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650. Francesco Sforza al cardinale Andegavense 1452 settembre 9 apud Quinzanum

Francesco Sforza ringrazia il cardinale Andegavense, legato in Francia, per la lettera con cui lo informa della benevolenza di Carlo VII verso Firenze e verso di lui, pronto ad ogni aiuto, in modo che il duca di Savoia e i signori del Monferrato abbiano a desistere dai loro propositi ostili. Gli fa parola della venuta di Forchetto da Vaceres con lettere per Firenze e per Milano e con l'ordine al Balivo di Asti di attaccare i signori monferrini. Accenna all'aggressione improvvisa e imprevista di quei del Monferrato, nonostante i loro proclami di aver fatto la lega con Venezia, il re di Aragona e il Savoia per la difesa degli stati e non per attaccare guerra. Il duca, per contro, ha sempre proclamato di ricercare l'accordo con loro, come anche attestarono le trattative di Luigi di Valperga e Daniele Arrighi, oratori del re di Francia e di re Renato, che n'ebbero a compenso solo beffe, il che portò ad attaccarli e, pur conseguita la vittoria, il duca ha sempre perseverato in passar loro tremila denari mensili. Il duca chiede al cardinale di voler attestare al re la sua riconoscenza per la condiscendenza mostrata nel soccorrerlo: è quello che anche gli attesteranno Acciaioli per Firenze e l'inviato milanese.

[ 232r] 1452 die 9 septembris, apud Quinzanum.
Reverendissimo domino G. cardinali Andegavensi, dal titolo di San Martino in montibus, legato in Franzia.
Havemo recevuta hogi unalettera dela vostra reverenda signoria de dì xxiii de passato data ad Turris, per la quale ne significati la optima dispositione del serenissimo re de Franza verso la excelsa comunità de Fiorenza et nuy in volerne adiutare et favorire et succurrere contrali inimici dela mayestà sua et casa soa et nostri, quali ne offendono et molestano iniustamente et indebitamente, e como la mayestà soa ha facte venire ad Leone alcune gente bene impuncto per mandarle de qua bisognando, et como essa mayestà per più nostro favore vene ad Leone per essere più appresso al succurso nostro et adiuto, perché el duca de Savoya et li signori de Monferà habiano materia desistere dali incepti suoi et che, non desistendo, la mayestà soa procedarà ala destructione loro, et cetera, respondiamo che havemo havuto grandissimo piacere et consolacione dele littere dela signoria vostra et multo le havemo havute care et gratissime quanto dire se possa. La prefata mayestà mandò ali dì passati qui el nobile Forchetto da Vaceres cum lettere soe ad noy, ala comunità de Fiorenza et de Milano, offerendo tanto largamente ogni adiuto et favore et portato el comandamento ad monsignor Bayli d'Ast che ad ogni nostra rechiesta debia rompere guerra (a) al marchese de Monferà et signor Guilielmo. Nuy, prima che venesse dicto Forchecto, nonostante che dicti signori de Monferà ne hanno rotto guerra iniustamente et de improviso senza farne alcuno adviso, ma sempre dicevano havevano factalaliga cum Venetia, re de Ragona et Savoya ad defensione deli stati et non per fare guerra, et sempre dixero fino al dì che roppero la guerra che volevano vicinare bene et vivere im pace, siché sucto quella fidanza havemo recevuto damno. Pur nondimeno sempre havemo dicto volere cum loro havere bona fraternità et accordio et pace, e così fo tractato per Aluyse de Valperga et Daniello Arighi, oratori deli serenissimi Re de Franza et re Renato, non volsero may assentire, da poy, defendendosi noy, fo rocto per le nostre gente el signore Guilielmo (b), como la signoria vostra haverà inteso. Et nonobstante havessemo la victoria contraluy, pur da poy sequitala victoria, havimo voluto seguire quello medesmo accordio che prima, in darli provisione denari iii mila al mese, et ha delegiati dicti oratori, unde havemo rechiesto al dicto Bayli voglia rompere contrali dicti de Monferà, et così havimo mandato daluy vegna ad mettersi insieme cum le gente nostre in Alexandrina, [ 232v] et havemogli datala obedientia d'esse nostre gente et deliberamo seguire la guerra contraloro et dargli de quelle fructe cerchano, da possa non hanno facta stima dela prefata mayestà né deli (c) amici et benivoli suoi: el duca de Savoya conspira cum li dicti de Monferà. Non sapemo che altro dire se non che quello serenissimo re ha monstrato tanta cordiale affectione, liberalità (d) et amore verso nuy, che nuy, et chi sarà mai de nuy, gli saremo perpetuo obligatissimi cum tucto quello havemo et haveremo in questo mondo, comprendiamo de tanta magnanimità e liberalità non poressemo per modo alcuno rendere (e) gratie, ma cum li tempi se sforzarimo monstrarlo con li effecti, siché la signoria vostra regratii quello serenissimo principe quanto gli parerà per parte de signori Fiorentini et nostra. Et non vogliamo dir altro, perché havemo ordinato signori Fiorentini et nuy mandare de proximo doi nostri ambaxatori, l'uno sarà misser A. Azzaioli, l'altro uno deli nostri, quali venerano da essa mayestà ad fare quanto è nostro debito et per intendere dala mayestà soali recordi et consigli et pareri de quanto se habia ad sequire, perché tucto el nostro fundamento et speranza è reposto in la soa mayestà. Piacene assay che la signoria vostra retorni de proximo et che la venga informata dela mente d'essa mayestà et dele cose dellà. Tucte le lettere dela signoria vostra havemo havute, che ne sonno state molto grate et accepte, et quanto possiamo regraciamo la signoria vostra. Dele cose de qua non dicemo altro, perché Folcheto torna informato del tucto.
Cichus.


(a) guerra in interlinea.
(b) el signore Guilielmo a margine.
(c) Segue altri depennato.
(d) liberalità in interlinea.
(e) Segue tanto depennato.