Pia Casa degli esposti e delle partorienti in Santa Caterina alla Ruota (1780 - 1866)
Sede: Milano
Tipologia ente: ente di assistenza e beneficenza
La Pia Casa degli esposti e delle partorienti in Santa Caterina alla ruota in Milano fu fondata dall'imperatrice Maria Teresa d'Asburgo nel 1780. Nel secondo Settecento, il numero dei bambini e delle partorienti accolti nel "Quarto delle balie" dell'Ospedale Maggiore era andato continuamente crescendo e la tradizionale struttura d'accoglienza manifestava la propria insufficienza anche agli occhi del governo asburgico che, dagli anni Sessanta, aveva dato avvio ad un'intensa opera di razionalizzazione dell'intero sistema assistenziale. Richiamavano l'attenzione di Vienna non solo il "grandioso debito" che gravava sull'Ospedale Maggiore - debito al quale le spese per il mantenimento degli esposti davano un contributo sempre più importante -, ma soprattutto l'elevata mortalità fra i neonati ricoverati, imputabile al sovraffollamento, alle precarie condizioni igienico-sanitarie e alla carenza di nutrici interne. Il governo, dopo aver concordato con l'arcivescovo il trasferimento delle monache, fece quindi ristrutturare a proprie spese il grande monastero di Santa Caterina alla ruota, che sorgeva lungo il Naviglio, di fronte all'Ospedale Maggiore, e lo destinò a ricovero per partorienti ed esposti. La Pia Casa prese il nome dalla precedente destinazione dell'edificio: la "ruota", presente nella denominazione del soppresso monastero, era un riferimento allo strumento di martirio di Santa Caterina dAlessandria e non al torno per lesposizione che, peraltro, fu immediatamente aperto. Il 28 dicembre 1780 furono trasferiti nella nuova sede le gravide, le balie e tutti "i figli" e "le figlie" abili presenti nell'Ospedale Maggiore e in quello di San Vincenzo, che dal 1772 accoglieva gli esposti e le esposte "da pane". Nell'atto di fondazione era previsto che l'Ospizio, per non gravare sull'Ospedale Maggiore, di cui era "emanazione e parte" e da cui, pur avendo un bilancio proprio, continuava a dipendere economicamente e amministrativamente, avrebbe goduto di un fondo governativo per la parte di spesa eccedente il livello del 1780 e, inoltre, che si sarebbe avvalso delle rendite e dei beni di alcuni luoghi pii soppressi.
Le trasformazioni che, dall'età giuseppina agli anni napoleonici, riorganizzarono completamente - pubblicizzandolo - l'intero sistema assistenziale, ospedaliero ed elemosiniero, e che consistettero essenzialmente nella concentrazione delle opere pie su scala comunale e nella sostituzione dei Capitoli con funzionari statali, determinarono radicali mutamenti istituzionali. Dopo la sua fondazione, la Pia Casa di Santa Caterina fu amministrata per breve tempo da una Delegazione formata da due membri del Capitolo ospedaliero, fra cui il priore, e dal luogotenente governativo. Nel 1784 il Capitolo dell'Ospedale Maggiore fu soppresso e la sua amministrazione, così come quella degli ospedali dipendenti, fu demandata alla Regia Giunta delle pie fondazioni. L'anno successivo la direzione medica fu separata da quella gestionale-patrimoniale e, da quel momento fino al 1841, fu esercitata congiuntamente sull'Ospedale Maggiore, sui Luoghi pii Santa Caterina e Senavra, e, successivamente, anche sull'Istituto di Santa Corona, tranne che per gli anni 1803-1810, nei quali venne soppressa la carica. Nel 1791, Leopoldo II sciolse la Giunta e ricostituì nuovi Capitoli, formati da amministratori di nomina governativa, e fu quindi ripristinata anche la delegazione speciale per Santa Caterina. Nel 1796, con l'occupazione francese, il Capitolo fu sostituito da un consiglio di "deputati cittadini". Durante il Regno d'Italia napoleonico, fra il 1807 e il 1808, la gestione di Santa Caterina, unitamente a quella degli altri tre istituti, divenne competenza della I sezione della Congregazione di Carità. La Congregazione fu sciolta nel 1819 dal restaurato governo austriaco, che, tuttavia, conservò l'amministratore unico per i quattro enti. Nel 1866 la Pia casa di Santa Caterina, che dal 1841 aveva ottenuto un proprio direttore medico, passò in carico alla Provincia di Milano, divenendo Ospizio provinciale degli esposti e delle partorienti.
I mutamenti istituzionali sette-ottocenteschi produssero anche alcuni mutamenti nella gestione dell'assistenza materno-infantile milanese, ma essi non alterarono il profilo tradizionale del brefotrofio, identificato con un istituto aperto a tutti i neonati poveri e a tutte le gestanti bisognose. La prima novità, cioè la chiusura del torno, ordinata nel 1784 da Giuseppe II, non produsse, se non nel brevissimo periodo, un'inversione di tendenza negli ingressi dei bambini. La loro accettazione attraverso l'ufficio era infatti subordinata alla presentazione di una "fede" parrocchiale di povertà, il che consentiva, proprio come la ruota, un accesso illimitato alla carità dell'Ospedale da parte delle famiglie indigenti. In ogni caso, il torno fu riaperto poco dopo (1791), per disposizione di Leopoldo II. Accanto agli esposti nella ruota e - ormai assai raramente - in luogo pubblico, continuarono ad essere accolti, come in passato, i bambini nati nel comparto ostetrico, benché le madri, legittime o illegittime, fossero libere di portarli con sé alla dimissione. Fu tuttavia abolito il giuramento di paternità per le partorienti: la loro identità, fossero legittime o illegittime, venne coperta con il più rigoroso segreto (Regolamenti 1781, 1784). Le norme sul baliatico gratuito furono rese più generose da Leopoldo II: il governo estese tale forma d'assistenza a tutti i neonati poveri "quantunque di genitori conosciuti", purché fossero figli di donne "impotenti ad allattare", di donne decedute oppure degenti nell'Ospedale Maggiore, senza esigere più alcuna garanzia sul loro ritiro. La Pia Casa si trasformò così in un "pubblico stabilimento di baliatico gratuito (Hunecke 1989): fra il 1780 e il 1866 accolse a vario titolo 213.649 bambini, in gran parte figli legittimi di genitori poveri.
La strategia educativa dell'Ospedale Maggiore rimase inalterata rispetto ai secoli precedenti, ma fu gestita in modo più razionale. Il collocamento all'esterno degli assistiti non contagiosi presso le balie e le famiglie contadine, in cambio del salario e del corredo, fu applicato con sistematicità e favorito con l'aumento delle mercedi agli "allevatori" e con l'assegnazione di compensi straordinari e di indennità di viaggio. Il regolamento giuseppino (1784), tuttavia, abolì - almeno in linea di principio - il diritto delle esposte nubili a rientrare nell'Ospizio anche dopo l'età dell'abdicazione, che restava così determinata, per tutti gli assistiti autosufficienti, a quindici anni. Fu invece confermato il diritto alla dote, fissata in cento lire imperiali e in una coperta di lana.
Bibliografia
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Compilatori
Reggiani Flores, Archivista
Link risorsa: https://www.lombardiabeniculturali.it/archivi/soggetti-produttori/ente/MIDB001711/