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843. Francesco Sforza a Pietro Campofregoso 1452 ottobre 18 apud Lenum

Francesco Sforza ringrazia Pietro Campofregoso, doge di Genova, per l'amore cura e diligenza con cui lui (doge), come gli riferisce il suo oratore Sceva, favorisce le vicende sforzesche, dispiaciuto che, nel passato, non si sia stati capaci dai suoi di dimostrargli la volontà sforzesca di averlo per bono e cordialissimo fratello per cui, alle volte, se n'è derivata qualche adumbratione. Gli garantisce che d'ora in poi (come spera farà altrettanto lui) piglierà le sue difese contro chiunque ingiustamente lo offendesse, avendo per certo che, in proposito, la sua (dello Sforza) intentione ... n'è più assay di quel che gli ha detto Sceva.

[ 309v] Illustri et potenti domino tanquam fratri nostro carissimo domino Petro de Campofregoso, Dei gratia Ianuensi duci.
Havimo inteso per littere de domino Sceva, nostro dilectissimo oratore, cum quanto amore, cura et diligentia haveti imbrazati li facti nostri et le operatione optime che fala signoria vostra de hora in hora, del che non solamente ve rengratiamo de bon cuore, anzi ne remanemo tropo alegri et consolati, e rincrescene tropo che sia proceduto lo deffecto, donde si voglia, non ve sia saputo per li nostri per lo passato, chiarire e dare ad intendere la bona fede e dispositione nostra che è de havervi e volervi tenere continuamente per bono e cordialissimo fratello. Dil che credimo sia, qualche fiate, a damni vostri e nostri, commisse qualche negligentie et causate qualche adumbratione, ma siati certo e fermo nel'animo della signoria vostra, consyderati mò li progressi vostri e che in ogni vostro beneplacito sarimo contenti faciati del'amore et vi portamo piena experientia che nuy ve adiutarimo, sosteneremo et favoriremo e vuy e lo stato presente de quella città et non con manco studio e cura, quanto lo nostro proprio. Et de mò inante prenderemo vostre deffese contra cadauno che iniustamente vi vorrà offendere. Non se porressimo may extendere in dirvi l'animo nostro, lo quale disponemo monstrarvi cum effecti, et speramo la signoria vostra farà lo simile verso nuy. Ma di quello ve ha dicto domino Sceva circa questa intentione nostra (a) n'è più assay che ello ve habbia potuto exprimere, et de quanto luy ve dirà in omni cosa, per nostra parte, per l'avenire gli poteti non altramente credere et dare fede, quanto alla propria nostra persona. Data in castris nostris felicibus apud Lenum, die xviii octobris 1452.
Ser Iohannes de Ulesis.
Dupplicata apud Calvisanum, die xxiii octobris 1452.
Cichus.


(a) nostra in interlinea.