Istruzione per i giudici del notaio Giovanni Antonio Rusca, cancelliere della curia di Como. Da una trascrizione degli anni '70 del XX secolo. 28 novembre 1758

Persone
Balserino Pradella di Semogo
Procedimento giudiziario
Inchiesta su Balserino Pradella di Semogo, per stregoneria (16 novembre 1630 - giugno 1632; 29 - 31 gennaio 1633; 12 gennaio 1633; 12 dicembre 1633 - 11 gennaio 1634; 1 luglio 1633; 15 luglio - 25 agosto 1633; 28 novembre 1758)

Denunciato come correo dalle Chierighe, da Giacomo Franceschina, da Malgherta Pradella e, più tardi, da altri imputati di stregoneria, Balserino, fratello di Domenica Castelera, ha preferito fuggire piuttosto che rischiare la vita davanti a un Tribunale che aspettava soltanto di formalizzare la sentenza di morte. Dall'incartamento che lo riguarda appare anche la contumacia di Cristina del Sartor e delle sorelle Marta e Mighina Trameri.

La sua vicenda processuale è affiancata a quella della sorella nella parte che è finita davanti ai Tribunali ecclesiastici.

Nel 1633 richiese un salvacondotto per difendersi dalle accuse, ormai sicuro di scampare all'eccidio, dopo che da Como erano giunti pareri in contrasto con quelli dei giudici bormini.

Copia dell'instruzione che debbano tenere li giudici nelle cause civili, cavate da breve regole date in latino dal signor Giovanni Antonio Rusca, notaro pubblico e cancelliere della corte episcopale di Como. (a)

Nelle cause criminali quando si tratta delli casi, nelle quali restano segni et vestiggi, come sono piaghe, ferite, homicidii, danni fatti et a quelli somiglianti, si debbe principalmente avertire, cioè che consti manifestamente del corpo del delitto et questo, o per motivo occulare, o per testimonii i quali habbino veduto con li occhi propri, avanti che si faccia inquisitione contro li accusati come rei, et avanti che li istessi rei siano sottomessi all'esame del giudice. Altrimenti, ancora che li rei confessino il delitto del quale sono inquisiti, non di meno sopra tale confessione non si può formare giudicio retto et giusto, né si possono condannare li rei, perché tale confessione si chiama erronea et cavata per forza, et tanto più che se si la mandi inanzi la tortura per mezzo de tormenti. Né anco si può dare la tortura al reo, se esso si offerirà di purgare altrimenti li indicii urgenti contra di lui, cioè in altro modo che per tormenti, percioché in questo caso è tenuto et obbligato il giudice dare la copia et fare il termine al reo, con assignarli il tempo sufficiente a far le difensioni sue, il qual termine il giudice è obbligato per l'officio che tiene di giustizia di constituirgli il diffensore, se il reo non ne ha. Et fatte tutte queste cose con diligenza dal giudice, se li indicii urgenti non saranno pienamente expurgati dal reo nella deffinitiva, conforme alla qualità del fatto et dalli indicii, se si tratta nondimeno dalla pena del corpo afflictiva per purgare gli indicii et venire alla cognitione della verità, in quel caso si può sottomettere il reo alla tortura, la quale tortura, se si tratta di delitti più atroci , come sono gli homicidii volontari, o per tradimenti, assassinamenti alle strade, robaria per violenza, ammazzamenti di figlioli et somiglianti a quelli, non debba la sudetta tortura passare lo spacio di un hora, et dove li indicii siano grandissimamente urgenti et convincenti, un giorno interposto di riposo, si può dare al reo un'altra hora di tortura. Così io alcune volte ho visto a osservarsi dal senato di Milano, et questo solamente nelli casi più atroci. Nelli altri in delitti comuni, se bene li indicii sono urgenti, la tortura non pasa il tempo d'una mezz'ora sola, et questo per una sola volta.

Di più si ha d'avertire, nella causa di Domenica de Pradella, il processo della quale mi è stato esibito, nel quale solo si tratta de balli et giochi diabolici, la cognitione del qual processo è mera et puramente ecclesiastica, né tanpoco il giudice secolare può venire a far giudicio sopra di tal processo, senza incorso delle censure. Per ciò che le cose sono in quello processo rinfaciate, de danni fatti et fassinatione, non sono ben provate. Et perciò, dove si havesse di procedere per questa causa contra di lei, dateli prima il tempo delle sue diffensioni, dopo l'esamine fatto. Et ricepute queste diffensioni, dove non haverà bene espurgato le sudette calunnie, non si deve passare lo spacio di una mezz'ora di tortura, né si può sottomettere al più tormento del detto tempo di mezz'ora, ove si può condannare a pena capitale per il ballo solo diabolico, né tampoco si possono confiscare li beni de somiglianti rei. Ma dove dalla tortura data alli rei somiglianti per cavar la verità non confessino cosa alcuna, li rei debbono essere assoluti per sentenza giudiciaria dalle sudette imposture, et questo o liberamente o con questa condizione, stando così le cose. Per questa condizione non si leva l'autorità al giudice, che esso non possa, sopravenendo novi indicii, procedere et investigare sopra l'istesso delitto. Percioché se si nega la sentenza absolutoria, rebus stantibus, havendo il reo purgato li suoi indicii o per mezzo di tortura o in altro modo, cioè per mezzo di consultatione de testimonii et confutatione de accusatori, si fa ingiuria et torto all'istesso reo, et il giudicio non si dice retto e giusto perché, in un certo modo, se bene il reo ha purgato li suoi indicii, li resta infamia, la qual cosa è contra al retto giudicio, et sempre dal sudetto senato di Milano li rei, havendo purgato li indicii contra di essi o per tortura o in altro modo, sono stati assoluti, o liberamente o stando così le cose, la quale condizione si mette a cautela et favore del fisco, accioché sopravenendo novi indicii per l'istesso delitto, possi il giudice procedere. Et così ogni giorno si osserva dall'istesso eccellentissimo senato di Milano.

Si ha di avertire ancora che la repetizione de' testimoni che deposero contra li rei è sempre necessaria, se li istessi rei non protestino de haverli per dimandati, altrimenti li processi sono nulli, ma la confrontatione poi de testimoni è arbitraria al giudice.

Se si procede poi per insinuatione piena de clamori et diffamatione, la fama si deve provare per almeno quatro testimoni, omni exceptione maiores, li quali testimoni ancora habbino di deporre da qual persona principalmente habbi havuto origine la diffamatione, percioché se haverà havuto origine da quelli li quali si presumano offesi, non è prova bona, né è sufficiente che vi sia la mormoratione, ma fa di bisogno che testifichino et constantemente, publicamente et palesemente da tutti si tiene così, et de onde habbi cominciato a nascere la diffamatione, o da particolare persona o da tutto il popolo. Et accioché questo sia sufficiente a procedere contra l'infamato, non basta la deposizione dell'offeso a fare indicio di procedere contro l'infamato, ma solamente apre la strada a cercar con diligenza se ciò sia vero, et sempre in tutti li casi de inquisitione debba essere manifesto il delitto, altrimenti ogni processo è nullo, né mai ho visto che si procedi e si condanni alcuno dal sucitato senato, se prima non è manifesto il delitto, se bene sono avvenuti gravissimi casi in questa città et provincia di Milano, dove io son stato actuario delle cause criminali lo spacio de anni 20 continui. Di più s'hanno d'astenersi (b) li giudici dalle interrogationi sugestive, o sia delli testimoni o sia delli rei, come sarebbe a dire se il giudice dicesse: Di' così, fa' così, eccetera. Percioché ogni deposizione de testimonio fatta per mezzo di sugestione, et ogni confessione del reo sopra interogatione sugestiva, nel modo di sopra ricordata, sono nulle et extorte contra li termini giudiciarii et contra la sentenza giuridica, la quale è in tutto ingiusta, et il giudice è tenuto alli danni dell'ingiustizia. Et ho visto essere assolto il reo, il quale haveva confessato per sugestione del giudice d'haver fatto parecchi homicidii per comissione de altri, et in senato ha castigato grandissimamente il giudice. Et così è.

Subscriptio notarilis. Io Joanni Antonio Rusca, notario et cancellario della corte episcopale di Como, per fede scripsi et subscripsi.

Et io Abramo Foliano, notario, ho copiato et exemplato in lingua volgare la suprascritta instruzione da cause criminali iuxta corpus, salvo errore.

Joannes Petrus Rocca, notarius, de verbo ad verbum desumpsi et in fidem subscripsi manu mea anno 1758, die 28 mensis novembris.

(a) La trascrizione è fatta su un dattiloscritto di Remo Bracchi degli anni '70 del XX secolo. Non si è ritrovato l'originale. Probabilmente proveniva da un archivio esterno (per interessamento di padre Ireneo Simonetti).

(b) Lettura incerta.