Emilio Parma, Ritratto di Maria Volentieri Ticozzi e di Luigia Bernasconi Tagliabue

Emilio Parma, Ritratto di Maria Volentieri Ticozzi, 1918 olio su tela

Emilio Parma, Ritratto di Maria Volentieri Ticozzi, 1918 olio su tela

Il ritratto a figura intera presenta la donna seduta di tre quarti seria e austera, vestita di nero, con lo sguardo rivolto allo spettatore e come unico vezzo diversi gioielli, tra cui un bracciale d’oro con una grossa pietra preziosa, oggetto del lascito testamentario o esibito per affermare l’alto rango sociale.

Dal punto di vista stilistico il ritratto non supera i limiti di una rigida convenzionalità. L’ambientazione è essenziale – costituita dall’immancabile tendaggio – e del tutto priva di connotati personali, la posa è poco naturale, rendendo evidente l’artificiosità con cui il pittore confezionava la gran parte dei suoi ritratti, derivando le sembianze da una fotografia.

Emilio Parma, Ritratto di Luigia Bernasconi Tagliabue, 1938 olio su tela

Emilio Parma, Ritratto di Luigia Bernasconi Tagliabue, 1938 olio su tela

Maria Volentieri nata nel 1856 da un proprietario terriero e con il marito Antonio Ticozzi sostenne generosamente il Fondo Monza Benefica. Anche il marito fu commemorato da un ritratto firmato da Parma e datato 1923.
Il formato importante, tipico del ‘ritratto intero‘, rende testimonianza di una donazione considerevole, secondo quella consuetudine che si era andata codificando nel corso dell’Ottocento nella milanese Cà Granda e che rimase in vigore fin nei primi decenni del secolo successivo, che prevedeva un rapporto minimo tra l’offerta in denaro e la categoria del ritratto: a figura intera, a due terzi di figura, a mezzo busto.

L’immagine, presumibilmente derivata da una fotografia, è convenzionale, con Luigia Bernasconi che posa di tre quarti guardando lo spettatore su fondo rosso. La resa dei caratteri fisionomici è tuttavia particolarmente delicata; anche il linguaggio pittorico, che qui assume un aspetto più morbido rispetto al consueto stile pittorico del Parma, riflette la finezza di una figura compassata ed elegante. La donna è ripresa con una parure di orecchini e un doppio filo di perle con grosso pendente, come segno di distinzione sociale.

Il ritratto della moglie di Giuseppe Tagliabue, entrò a far parte dei benefattori dell’Ospedale grazie alla donazione da parte dei figli, in memoria dei genitori, nell’aprile del 1938 e lo stesso anno si deliberò che, vista la generosa munificenza ‘senza vincolo alcuno’, venisse intestato ai coniugi Tagliabue un padiglione adibito al ricovero degli infermi acuti presso l’Ospedale Umberto I di Monza.

Il Presidente dell’Ospedale, Vincenzo Brigatti, in una lettera datata 14 aprile 1938, promette agli eredi di svolgere ‘tutte le pratiche di legge affinché, anche negli inventari e negli archivi, la effettuata donazione rimanga in evidenza e ricordata perpetuamente’; molto probabilmente con questa intenzione vennero commissionati i ritratti dei Tagliabue al pittore Emilio Parma (foto 131919, Emilio Parma, Ritratto di Giuseppe Tagliabue, 1938 olio su tela), eseguiti presumibilmente dopo il 1938.

Ultimo aggiornamento: 19 Novembre 2015 [cm]