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1254. Francesco Sforza ad Angelo da Viterbo, vicario del luogotenente di Parma 1453 gennaio 5 Milano.

Francesco Sforza ribadisce ad Angelo da Viterbo, vicario del luogotenente di Parma, di attenersi ai suoi compiti e, volendo amministrare giustizia, di non arrogarsi di poteri che, a norma degli ordini e statuti, sono di competenza del podestà; lo informa che, a richiesta dei cittadini, al termine del suo ufficio sarà sindacato sul suo operato, invitandolo, fino alle calende di maggio, tempo congruo a mandar via la sua famiglia, a ben comportarsi.

Domino Angelo de Viterbio, vicario locuntenentis Parme.
Perché quelli nostri cittadini de Parma se sonno gravati denanzi da noi che ve impazati de tenere rasone con l'ordini et statuti loro dismembrando et derogando a l'officio del potestà, il perché ve dicemo che ve vogliati deportare ligeramente nel dicto vostro officio et con satisfactione de quelli cittadini in modo non se habiano ad gravare de voi, advisandovi che loro ne (a) hanno domandato che ve fazamo sindacare et noi gli habiamo promesso de farlo, et cossì serite sindacato del tenere rasone. Siché vogliati per fino ad kalende de aprile proximo che vene deportarvi bene che poi da aprile sarà il tempo più aperto et congruo ad remandare la vostra famiglia. Data Mediolani, v ianuarii 1453.
Marchus.
Cichus.

(a) ne in interlinea su vi depennato.