Lascito famiglia Prato - Opera pia pei ciechi poveri della Provincia di Como (1909 - 1971)

Sede: Asso

Tipologia ente: ente di assistenza e beneficenza

Progetto: Provincia di Como: lascito famiglia Prato - Opera pia pei ciechi poveri della Provincia di Como

L'opera pia "Lascito Famiglia Prato" nasce da un'elargizione dell'industriale serico Ernesto Prato di Asso che, nel proprio testamento segreto del 9 agosto 1908, a rogito del notaio Giovanni Bassi di Barzago (n° 9 di repertorio), destina la somma di 500.000 lire alla fondazione di un istituto per la cura, il ricovero e l'assistenza dei ciechi nati nel territorio della provincia di Como, circoscrizione amministrativa che comprende in quel periodo anche le attuali province di Varese e Lecco. Vero autore del lascito è però in realtà Emilio Prato, zio di Ernesto, che, nominando suo erede il nipote, lo vincola alla realizzazione di questa sua volontà. Nell'atto della donazione, è lo stesso Ernesto Prato ad attribuire il titolo ufficiale all'istituzione da lui fondata, denominandola "Lascito Famiglia Prato - Opera Pia pei ciechi poveri della Provincia di Como". Inoltre, è sempre per volontà testamentaria di Ernesto che viene affidato a Lodovico Gavazzi e Beniamino Pancerasa, possidenti, il compito di presentare domanda per l'erezione dell'istituto, momentaneamente denominato "Istituto provinciale dei ciechi poveri di Asso", in ente morale. Lo statuto del nuovo Ente (15 luglio 1909) viene approvato con decreto reale del 30 agosto 1909, dato a S. Anna di Valdieri.
Lo scopo dell'opera pia, secondo lo statuto originario, è quello di provvedere gratuitamente al mantenimento, educazione morale e fisica, istruzione ed assistenza dei fanciulli ciechi poveri di ambo i sessi, appartenenti per nascita e per domicilio di soccorso ad uno dei comuni del territorio della provincia di Como (ai sensi della legge 17 luglio 1890, n. 6972). Concretamente, ciò avviene tramite il ricovero in un nuovo istituto da erigersi in Asso.
Il luogo della nuova costruzione è scelto direttamente da Ernesto che interpreta la volontà dello zio di manifestare, con tale opera, il suo attaccamento a quella comunità. Lo statuto però non esclude altre forme di aiuto, come l'elargizione di sussidi per l'assistenza a domicilio e l'erogazione di borse di studio e contributi per il perfezionamento nelle arti e mestieri per altri soggetti non ricoverati.
Appare chiaro che il ricovero nell'istituto di Asso è sicuramente il primo obiettivo dell'opera pia ma non l'unico ed anzi, il progetto di assistenza appare esteso, in base alla disponibilità di fondi e risorse, a tutti i ciechi di ogni età e ad ogni forma assistenziale. L'ospitalità nell'istituto è gratuita per i fanciulli poveri, ma sono anche ammessi ricoveri dietro pagamento di una retta.
I mezzi per sostenere questo ambizioso piano sono rappresentati dalle rendite del patrimonio donato dal Fondatore, dalle rette dei ricoverati a pagamento, da quote sui proventi dei lavori eseguiti dai ricoverati e da altri introiti non destinati ad aumentare il patrimonio.
L'opera pia è retta da un Consiglio d'amministrazione formato da 7 membri, compreso il Presidente, che si riunisce per la prima volta il 19 dicembre 1909, eleggendo come primo presidente Lodovico Gavazzi, con incarico assegnato a vita (1). Degli altri consiglieri, tre vengono eletti a vita dal Fondatore (2), mentre i restanti tre sono eletti dal Consiglio provinciale, a rappresentanza delle tre zone della provincia: Como, Lecco e Varese.
I primi anni di attività dell'opera pia appaiono un po' confusi e quasi del tutto dedicati alla costruzione dell'istituto che è completato solo nel 1915. In attesa che la struttura di Asso venga ultimata, le sedute del Consiglio avvengono quasi sempre in locali messi a disposizione dal Presidente a Milano, oppure a Como. L'attività assistenziale invece si manifesta con l'invio dei fanciulli ciechi poveri presso le strutture dell'Istituto dei ciechi di Milano o presso la Casa del cieco di Civate.
Dal 1909 al 1915 dunque, il Consiglio d'amministrazione è molto impegnato nella sistemazione del patrimonio fondiario ereditato da Ernesto Prato, tra cui una ditta tessile: il 24 novembre 1912 infatti, il Consiglio stabilisce di accettare l'eredità di Ernesto Prato (3) (che ha nominato l'opera pia erede universale col già citato testamento del 9 agosto 1908). In seguito a questa decisone, inoltre, la gestione della ditta viene delegata, dopo un periodo di trascuratezza, a Lodovico Gavazzi e Beniamino Pancerasa (4), e a loro rimase affidata fino al momento in cui il setificio viene affittato alla ditta dei fratelli Nessi. I due amministratori delegati hanno l'obbligo di riferire sulla gestione provvisoria al Consiglio dell'opera pia.
Anche dopo l'ultimazione dei lavori di costruzione dell'istituto, la struttura realizzata non funziona praticamente mai per lo scopo con la quale è stata concepita: la sua gestione si rivela troppo costosa e la situazione economica in cui l'opera pia si viene a trovare negli anni del dopoguerra convince gli amministratori a proseguire nella modalità di assistenza sino ad ora effettuata, cioè finanziando il ricovero dei non vedenti nell'Istituto dei ciechi di Milano. Il fabbricato viene così affittato principalmente all'Ente comunale di assistenza di Asso e, in un secondo tempo, all'INPS che vi fissa la sede di un convalescenziario.
Questa modalità operativa di erogazione di assistenza viene molto osteggiata dal Comune di Asso, ma ciò non impedisce che, grazie alle modifiche apportate allo statuto nel 1939, venga comunque istituzionalizzata. In questo modo l'opera pia cambia in parte il suo fine istituzionale: allo scopo iniziale del "ricovero, educazione ed istruzione dei ciechi in un istituto da erigersi in Asso e dell'assistenza generica di tutti i ciechi", viene sostituito quello affine dell'invio dei ciechi "in altri istituti del Regno per il ricovero, l'assistenza, l'educazione e l'istruzione", conservando invece quello dell'assistenza generica a tutti i non vedenti. Inoltre viene ufficializzato anche lo spostamento della sede legale dell'Ente da Asso a Como (5), in via Volta al civico n. 30.
Nel frattempo, prima che l'opera pia cambi ufficialmente il suo scopo iniziale, il Consiglio d'amministrazione decide, con deliberazione del 29 ottobre 1936, la vendita del fabbricato in Asso all'Amministrazione provinciale di Milano (6), che lo destina a sede di un centro di ricovero per encefalitici.
Nel 1944, constatata l'impossibilità del funzionamento corretto del Consiglio d'amministrazione, la Prefettura di Como decreta il commissariamento della gestione dell'Ente. La gestione provvisoria dura fino al 1955.
La documentazione conservata nel fondo archivistico termina intorno all'inizio degli anni '70 del secolo XX. Di fatto l'opera pia è tuttora esistente, come si può rilevare anche dagli elenchi ufficiali delle II.PP.A.B. conservati presso la Regione Lombardia. La sede ufficiale è oggi coincidente con la sede dell'amministrazione della Provincia di Como (Via Borgovico 148 - Como). Pur essendo ancora esistente un Consiglio di amministrazione, almeno sicuramente sino al 1999, l'opera pia non risulta svolgere più la sua attività istituzionale. Da tempo gli uffici della Provincia si stanno occupando del definitivo scioglimento del Lascito.

Note
1. A differenza dei suoi successori, il cui mandato era di quattro anni.
2. Alla morte di uno di essi, gli altri due avrebbero nominato come sostituto uno dei tre eletti dal Consiglio provinciale, e così sarebbe dovuta la cooptazione sempre.
3. La Prefettura di Como approvò questa decisione il 2 maggio 1913.
4. Pancerasa e Gavazzi vengono dunque nominati anche amministratori dell'eredità, oltre che esecutori testamentari (deliberazione del Consiglio d'amministrazione del 18 febbraio 1912).
5. Avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 30 dicembre 1939.
6. Più precisamente: l'istituto venne venduto ad un consorzio del quale facevano parte, oltre all'Amministrazione provinciale di Milano, anche la Cassa di risparmio e il Comune di Milano.

Compilatori
Quartieri Domenico, Archivista