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1359. Francesco Sforza a Tiberto Brandolini 1454 maggio 8 Milano.

Francesco Sforza esprime al condottiero Tiberto Brandolini la sua contrarietà per aver assunto ai suoi servizi Graziolo da Vicenza e i figli. ll duca ha perdonato a Graziolo ogni suo errore e fallo, ma ricorda a Tiberto il proverbio che dice "che offende non perdona", dal duca tradotto che chi é perdonato non dimentica mai di essere ingrato del beneficio ricevuto. Tiberto sa così di preciso quel che il duca ne pensa di Graziolo, lascia a Tiberto di fare quel che gliene pare.

Magnifico militi domino Thiberto de Brandolinis, armorum capitaneo nostro.
Havemo inteso che vuy haveti tolto, overo seti per tore con vuy et ali servicy vostri, Gratiolo da Vicenza et li figlioli; la qual cosa, quanto é in nuy, non ne piaceria, perché, quantunche essi Gratiolo et figlioli habiano fallito grandemente contro de nuy, el ché é chiaro e manifesto, et nuy gli habiamo remisso et perdonato liberamente ogne errore et fallo suo, nondimancho se dice comune proverbio che offende non perdona, et é comune vicio de simili homini, quando hanno fallito et gli é (a) perdonato, de non dimentecarse may et essere sempre ingrati del benefitio ricevuto. Lo quale vicio crediamo debia regnare in costoro; et dubitiamo, immo siamo quasi certi, che de loro non se haverà may né bono, né fidele servitio. Et se per lo passato hanno commisso delle mancamenti, non una fiata, ma più volte, farano molto pezo per l'avenire. Vuy intendeti mò el parere nostro, che quanto é in nuy non ne piace che vuy l'acceptate; nondimeno remettiamo a vuy che faciate como ve pare. Data Mediolani, viii maii 1454.
Irius.
Cichus.

(a) gli é in interlinea.