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2234. Lettera di Francesco Sforza 1453 luglio 15 "apud Gaydum".

Francesco Sforza fa sapere di aver mandato Zanino con Gracino per avere in prestito danari, resi sulle entrate dell'anno venturo. Confuta la voce che tale soldi siano richiesti dai membri del Consiglio per trattenere i denari che hanno prestato: voce sparsa da chi è nemico per distogliere gli altri da ogni aiuto e occultare così il loro rifiuto di sussidio. Assicura che la presente richiesta parte da lui per soccorrere Tiberto, capitano ducale, cui fece già dodici giorni fa promessa di denari, come se li havesse avuti in borsa; fidando nell'esperienza del passato, ha scritto loro questa lettera perché si soffermino a pensare al suo bisogno.

Como haviti veduto, nuy havemo mandato lì Zanino, nostro cancellero, quale insieme con Gracino rechiedesse ad quelli nostri citadini in prestito certe quantità de dinari per potervi adiutare in questi nostri bisogni, perché gli ne volemo fare bone assignatione suso l'intrata nostra del'anno avenire, di quali siamo avisati per le to et raxonato de certi partiti fra vuy et delle difficultate sono state per alcune, dicendo che nuy non facemo fare questa rechiesta, ma sonno li nostri del Consiglio per retrarse li dinari ne hanno imprestati. Così havemo inteso tucto quello è stato agitato in questo facto, et pertanto nuy ve dicemo che ne maravigliamo grandemente de questo, benché ne rendiamo certi queste difficultate vengano da qualche persona speciale, quale, monstrando non esserne amici et servitori, como non sonno, usano simile arte per disuadere et desconfortare li altri ad non compiacere ala rechiesta nostra in questi nostri bisogni, aciò loro non habiano casone de ayutarultime littere loro, como anche per essi citadini non era facto deliberatione alcuna, benché fosse dicce de cosa alcuna, parendoli pur gli dovesse essere mancamento et devessino essere cognosciuti per quelli sonno, quando li altri facesseno qualche cosa et loro facesseno [ 477v] niente, né per alcuno modo porriano may credere che le difficultate che sonno state usate ad questa nostra rechiesta in questo nostro bisogno, quale sa Dio quanto grandissimo, procedano altramente, havendo nuy trovati continuamente quella nostra comunità et tucti quelli nostri citadini prompti ad scrivere nelli bisogni nostri et ad fare ogni cosa del suo proprio per adiutare ad vincere, vedendo che al presente, trovandose le cose nostre meglio disposte et superiori ali inimici, acte ad conseguire victoria et ad dare quiete et reposo ali subditi nostri che facessero anchora se usi così tanta dureza et difficultate ad volere imprestare questi dinari, perché ve certificamo questa rechiestal'havemo facto fare nuy et quelli del Consiglio, non per rendere li suoi dinari ad essi del Consiglio, ma per darli al magnifico messer Tiberto, nostro capitaneo, al quale havemo data firma speranza che sonno già xii dì passati, gli haverimo facto dare questi dinari. Siché pensati de che voglia et animo ne debiamo trovare, vedendo haverlo conducto fina al presente sotto la speranza de questi dinari ve havemo facto rechiedere, quali tenevamo contanti, como se gli havessemo havuti in borsa, per la experientia ne havemo veduto nel passato, et anche non essergli dato el modo né ordine veruno. Unde de novo havemo deliberato scriverve questa per la quale ve pregamo vogliate pensare et considerare il bisogno nostro, et senza repplicatione né più dimora provedete ad quanto ve havemo scripto, rechiesto, como havemo speranza fareti et como haveti facto nel passato, perché li dinari ne imprestati dovete essere certi ve faremo integramente restituire, como esso Gracino et Zanino ve hanno dicto et offerto. Et così è la intentione et voluntà nostra, confortandove ad stare de bona voglia et de bono modo, perché le cose nostre ad ogni canto hanno tale preparamento como havemo dicto che, con la Deo gratia, speramo conseguirano votiva victoria, con quiete de tuta Lombardia et exaltatione nostra, dela quale siamo certissimi seti contenti como nuy propri, perché l'honore, bene et exaltacione nostra non pò essere che non sia vostro medesmo. Ex felicibus castris nostris apud Gaydum, die xv iulii 1453.
Zanectus.
Cichus.