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1120. Francesco Sforza d Antonio de Valperga (1452 novembre 11 "apud Calvisanum").

Francesco Sforza si ricrede sul rifiuto dato ad Antonio de Valperga di andare in Francia in visita ai suoi amici, avendolo ritenuto fratello di quel Luigi de Valperga che, inviato dal re di Francia dal marchese del Monferrato e dal fratello Guglielmo per cercare un accordo con noi, fece tutto l'opposto. Accertata l'assenza di alcun vincolo con detto Luigi, cosa confermata dal vescovo di Novara e dal fratello del vescovo, Alessandro, gli concede licenza di andare, sollecitandolo a fare in modo che il di lui fratello sia favorevole alle cose sforzesche quando si trovasse con il re.

Domino Antonio de Valpergha.
Ali dì passati vuy ne rechiedesti licentia per andare ale parte di Franza per visitare li vostri amici de là, et nuy vi la denegassimo per li mali modi usati contra nuy per Aluyse de Valpergha, credendo nuy ch'el fosse vostro fratello quale, mandato dala serenissima maiestate del Re de Franza al marchese de Monferrato et signore Guilelmo per pratichare l'accordio con nuy, fece tucto quanto l'opposito, per casone del quale vi scripsemo alhora, como per le nostre littere intendesti. Ma hora, inteso quanto per la vostra ne scriviti, et cossi el reverendo monsignore de Novara et anche quanto ne ha dicto a bocha Alexandro, suo fratello, che dicto Aluyse non è vostro fratello, ma solamente parente dala longha, ne remanemo in vero nuy quietati et contenti ne l'animo nostro, et assay ne è piaciuto che non sia vostro fratello. Per la qual cosa vi confortiamo a darve de bona voglia et non a pigliare umbreza nè melanconia alcuna de cosa che ve habiamo scripto, perchè de vuy habiamo quella fede che haveressemo de fratello et vero amico. Et perchè pur monstrate desiderare da andare ale dicte parte de Franza, dicimo che siamo molto contenti, et cussi per questa ve ne concedimo pIenissima licentia, et confortiamovi che, quando sareti ale parte de là, vogliati confortare el magnifico vostro fratello ad essere propitio et favorevole ale cose nostre appresso ala maestà del re, et cussì confortare et pregare qualunque altro dove ve paresse bisognare, ad fare il simile, perchè ne fareti cosa grata; et facendo bene ad nuy, lo fareti ad vuy medesimo, perchè lo bene nostro è pur vostro medesmo. Data ut supra.
Bonifatius.
Iohannes.