. Per quanto riguarda invece i reati di competenza dell'assise, importanti cambiamenti vennero introdotti dal decreto legge n. 29 del 22 febbraio 1999 "Nuove disposizioni in materia di competenza della Corte di assise e di interrogatorio di garanzia", convertito nella legge 21 aprile 1999, n. 109, che escluse dalle competenze dell'assise i delitti di rapina aggravata ed estorsione (affidandoli al Tribunale).
Secondo l'ordinamento giudiziario in vigore al 2003 la Corte di assise di primo grado è un organo della giurisdizione ordinaria penale competente a giudicare in primo grado solo per alcuni gravi reati e precisamente:
- per i delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a ventiquattro anni, esclusi i delitti di tentato omicidio, di rapina e di estorsione, comunque aggravati, e i delitti previsti dall'art. 630, comma 1, del codice penale (sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione) e al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 "Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza"
- per i delitti consumati previsti dagli articoli 579 (omicidio del consenziente), 580 (istigazione o aiuto al suicidio), 584 (omicidio preterintenzionale) del codice penale
- per ogni delitto doloso se dal fatto è derivata la morte di una o più persone, escluse le ipotesi previste dagli articoli 586 (morti o lesioni come conseguenza di altro delitto), 588 (rissa), 593 (omissione di soccorso) del codice penale
- per i delitti previsti dalle leggi di attuazione della XII disposizione finale della Costituzione (ricostituzione del disciolto partito fascista), dalla legge 9 ottobre 1967, n. 962 "Prevenzione e repressione del delitto di genocidio" e nel titolo I del libro II del codice penale (delitti contro la personalità dello stato) solo nei casi in cui è prevista la pena della reclusione fino ad un massimo di dieci anni.
La Corte di assise di primo grado è composta da un Presidente (magistrato di Corte di appello), da un "giudice a latere" (magistrato di Tribunale) e da sei giudici popolari (in possesso di licenza media inferiore). Nello svolgimento della loro funzione i giudici popolari sono equiparati ai magistrati di Tribunale e partecipano alla formazione della sentenza con parità di voto.
Le Corti di assise di primo grado e di appello, previste solo per la giustizia penale, sono gli unici organi giudiziari che prevedono la partecipazioni di giudici popolari.
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Bibliografia
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SILENGO, Giustizia rivoluzionaria a Novara, in "Annali di ricerca contemporanea", n. 4 - 5, 1996
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Fonti normative
- regio editto sulla stampa 26 marzo 1848, n. 695 (= regio editto 695/1848)
- legge 13 novembre 1859, n. 3781 (= l. 3781/1859)
- regio decreto 26 novembre 1865, n. 2598, "Per l'approvazione e pubblicazione del codice di procedura penale" = (r.d. 2569/1865)
- legge 8 giugno 1874, n. 1937, "Sull'ordinamento dei giurati e sui giudizi davanti alle corti di assise" (= l. 1937/1874)
- regio decreto 30 giugno 1889 (= r.d. 30 giu 1889)
- regio decreto 1 dicembre 1889, n. 6509, "Sull'approvazione delle disposizioni di attuazione del Codice penale" (= r.d. 6509/1889)
- legge del 19 luglio 1894, n. 315, "Sulla istigazione a delinquere e sull'apologia di reati commessi col mezzo della stampa" (= l. 315/1894)
- regio decreto 1 dicembre 1907, n. 777, "Disposizioni di attuazione e di coordinamento dell'art. 10 della l. 14 luglio 1907, n. 511 sull'ordinamento giudiziario" (= r.d. 777/1907)
- regio decreto 27 febbraio 1913, n. 127 (= r.d. 127/1913)
- regio decreto 5 ottobre 1913, n. 1176, "Norme di attuazione del codice di procedura penale" (= r.d. 1176/1913)
- regio decreto 23 marzo 1931, n. 249, "Ordinamento delle corti di assise" (= r.d. 249/1931)
- regio decreto 28 maggio 1931, n. 603 (= r.d. 603/1931)
- decreto legislativo luogotenenziale 27 luglio 1944, n. 159, "Sanzioni contro il fascismo" (= d. lg. lgt. 159/1944)
- decreto legge 5 ottobre 1944, n. 290 (= d.l. 290/1944)
- decreto legislativo luogotenenziale 22 aprile 1945, n. 142, "Istituzione di corti straordinarie di assise per i reati di collaborazione con i tedeschi" (= d. lg. lgt. 142/1945)
- regio decreto 31 maggio 1946, n. 560 (= r.d. 560/1946)
- regio decreto 4 dicembre 1946, n. 580 (= r.d. 580/1946)
- legge 10 aprile 1951, n. 287, "Riordinamento dei giudizi di assise" (= l. 287/1951)
- legge 24 novembre 1951, n. 1324, "Modificazioni alla l. 10 aprile 1951, n. 287, sul riordinamento dei giudizi di assise" (= l. 1324/1951)
- legge 5 maggio 1952, n. 405, "Modificazioni alla l. 10 aprile 1951, n. 287, sul riordinamento dei giudizi di assise" (= l. 405/1952)
- legge 27 dicembre 1956, n. 1441, "Sulla partecipazione delle donne all'amministrazione della giustizia nelle corti d'assise e nei tribunali per i minorenni" (= l. 1441/1956)
- decreto del presidente della repubblica 27 giugno 1957, n. 465, "Determinazione del numero dei giudici popolari delle Corti di assise e delle Corti di assise di appello" (= d.p.r. 465/1957)
- legge 9 ottobre 1967, n. 962, "Prevenzione e repressione del delitto di genocidio" (= l. 962/1967)
- legge 24 marzo 1978, n. 74, "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 14 febbraio 1978, n. 31, contenente modificazioni alle norme sul funzionamento delle corti di assise" (= l. 74/1978)
- legge 21 febbraio 1984, n. 14, "Modifiche ed integrazioni alla l. 10 aprile 1951, n. 287, sulle corti di assise e sulle corti di assise di appello" (= l. 14/1984)
- legge 24 marzo 1986, n. 79, "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 6 febbraio 1986, n. 18, concernente nuove disposizioni in materia di formazione dei collegi delle corti d'assise e delle corti d'assise d'appello" (= l. 79/1986)
- decreto del presidente della repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, "Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza" (= d.p.r. 309/1990)
- decreto legge 22 febbraio 1999, n. 29, "Nuove disposizioni in materia di competenza della Corte di assise e di interrogatorio di garanzia" (= d.l. 29/1999)
- legge 21 aprile 1999, n. 109, "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 22 febbraio 1999, n. 29, recante nuove disposizioni in materia di competenza della Corte di assise e di interrogatorio di garanzia" (= l. 109/1999)
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(Redazione a cura di Lucia Ronchetti, 1999; revisione e integrazione a cura di Antonella Cassetti, 2007; integrazione a cura di Giancarlo Battilà, 2009)