Archivio del Comune di Bormio, Quaterni inquisitionum sorte primaverile 1618 foglio allegato 22 settembre 1618; 3 7 11 12 18 gennaio 2 4 5 febbraio 1619

precedente | 123 di 175 | successivo

Oggetto
Minaccia di ricorso a un astrologo per individuare i responsabili del furto di 170 lire avvenuto a Semogo ai danni dell'esattore della taglia
Procedimento giudiziario
Inchiesta verso ignoti, per furto [subito dall'esattore della taglia di Semogo] (9 - 22 aprile 1618; 22 settembre 1618 - 5 febbraio 1619)

I due consiglieri della Valdidentro denunciano al Magistrato il furto di 170 lire avvenuto a Semogo il giorno di Pasqua; il derubato era l'esattore della taglia di vicinanza. Il giorno seguente, con la minaccia di rivolgersi alla Giustizia e, in caso ve ne fosse stato bisogno, anche all'astrologo, il denaro fu quasi interamente restituito.

Foglio allegato

1618. Die g[i]ovis 22 septembris.

Magnificus dominus pretor et offitialis Imeldus accesserunt Semogum interrogatum dictum Vitalem notitiam ferentem causa furti quorundam danariorum ut in processu.

Qui interrogatus se sa che il putto del Sertor era statto a casa il giorno di Pascha.

R. Signori, sì, che lui era statt a casa, non essendo andatto alla pastura, se non quando che la gente veniva da messa, che andò poco sotto casa sua, giù per li prati. Et il giorno seguente venne alla pastura attorno a casa nostra, verso la finestra che è statto tratt dentro li danari, mentre che noi eravamo tutti fori di casa.

1619. Die dominico 3 mensis januarii.

Coram magnifico domino pretore et dominis offitialibus antescriptis, citatus fuit per Joannem Valesinum servitorem Nicolaus quondam Martini del Clevo de Semogo. Interrogatus etc.

R. Il giorno et festa di Pascha di Resurettione, in casa mia, la sera, fu ditto come eran stati tolti i danari alli scossadori (1) dil estimo. Il giorno seguente, venendo da messa in compagnia di Gioanni di Pradella, detto Gioan me disse che l'haveva fantisia grande (2) di denari tolti a Vitale suo genero, et come se dubitava di figlioli di Gioan del Sertor, et che egli ne haveva parlato al detto Gioan che si pesava (3) sopra essi suoi figlioli, et come detto Gioan era andato in colera, che non ne sapesse cosa alcuna, né credesse tal cosa de suoi figlioli, et come il detto Gioan di Pradella haveva detto a Gioan Sertor che suo genero Vitale et la sua brigata sariano tutti andati fuori de casa, che facilmente potevano ritornare i danari. Questo fu la mattina. Dopo mezzo dì, essendo in vicinanza, venne detto Vitale, al quale gli erano tolti li dinari et disse: Sia lodato Iddio, che mi sono ritornati i mei danari, spero della maggior parte, se non sarà in tutto, perché ancora non li habbiamo numerati.

I. se sa da chi siano ritornati, over che habbi inteso d'altri.

R. Non so altro.

I. etc.

R. Essendo Gioan Giacom del Marno (4) nel mio tablato che pesavano dil fieno, disse che, raggionando detto Joan Jacomo con il detto Gioan del Sertor de questi dinari rubbati, detto dil Sertor disse queste parole: Quando che i havevano ritrovati li sui denari i dovevano mettere la piva nel sacco et non parlarne più! (5)

Addens che, andando esso Nicolò in compagnia di Christofen di Vasin di Pienz (7) et di Toni di Martin de Limedazio nel monte di Renoga, (6) verso il monte di detto Tonio, esso Tonio de Martin, vedendo la casa sua disse: Ho, che non mi sia aricordato a tuor una seratura di metter al uscio dilla mia casa, che non posso tener niente che mi sia sicuro!, dicendo: L'è più di quello che dico! E dicendolo mi, ha (8) chi desse la colpa, rispose: A quei di Gioan del Sertor de Semogo, li quali gli sono vicini là su nel monte a Renoga. Et che nol poteva lassar cosa alcuna, che li era levato.

Et hoc est. Et juravit etc.

Ad generalia dixit: Mio padre et l'avo di Gioan del Sertor eran germani, (9) et più oltre siamo compari.

Die jovis 7 mensis januarii.

Coram ut ante citatus fuit Tonius quondam Martini de Limedacio. Qui interrogatus super contentis in depositione antescripta.

R. Sono alcuni anni che mi fu robbato una pecora da casa et delle altre volte l'anni passati. Talvolta lassava in detta mia casa su a Renoga vittuaglia (10) et, se la lassava la sera, il giorno seguente non la ritrovava. Et questo mi occorse per haver un mio figliolo perso la prima chiave. Et io ne fece far un'altra de l'istessa forma, senza mutar contrarie alla chiave. [Per] questo mi trovava mancar la robba senza trovar aperto la seratura, segno che la chiave era ritrovata. Et questo durò quasi per un anno. Feci poi levar la seratura un'altra volta et fece cambiar le contrarie, né mi è poi mancato altro.

I. in chi suspetta.

R. Non so a chi dar la colpa della pecora. Dubito che sia andata più lontano de lì drei vicino. (11) Del resto poi non so che mi dire, perché non so chi da lontano volesse venir a Renoga dala sera alla mattina.

I. etc.

R. Hebbi una volta per lavorante Zen di Macho a far sepe, il qual me disse, perché mi lamentai che della mattina alla sera non poteva salvare cosa alcuna, se ben anche una gran cosa, e mi disse: El sarà là anco venuto quei de Borm. Et esso rispose: I havevano cusinato vergotta là su, che ho visto a fumar!, intendendo dalla casa de quei del Sertor.

Et hoc est etc. Et qui juravit etc.

Eodem die.

Joannes Jacobus Marnus quondam Jacobi de Isolacia, testis interrogatus etc.

R. Ho, ben di fuori m'à sentito a dire che tali danari fossero rubbati et restituiti. D'esser chi poi non lo so. Vero che parlando, al mio giuditio et per mio aricordare, con Balsar di Scuatto, me disse come egli raggionando con Gioan dit del Sertor de Semogo, gli disse, parlando in fatto de quei dinari, queste parole, cioè: Quando i havevano ritrovato i danari, i dovevano mettere la piva nel sacco! Et questo a mio racordare.

Et hoc est. Et qui juravit etc. Ma pure non lo so di sicuro, che sia statto detto Balsar che gli habbi detto etc.

Die martis 12 mensis januarii.

Coram magnifico domino pretore et domino doctore Foliano, citatus comparuit Christoforus quondam Vasini de Pienz de Pedenosso.

Et interrogatus se ha presentito a dire alcuna cosa de que certi danari robbati al deputato della taglia di Semogo l'anno prossimo passato.

R. Posso haver sentito a dire più volte, ma non me aricordo da chi. Vero ch'andando una volta da compagnia forsi a pigliar dil fieno con un figliolo di Menico del Molino per nome Bormo, esso me disse come che il Sertor di Semogo et un suo figliolo dovevano esser venuti fuori avanti l'Uffitio per causa de certi danari. È vero anco che, raggionando mi con Maria figliola de Domenegha del Beth, [che] habita a Pedenosso, adesso moglie de Andrea de Gioan d'Urbano, essa Maria me disse come haveva inteso a dire da uno, qual haveva visto a buttar una peza dentro dilla finestra della stuva di Vidal Presazio, et che questo occorse da la prima festa doppo Pascha di Resurettione, ma non nominò la persona.

I. se ha inteso da Toni di Martin de Limedacio che si sia lamentato che li sia amancato nella sua casa su a Renoga della robba.

R. Me aricordo che, caminando con il detto Tonio, esso Toni disse che li era mancato un pane et un poco di macco, (12) overamente che l dicesse che l'haveva nascosto la detta robba nel fieno, acciò non gli venisse tolta, dicendo che l'haveva stromentà (13) che non gli era niente sicuro.

Sibi dicto se esso testimonio dimandò al detto Tonio da chi sospettava, et a chi dasse la colpa.

R. Dimandai, et esso me rispose che se li havesse visti, che li haveria comandato a lassar la robba, che non sapeva a chi dar la colpa, se non al danno, dicendo: So ben che quei di Forba, né quei di Posclavio non son venuti qua dentro.

Et hoc est. Et qui juravit etc.

Ad generalia etc.

Die lune 11 mensis januarii.

Coram etc., citatus fuit per ser Joannem Regel, servitorem publicum Communis, Balthesar filius quondam Johannis quondam Balthessaris de Gaspar de Isolacia, testis etc.

Qui interrogatus super contentis in processu, ita respondit: Erano passate la feste di Pasqua, pochi giorni inanzi, quando essendo venuto nella Terra per mei affari, nel ritornar in Isolazza, mi occorse a caso d'andarci in compagnia di Gioanni Sertor da Semogo, dove, in viaggio, ragionassemo di diverse cose, et tra l'altre, io dimandai a detto Gioanni se fossero stati trovati li denari che mancavano a Vidal del Sos. Et lui mi disse: Sì, che son stati trovati. Ma quando gli erano stati buttati dentro del balcon et che haveva il fatto suo, poteva ben metter la piva nel sacco, senza far tante parole. Io soggionsi: Perdonatemi, se dirò una cosa, et è che si dice esser stato vostro figliolo minore. Rispose lui: Io non ne so cosa alcuna. È ver che la mattina di Pasqua, mentre andassimo a messa, lo lasciai a casa per cucinar qualche cosa da disnar et per pascolar il bestiame, ma di quello che mi dite non so altro. Replicando che essendo vicini, come erano, poteva ben far manco rumore et teneva replicato che detto Vitale non doveva far tante parole contra di loro, havendo rihavuto li suoi dinari.

Et super his delatum ei fuit iuramentum. Et iuravit.

Ad generalia, recte etc.

Die lune 18 mensis januarii.

Coram ut ante, citata fuit Maria, filia quondam Nicolaii del Beth de Semogo, testis ut ante nominata in depositione Christofori Vasini de Pienz.

Et super contentis in ea interrogata etc.

R. La sera della festa di Pasqua di Ressurettione prossima passata, intesi a dire da Vitale dil Sosio, scossador della taglia, come che i ghi havevano rotto un arcone et portati via i dinari della taglia. Et il giorno seguente, del istesso ancora intesi come i havevano ritrovati i danari in stua sotto la tavola.

I. se intese da chi fossero portati in stuva.

R. Non so altro, salvo che il detto Vitale, over sua mogliere, dissero come che i dovevano esser stati butati dentro dalla finestra della stuva. Da chi non lo so, ma che i haveva inteso a dire che i havevan visto gente a butarli dentro. Né altro so.

1619. Die sabbati 30 mensis januarii.

Coram magnifico concilio, constitutus fuit antescriptus Joannes filius Joannis del Sertor et cum eo mastro Gabriel, eius patrinus. Et eis dicto se vogliono dir qualche cosa.

Respondit mastro Gabriel: Non credo che l'habbia altro da dire, ma quel che l'ha detto una volta, el dirà ancora l'altra.

Et dicto ei Joanni: E voi volete dir qualche cosa?

R. Perché farmi venir qua fuori mi, et non far venir prima quel putto di Christoforo Baronatto da Semogo, (14) il quale è stato in sospetto ch'havesse tolto lui quei danari, essendoli stato guardato adosso se l'havesse li danari da Christoforo di Bernard de Mighina antian de homini, et questo è stato in Altumeira. (15)

Addens: Potranno esaminare la moglie di Vitale di Martino del Clevo, la quale essendo partita da casa sua per andar alla messa l'istesso giorno et festa di Pascha di Ressuretione, vedendo a uscir la gente da chiesa ch'era fornita (16) la messa, ritornando a drietro a casa, me vidde ch'io e[r]a in pastura.

Die martis secundo mensis februarii.

Coram domino pretore et dominis offitialibus, per Steffanum servitorem, citata fuit Magdalena quondam Vitalis olim Filippi del Casteleyr, in constituto antescripti testis nominata, et super contemtum in eo interrogata etc.

R. Il giorno di Pasqua di Resurettione non andei alla messa.

Sibi dicto: Perché no?

R. Perché, havendo asai famiglia, mi convienne starmene a casa a parechiar il disnare. Et è vero che mi partì da casa su alle Arsure per venire alla chiesa di Santo Abondio a far qualche poca oratione et, nel venire verso detta chiesa, viddi giù a basso in quei pascoli dove se dice alla Sciagona, (17) sotto li prati di Rosegli, apresso l'aqua, il figliolo di Gioan del Sertor de Semogo con il suo bestiame, pecore et capre. Dimorando mi in chiesa nel spatio di meza hora, venne ivi in chiesa il detto putto, qual si mise a ridere con altri putti. Et questo fu al tempo che la gente venevano dalla messa da Pedenosso, che già ne arivavano alcuni a Semogo.

Eodem die.

Coram ut ante Nicolinus filius Vasini Morselli de Semogo, interrogatus etc.

R. Il giorno et festa di Pasqua di Ressurettione, mentre la gente erano andati alla messa a Pedenosso, fui in casa di Gioan del Sertor con altri putti et quivi dimorando, doppo poco venne Gioan figliolo dil sudetto Sertor con il bestiame, ch'era stato in pastura. Et questo fu mentre che la gente venevano dalla messa, quando esso venne con il bestiame, e lo viddi venire za dal rin de Cadangola, (18) poco lontano dalle case. Cossì andete via in su altro so bestiame a metter dentro il bestiame. Poi venne in casa e da compagnia andassimo via alla chiesa a tuore la elemosina.

Et dixit esse etatis annorum 12 l'agosto prossimo.

1619. Die jovis 4 mensis februarii.

Coram magnifico domino pretore et magnifico concilio Burmii, postquam antescriptus Joannes detentus fuit in carceribus per quattuor dies, constitutus fuit et hortatus de veritate dicenda.

R. Non ho altro che dire. Ho detto quel che voi dire.

Et factis quampluribus aliis interrogationibus, persistit negans etc. et sepius dicens: Fate quel che volete, che mai dico che habbia fatto la tal cosa che son imputato. Et la verità l'ò detta.

Et postquam ostensa fuerunt utensilia ad torturam necessaria etc. iterum interrogatus fuit et hortatus de veritate dicenda super imputationibus.

R. La verità l'ò detta, né dirò altro.

Quibus stantibus, ordinavit predictum concilium quod dictus Joannes hac nocte usque mane detineatur in carcere obscuro. Quod factum est etc.

1619. Die veneris 5 mensis februarii.

Congregato magnifico concilio, ordinavit quod denuo dictus Joannes constituatur et interrogetur. Constitutus et interrogatus etc. persistit dicens: Non dirò mai quel che non ho fatto. La verità l'ò detta, né dirò mai altro.

Et factis pluribus interrogationibus, negat etc.

Die antescripta magister Joannes quondam Christofori Tonii Abundii de Semogo constituit se fideiussorem pro expensis usque in presentem diem factis, tam audientie quam processandi et itinerum factorum in causa Joannis eius filii, de qua in antescriptu processu etc.

(1) Doveva esistere un'antica voce dial. sc'cosadór "incaricati di riscuotere", in seguito scomparsa. Si conosce un allotropo con diversa struttura e con diversa evoluzione semantica, sc'cosöir, sc'cusöir "canale in legno per dare velocità all'acqua in prossimità del mulino" (Longa 237; StCBorm, c. 188). A Piatta al sc'cusöir è anche "l'assito sul quale si batte la segale".

(2) Nel contesto "pensiero, sospetto".

(3) "Si addossava la colpa, si faceva cadere la responsabilità su".

(4) Il cognome Marni è stato reso illustre anche da un pittore bormino (Longa 327). Si tratta forse di un antico soprannome da accostare all'agg. màrna, forb. vöglia màrna "vecchia decrepita" detto di bestia (Longa 141), sg'marnà (de li fadìga) "logorato dalle soverchie fatiche" (Longa 239), com. màrna "pigra" (Monti 138), derivati dal lat. *minimare "ridurre al minimo" (REW 5586).

(5) La locuzione méter la pìa in del sach ha qui il significato di "riporre lo strumento e smettere di suonare", in senso traslato "tacere".

(6) Il cognome Pienzi sopravvive in Valdidentro (Longa 330), dal personale Pientius derivato da pius "pio" (RN 2.1, 99). È probabile che venga dalla Rezia.

(7) Località oltre Semogo, verso la val Viola, ora detta Arnòga, in Valdidentro Ernòga (Longa 310), negli Statuti boschivi: nemus de Renoga sit tensum, scilicet a Renoga intus… busco tenso de Renogaprato de Renoga (c. 57). Data la sopravvivenza nel nostro territorio del cep. ant. àrna "capanna di pastori", è forse da preferirsi la partenza da una base prelat. *arna "concavità, anfratto tra le rocce" (LEI 3.1, 1340). Il suffisso -òga sembra anteriore alla latinizzazione. In questo caso la variante Arnòga dovrebbe essere considerata primitiva, nonostante le attestazioni. Potrebbe essere sorta da una metatesi della variante Ernòga.

(8) "E, domandandogli io, a chi".

(9) Dial. germàn "cugino in primo grado", compàr, cumpàr "compare" (Longa 111).

(10) Dial. vituàglia "vettovaglia", dal lat. victualia "mezzi per vivere" (REW 9314).

(11) Dial. lì dréi vigìn "lì accanto", borm. lì dré "lì dietro" (Longa 55-6 e 349).

(12) Dial. mach "orzo", più precisamente "orzo pilato, brillato", qui in senso più generale (Longa 134-5; Monti 131), deverbale da *maccare "pestare" (REW 5196).

(13) Voce caduta dall'uso. Dal contesto si deduce il valore di "scordato, dimenticato". Composta da stra- dal lat. extra "fuori" e da mént "mente" (REW 5496 e REWS 5496).

(14) Il soprannome Baronàt, senza suffisso diminutivo, è continuato nel cognome semoghino Baroni (Longa 329).

(15) Ancora Altoméira, ultimi maggenghi in val Viola (Longa 309), probabilmente dal sintagma lat. (pascua) *autumnaria "pascoli d'autunno", dal verbo autumnare "passare l'autunno" col bestiame prima di scendere a valle (REW 811 e REWS 811).

(16) Dial. fornìr, furnìr "finire" (Longa 73; cf. SB049).

(17) La Sciagóna in Valdidentro, sotto i Roségl, dalle parti di Arnoga. Probabilmente da un soprannome femminile non più decifrabile.

(18) Al rin de Cadàngola nella parte inferiore della valle di Esòla (Longa 311). Altro Cadàngola adiacenza di Santa Maria Maddalena (Longa 304), Cadàngul, sentito anche come Cà d'àngul, Cadàngu, prato falciabile sulla destra della valle dei Forni a Pradaccio a monte de li Téa (Longa 299; IT 11, 24 e 32), negli Statuti boschivi: a Saxino nigro usque ad mottam de l'Ables et a dicto motta usque ad troium [= sentiero] Candangli [var. Cadangli, Cadanghi] (c. 2, 31), dalla locuzione camp d'àngul "campo d'angolo" (Bracchi, BSSV 42, 612; 51, 54-5), gros. Cadäncul (IT 14, 36).