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755. Francesco Sforza a Niccolò Soderini 1452 ottobre 1 apud Lenum

Francesco Sforza si scusa con Niccolò Soderini, oratore fiorentino a Genova, per non aver risposto alla sua lettera del venti settembre: era in attesa dello scritto con cui Sceva gli comunicava l'accordo di Giovanni Filippo, scritto, arrivato quattro giorni dopo, con cui il suo oratore lo avvertiva che tale evento avrà luogo grazie all'intervento del Fiorentino. Quanto alle due proposte: fare un esercito oppure dare un aiuto di cinquantamila fiorini, ritiene che l'armata sia meglio dei denari per quelle stesse ragioni da lui addotte. Tuttavia il fabbisogno di danaro per mantenere tutta quella gente è tale e tanto per cui opta per il contante. Si abbiano, quindi, i denari, e subito. Si dice contento dell'arrivo dei balestrieri.

Magnifico viro Nicolao de Soderinis, oratori FlorentIno apud Ianuam.
Non habiamo resposto piutosto alla vostralettera de dì xx del passato perché aspectavamo havire le littere da domino Seva de quello fosse seguito in lo accordio de domino Zohannefilippo, unde, havendo heri havute le littere del dicto domino Seva de di xxiiii del passato, per le quale restamo advisati che, mediante le operatione vostre, dicto accordio haverà loco et forsi in questa hora debbia essere concluso, non dicimo altro se non che ne haveremo piacere assay et contentamento che cossì sia.
Alla parte delli duy partiti rasonati là de fare l'armata, overo de subvenire delli L mila fiorini, dicimo [ 275r] che l'armata seria molto meglio che li danari, per molti respecti et raxone, quale vuy allegate in la vostra lettera. Ma è tanta la necessità nostra del denaro per mantenire queste gente, che per forza ne bisogna piutosto acceptare li denari che l'armata, perché, quando l'armata fosse facta et che non havessemo da mantenire le gente, et ne bisognasse pigliare altro partito, l'armata valeria pocho. Et perho è da persuadire et confortare habiamo questi denari et cum quella celerità sia possibile.
Delli balestreri siamo molto contenti, et ne farano bono servitio de qua, perché li aspectamo de hora in hora. Non dicimo altro, perché circa le altre cose scrivemo a misser Seva quale tucto conferirà cum vuy. Ex castris nostris felicibus apud Lenum, primo octobris 1452.
Cichus.
Cichus.