Luoghi pii elemosinieri di Ghedi (sec. XVI - sec. XIX)

Sede: Ghedi

Tipologia ente: ente di assistenza e beneficenza

Progetto: Comune di Ghedi: Ente comunale di assistenza di Ghedi - ECA

Lo storico Paolo Guerrini afferma che a Ghedi esisteva, fin dal XIII secolo, un Consorzio dei poveri, trasformato nel 1582 dall'arciprete Alessandro Malacrida nel Monte di pietà per il prestito di grano e denaro ai poveri (1). Nello Statuto organico della Congregazione di carità del 12 settembre 1878 si legge però come la mancanza di documenti storici lasci incerta l'epoca in cui ebbe principio questo istituto e che è "solo da alcuni dati che si rileva che desso esisteva fino dal secolo XV sotto la denominazione di Consorzio dei poveri" (2). Un incendio avvenuto nel XVI secolo, combinato con la "supponibile trascuranza dell'amministrazione d'allora" che non si impegnò a recuperare "almeno il nome degli originari fondatori e la derivazione dei beni che ne costituivano il patrimonio", sono la causa, secondo gli amministratori tardo ottocenteschi, della irrimediabile perdita di notizie certe sulla storia della pia opera.
Nel 1610, Giovanni da Lezze nel suo Catastico bresciano (3) cita ancora per Ghedi il Consorzio dei poveri e il Monte di pietà. Del primo dice che ha una entrata di circa 1380 lire derivante dagli affitti "de campi incantati" e dai livelli, che é amministrato da quattro deputati e da un massaro, tutti eletti dalla vicinia. Loro compito é quello di dotare le "putte povere [...] meritevoli", dispensare il panno per vestire i poveri, sovvenire ammalati e altri bisognosi in denaro "et comprar cera per sepellir i poveri". Il Monte di pietà ha invece un capitale di 1800 lire ed é anch'esso amministrato da quattro deputati e un massaro. La grave mancanza di documentazione ci impedisce purtroppo di seguire con precisione le cesure istituzionali che segnarono la storia degli enti assistenziali del Comune.
Un prospetto degli stabilimenti di beneficenza esistenti nel comune di Ghedi datato 20 giugno 1827 (4) elenca tra le pie fondazioni locali il Consorzio dei poveri, la Commissaria Bonacina e il Monte di biada. Ad amministrare i tre enti sono gli stessi membri della Congregazione di carità. Secondo il documento del 1827 il patrimonio del Consorzio dei poveri consisteva in fondi, capitali e censi derivanti da diversi legati "il preciso scopo dei quali si conosce più dalla venuta pratica che dalle disposizioni testamentarie le quali mancano all'ufficio nella massima parte". Tale patrimonio serviva innanzitutto per la dispensa annuale di mille braccia di panno ai poveri e per l'erogazione di piccoli soccorsi in denaro e in medicinali agli infermi. Vi erano poi la condotta degli infermi agli Spedali di Brescia, l'acquisto della cera per gli obiti dei morti miserabili, l'onorario della levatrice che assisteva le inferme, la cera per il parroco locale, l'annua dotazione di nove fanciulle povere "che vanno a marito". Per quanto riguarda la commissaria Bonacina, nell'elenco si legge che mentre l'originale disposizione del testatore prevedeva l'erogazione annuale ai poveri di "tanto pane quanto é il ricavo d'entrata, detratta ogni spesa", fin dal 1796, riconosciuta più proficua per i poveri la distribuzione del grano duro, si preferì darne "una quarta ad ogni individuo delle famiglie povere". Il Monte di biada si occupava invece della distribuzione a prestito, "di contro pieggeria", di granoturco, con l'obbligo di restituirlo al successivo raccolto aggiungendovi "uno stopino di formentone per ogni quarta data a prestito".
Scopo precipuo della Congregazione era "sovvenire il povero e l'infermo nei loro più stringenti bisogni della vita, con particolare riguardo alle vedove madri di tenera prole ed all'impotente vecchiaia, previe le opportune informazioni sullo stato fisico-economico dei singoli petenti". Compito degli amministratori era quello di conservare ma soprattutto di incrementare il patrimonio dell'istituto, distribuendone le rendite nella misura, nei tempi e nei modi stabiliti dalle fondiarie, ed in mancanza di queste dalla consuetudine, "salve le modificazioni reclamate dall'esperienza e dal bisogno, debitamente autorizzate".
Sebbene già con circolare 16 ottobre 1819, n. 25037 il governo austriaco avesse soppresso le Congregazioni di carità della provincia di Brescia (5), non disponiamo purtroppo di documentazione che testimoni in maniera diretta e precisa il momento in cui anche a Ghedi la Congregazione cessò di esistere. A testimoniare tuttavia questo mutamento istituzionale sono le indicazioni contenute nei documenti conservati che, se fino al 1828 citano una Congregazione di carità di Ghedi amministratrice delle diverse cause pie esistenti in loco, a partire dall'anno successivo, il 1829, intestano le carte ad un ente alternativamente denominato Istituto di beneficenza, Pii luoghi elemosinieri, Istituto elemosiniero di Ghedi.
E' in un documento del 31 dicembre 1835 che possiamo "leggere" uno dei momenti fondanti della nuova amministrazione. Si tratta del verbale con cui il Direttorio d'amministrazione, obbedendo alla disposizione commissariale 19 dicembre 1835 n. 4082, si trasferisce nell'ufficio di beneficenza per fare consegna al nuovo amministratore, il nobile Francesco Ochi, di tutti gli "atti, generi ed effetti pertinenti al Pio Istituto". Negli attori di questo documento si riconoscono le figure di quel corpo collegiale cui erano affidati gli Istituti elemosinieri nati dopo la riorganizzazione dell'amministrazione del settore caritativo assistenziale operata dal governo austriaco. Firmano infatti il documento il primo deputato all'Amministrazione comunale, il parroco e il nuovo amministratore; contestualmente l'ufficio viene anche "riconsegnato" dal nuovo amministratore al segretario che ne aveva già dal 3 settembre 1826 la responsabilità, Francesco Zanetti.
L'Istituto elemosiniero continuava ad amministrare - assumendo le competenze già proprie della Congregazione che l'aveva preceduto - la beneficenza ai poveri, il Monte grano, il Consorzio dei poveri e la commissaria Bonacina.
L'esercizio della tutela governativa sul pio luogo avveniva tramite il controllo della Delegazione provinciale: testimonianza ne é la corrispondenza contenuta tra le altre nelle serie Beneficenza, Redditi, Legati. Sappiamo, grazie alla lettura delle missive, che spettava alla Delegazione approvare i contratti di fornitura di frumento e panno per le dispense, entrare nel merito degli usi invalsi nelle dispense quando questi si discostavano dalle prescrizioni espresse dai testatori, sovrintendere le decisioni per l'appalto della ricevitoria dei redditi, decidere circa l'accettazione delle eredità o sollecitare la riscossione dei debiti.

Note
(1) Paolo Guerrini, Cronache di Ghedi (secoli XV-XVII), Scuola Tipog. Vescovile Artigianelli, Pavia 1929, p. 23.
(2) "Statuto organico pella Congregazione di carità di Ghedi", 12 settembre 1878, in ACCG, b. 1, f. 7.
(3) Giovanni Da Lezze, Il catastico bresciano 1609-1610, Brescia, ristampa del 1973, vol. II, c. 480 r. e v.
(4) "Elenco degli stabilimenti di beneficenza esistenti nel Comune di Ghedi", in ACCG, b. 211, f. 4.
(5) Mentre allo scioglimento della Congregazione di Brescia aveva già provveduto il decreto 8 settembre 1816.

Compilatori
Cazzoli Sara, Archivista
Piroli Debora, Archivista
Gallotti Roberta, Archivista